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Neuroscienze
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 03-06-2022

Che cos'è l'omofobia?



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C'è una definizione scientifica di omofobia? Una riflessione su come si riconosce, da dove viene e come si contrasta

Che cos'è l'omofobia?

Che cos’è l’omofobia? Da dove parte l’avversione per omosessuali, transessuali o bisessuali? Il mese di giugno è il mese del Pride, in molte città del mondo si tengono manifestazioni e parate in nome dell’orgoglio della libertà di scelta sessuale. Occasioni per celebrare i diritti delle persone LGBTQIA+, lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali.

PERCHÉ GIUGNO È IL MESE DEL PRIDE?

Si tratta di manifestazioni e feste che traggono la loro origine da quello che accadde una notte d’estate del 1969 negli Stati Uniti. Tra il 27 e il 28 giugno le forze dell'ordine fecero irruzione in un locale gay del Greenwich Village di New York. Si trattò di una retata, come spesso accadeva in quei locali. Quella volta però i presenti, accusati ingiustamente di indecenza, decisero di reagire. Fu quello l’inizio dei cosiddetti moti di Stonewall. A scendere in piazza fu l'intera comunità gay decisa a non nascondersi più e a lottare per i propri diritti e la propria libertà. Oltre al “Month Pride”, sempre nell’ottica della tutela e riconoscimento della libertà di scelta sessuale, esiste anche la Giornata internazionale contro l’omofobia (avversione nei confronti degli omosessuali), la bifobia (avversione verso i bisessuali), la transfobia (pregiudizi discriminatori contro i transessuali in genere), una ricorrenza riconosciuta dall'Unione europea e dalle Nazioni Unite che si celebra regolarmente il 17 maggio dal 2004. Ma al di là di date specifiche, ciò che conta davvero è promuovere un messaggio di apertura e tolleranza. Alla base di un atteggiamento omofobo ci sono infatti diverse componenti, individuali e collettive, che si integrano tra loro con un risultato deleterio per il singolo e per la società.

IL TERMINE OMOFOBIA E I SUOI CONNOTATI ETICI

Il termine omofobia deriva dal greco homos, «stesso, medesimo», e phobos, «paura» e significa «avversione ossessiva per gli omosessuali e l’omosessualità». Secondo il Parlamento Europeo, questa avversione è «irrazionale», «basata sul pregiudizio», ed è quindi «analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo»; come tale, si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali «discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza».

IL CONTESTO SOCIALE E CULTURALE

Spiega Enrico Zanalda, direttore del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale dell'ASL TO3 e AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO) e copresidente della Società Italiana di Psichiatria: «Crescere in un contesto intollerante e che tende a giudicare in termini negativi ciò che è diverso da sé, ovviamente predispone a un atteggiamento di non accettazione delle scelte affettive e sessuali diverse dalle proprie e, più in generale, alla non accettazione della diversità, qualunque essa sia (colore della pelle, cultura, religione…). Una famiglia omofoba offrirà ai propri figli una visione distorta in cui il transgender, ossia le persone la cui identità di genere non corrisponde al sesso che è stato determinato alla nascita, viene identificato come persona pericolosa o “malata”, con l’”orco cattivo”, il pedofilo. Si arriva, in alcuni casi, persino a questa terrificante e assurda identificazione tra omosessuale e pedofilo. Il tutto è dettato, principalmente, da una profonda paura che genera ansia e aggressività, talvolta incontrollabile. Si tratta infatti di una vera e propria fobia determinata da ignoranza e luoghi comuni».

L’OMOFOBIA È UNA PATOLOGIA?

Proprio per queste ragioni, all’interno della comunità scientifica, c’è chi promuove un'interpretazione del termine a partire dalla categoria diagnostica di fobia, descrivendo l'omofobia come patologia psichiatrica. Quest'uso resta oggetto di discussione ma ad oggi il DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV) non l’ha mai registrato.

LA PAURA DI ALCUNE PARTI DI SÈ

Esiste poi un altro livello, ossia quello che appartiene alla percezione profonda di sé stessi, al di là del contesto sociale in cui si vive. «Siamo esseri estremamente complessi e come tali dobbiamo fare i conti con le numerose sfaccettature che ci caratterizzano e con componenti di noi stessi in antitesi tra loro - prosegue Zanalda - così c’è chi fa un’enorme fatica ad accettare una parte di sé che non corrisponde alla propria definizione sessuale. Ognuno di noi, qualunque sia il suo genere di appartenenza, è caratterizzato da componenti di “omosessualità”. Chi non le accetta, va in ansia e dà sfogo a forti impulsi aggressivi». Dunque, ancora una volta, è la paura alla base di comportamenti intolleranti, lesivi nei confronti degli altri e anche autodistruttivi.

LA FAMIGLIA

«Una famiglia in cui non regnino i pregiudizi e abituata ad accettare e comprendere l’altro -prosegue Zanalda - è l’ambiente ideale per permettere una crescita armonica che si fondi sulla tolleranza». Poi, chiaramente, quando si è chiamati in causa in prima persona, si viene veramente messi alla prova. Ciò che ci tocca sul vivo dice davvero chi siamo. «Non a caso - prosegue lo psichiatra - moltissimi ragazzi raccontano le loro difficoltà di fronte a genitori che non accettano la loro omosessualità e vanno in crisi. Capita che alcuni genitori abbiano bisogno di tempo per comprendere una condizione inizialmente difficile da accettare per loro. Capita addirittura che si sentano in colpa e che vivano l’omosessualità dei propri figli come una sorta di fallimento personale». Qualche aiuto? «Consiglierei ad esempio un libro che si chiama Sei sempre tu, la guida per genitori degli adolescenti dell’AGEDO, Associazione di genitori parenti e amici di persone LGBT».

LA RISORSA DELLA SCUOLA

«Il grosso e vero timore dei genitori è che i figli siano infelici perché respinti dalla società. Anche la scuola gioca dunque un ruolo importantissimo attraverso il compito educativo degli insegnanti e tramite la presa di coscienza di quanto atteggiamenti di bullismo nei confronti del “diverso” possano essere deleteri. I ragazzi possono essere molto violenti e aggressivi senza, magari, rendersene neppure conto» spiega ancora Enrico Zanalda. Per questo è fondamentale un lavoro continuo e costante che abbia come fine ultimo quello dell’insegnamento della comprensione e della tolleranza.

SE LA PSICOTERAPIA ACCENDE UNA LAMPADINA

Infine, l’appoggio degli specialisti. «Capita e non così di rado - prosegue lo psichiatra - che durante un percorso psicoterapeutico si rivalutino le proprie scelte affettive e sessuali. In quel momento si può attraversare una grossa crisi. Si passa attraverso attimi di confusione e incomprensione, momenti di totale scompiglio, ma alla fine ci si capisce meglio e si ha davvero la possibilità di esprimere sé stessi nel migliore dei modi. Fare coming out diventa così un modo di essere ciò che si è, al di là di pregiudizi e preconcetti».

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Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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