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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 10-12-2019

Più attenzione alla sessualità degli adolescenti malati di cancro



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Tra gli aspetti legati alla vita dei giovani pazienti oncologici, c’è anche la sessualità. L'impatto delle terapie esiste, ma è soprattutto l'informazione a mancare

Più attenzione alla sessualità degli adolescenti malati di cancro

Disse il primo: «Dottore, ok la diagnosi e le terapie. Ma abbiamo bisogno di parlare anche di sesso». E subito, a seguire, una coetanea: «Francesco ha ragione, perché il mio ragazzo mi ha lasciato dopo aver scoperto che avevo un cancro». La richiesta fu avanzata poco più di un anno fa agli specialisti del reparto di pediatria oncologica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. A firmarla alcuni adolescenti chiamati a fare i conti con un tumore. La priorità, come sempre, è rappresentata dalla guarigione della malattia. Ma questi ragazzi hanno bisogno anche di altro, nelle fasi in cui il cancro «congela» il loro processo di crescita. Cercano informazioni pratiche, pure in tema di sessualità. «E a noi tocca rispondere alle loro esigenze», ammette Andrea Ferrari, oncologo pediatra della struttura e membro del comitato scientifico di Fondazione Umberto Veronesi.

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STORIE AL CAPOLINEA PER 1 PAZIENTE SU 2 DOPO LA MALATTIA

Il «mea culpa» nasce da quanto riscontrato in un'indagine condotta dai camici bianchi dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nell'ambito delle attività del Progetto Giovani. Raccolto l'input nel corso di uno dei faccia a faccia con i ragazzi, il team di specialisti ha deciso di somministrare 22 domande a 66 pazienti (o ex) di età compresa tra 16 e 24 anni. Obbiettivo: indagare le conseguenze che la malattia aveva avuto sulle relazioni, comprese quelle sessuali. Lo spaccato emerso evidenzia quanta strada debba essere ancora percorsa per garantire a questi pazienti, oltre alle cure più efficaci, un impatto della malattia più contenuto. I risultati parlano chiaro. Per oltre 1 paziente su 2, il cancro e le successive cure hanno condizionato in maniera negativa le relazioni interpersonali. E, nella metà dei casi, la diagnosi oncologica ha interrotto una relazione sentimentale.


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LA SESSUALITA' «DIMENTICATA»

Nell'indagine - i cui risultati sono stati presentati in occasione del congresso dell'Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop) - i ragazzi hanno giudicato la qualità del «counseling» ricevuto in tema di sessualità. Le conclusioni, anche in questo caso, sono risultate perfettibili. La maggior parte dei pazienti (67 per cento) ha ammesso di «non aver avuto la possibilità di parlare con qualcuno circa gli aspetti legati alle sessualità». E tra quelli che lo avevano fatto, soltanto uno su 5 si era confrontato con i medici e con gli infermieri. Ma i dati meno ottimistici non sono questi. A lasciare perplessi, infatti, sono soprattutto altre due evidenze. «A nessuno dei ragazzi intervistati era stato detto che avrebbero potuto continuare ad avere una vita sessuale normale», aggiunge Ferrari. Anzi, in oltre un caso su 3 la stessa era stata addirittura «sconsigliata»: da genitori, amici e medici di famiglia. Eppure, nella quota ristretta di pazienti che aveva avuto rapporti sessuali durante le cure, il piacere non è venuto meno. Un dato che conferma l'assenza di controindicazioni nel ritagliarsi dei momenti di intimità con un partner. Esistono sì alcuni effetti collaterali della chemioterapia e della radioterapia, che possono però essere gestiti con l'ausilio di un ginecologo o di un andrologo
 

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I PROBLEMI LEGATI ALLA SESSUALITA'

Il riferimento è, ancora una volta, basato su quanto riportato dagli stessi ragazzi. Alcuni di loro (18 per cento) hanno riferito problemi di erezione durante le terapie. Più corposa la quota di coetanee che ha invece segnalato, tra gli effetti collaterali, la secchezza vaginale (36 per cento) e il dolore al momento del rapporto (21 per cento). Quasi 1 ragazzo su 2, inoltre, ha segnalato un calo del desiderio durante le cure. Conseguenze con cui, in molti casi, i ragazzi hanno fatto i conti senza essere stati preparati dall'equipe sanitaria. Ma se per questi problemi c'è comunque possibilità di ricorrere a una terapia medica, è ai contraccolpi psicologici che occorre prestare attenzione. «La malattia e le cure ci trasformano e ci rendono meno attraenti», spiega Marcus nel video della serie «Tumorial» (prodotta nell'ambito del Progetto Giovani, sostenuto dall'Associazione Bianca Garavaglia), realizzata dagli stessi pazienti per rispondere ai dubbi dei coetanei che si ammalano di cancro. Un aspetto riscontrato da oltre la metà degli intervistati, secondo cui dopo la diagnosi «c'è stato un impatto negativo sulla nostra immagine». 

QUEL CONFRONTO CHE MANCA CON I RAGAZZI

Così come nel caso dei bambini, rispetto ai tumori degli adolescenti negli ultimi quarant'anni sono stati compiuti notevoli progressi a livello terapeutico. Perciò, nel tempo, è maturata la consapevolezza che occorra tutelare il percorso di crescita di questi ragazzi andando oltre quella che rimane comunque la priorità: la cura della malattia. Le conclusioni dello studio fanno capire quanta strada ci sia ancora da percorrere. Proteggere la sessualità di questi ragazzi vuol dire avvicinarli a una vita più simile a quella dei loro coetanei. Se delle possibilità di preservare la fertilità oggi si parla molto di più rispetto a quanto non si facesse dieci anni addietro, la ricerca dimostra l'inadeguatezza che resiste nell'affrontare le questioni legate alla sessualità dei più giovani. Quanto può essere utile, in queste fasi, confrontarsi con psicologi ed educatori? «Molto, perché i ragazzi li considerano un riferimento più sensibile su questi temi: e già questo dovrebbe farci riflettere - conclude Ferrari, che alla malattia oncologica degli adolescenti ha dedicato anche un libro -. Non in tutte le strutture, però, ci sono anche queste figure. E comunque dovrebbe essere nostro compito affrontare le questioni legate alla sessualità di questi pazienti». 
 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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