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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 25-10-2018

Glioblastoma: si può curare con l'immunoterapia?



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I dubbi di una lettrice, il cui papà è affetto da un glioblastoma. In questo caso l'immunoterapia non ha ancora dato i risultati attesi, ma la ricerca prosegue

Glioblastoma: si può curare con l'immunoterapia?

Vi scrivo perché a mio padre, nel mese di agosto, è stato diagnosticato un glioblastoma parietale destro di grado IV. Il 16 ottobre ha iniziato la radioterapia ipofrazionata e la chemioterapia con temozolomide. Come tutti i familiari colpiti da questo dramma, ho iniziato a guardare su internet in cerca di speranza e ho letto il vostro articolo dal titolo «Glioblastoma: immunoterapia più efficace con l’antitetanica». Vorrei avere qualche informazione in più a riguardo.

Sabrina (Caronno Pertusella, Varese)


Risponde Giuseppe Lombardi, specialista nella cura dei tumori al cervello, unità di oncologia medica 1, Istituto Oncologico Veneto (Iov) di Padova

L’immunoterapia, ovvero l’opportunità di combattere un tumore da «dentro» facendo leva sul nostro sistema immunitario per aggredire le cellule neoplastiche, premiata poche settimane fa con il Premio Nobel per la Medicina, non è al momento una delle opzioni terapeutiche utilizzate contro il glioblastoma, al di fuori di trial clinici sperimentali. Di conseguenza non può esserlo l’approccio ancora più specialistico, che prevede la somministrazione anticipata del vaccino contro il tetano. L’articolo da lei citato, che per comodità di chi legge riporto (clicca qui), descrive gli esiti di uno studio sperimentale in cui s’è voluta rilevare l’efficacia di una vaccinazione come strumento per potenziare la risposta del sistema immunitario. I risultati sono stati confortanti, ma necessitano di una validazione su una casistica più estesa di pazienti. In Italia, non mi risulta che alcun gruppo stia portando avanti una sperimentazione di questo tipo.


Tornando all'immunoterapia, gli studi più robusti finora condotti comparando l’efficacia di alcuni inibitori del checkpoint immunitario (come il nivolumab e il pembrolizumab) con i protocolli in uso nella pratica clinica non hanno evidenziato un aumento della sopravvivenza nei pazienti colpiti da una recidiva di glioblastoma, che dunque avevano messo alle spalle il trattamento a cui si sta sottoponendo suo padre. Il primo passo da compiere è dunque il completamento dell'attuale strategia terapeutica, che rappresenta lo standard per questa neoplasia, con la speranza che sia sufficiente a stabilizzare la malattia. In caso di recidiva si potrà valutare, eventualmente, l’opportunità di inserire il paziente in uno dei diversi protocolli sperimentali già avviati o di prossima partenza in uno dei centri di riferimento nazionali per la ricerca e la cura dei tumori cerebrali.


Non è comunque da escludere che, nei prossimi anni, l'immunoterapia diventi una delle opportunità di cura per il glioblastoma: andando a selezionare soltanto alcuni pazienti sulla base delle caratteristiche molecolari della malattia o valutando l'associazione tra più farmaci immunoterapici. Siamo inoltre in attesa dei risultati degli studi che hanno utilizzato l'immunoterapia direttamente come primo trattamento post-chirurgico, in associazione alla radioterapia e alla chemioterapia.  

 


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