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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-04-2019

Cancro e fertilità: come parlarne con i ragazzi



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Il rischio di rimanere infertili dopo le cure oncologiche ricevute durante l'adolescenza non è sempre noto. Più penalizzati gli uomini: le opportunità per preservare la fertilità

Cancro e fertilità: come parlarne con i ragazzi

Il rischio di non poter avere figli dopo un tumore esiste, come possibile conseguenza della tossicità di alcuni trattamenti (chemioterapia e radioterapia) a cui un paziente oncologico può essersi sottoposto per curare la malattia. Oggi, però, sono diverse le opportunità per preservare la fertilità fin dall'adolescenza: tanto per i ragazzi (prelievo e conservazione del seme) quanto per le ragazze (crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico). La prassi, ormai abbastanza diffusa, ha fatto crescere la quota di giovani pazienti oncologici che prende in esame questa possibile conseguenza e le opportunità per evitarla. Ma la percezione del rischio è ancora abbastanza disomogenea, se si leggono i dati che emergono da uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology.


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CANCRO E INFERTILITA': UOMINI POCO CONSAPEVOLI

La consapevolezza di poter aver problemi nella procreazione è abbastanza diffusa: riguarda poco più di sei ex pazienti oncologici su dieci, tra adolescenti (14-18 anni) e giovani adulti (fino alle soglie dei 40 anni). Ma a riguardo, considerando i dati raccolti dagli esperti del St. Jude Hospital di Memphis (Stati Uniti), esiste un ampio divario di genere. Gli uomini, che sono i più esposti all'eventualità di imbattersi in problemi di infertilità dopo le cure oncologiche, sono meno consapevoli rispetto alle donne. Questo è quanto emerso dalla ricerca, condotta coinvolgendo più di mille ex pazienti oncologici oggi adulti (età media: 29 anni), al fine di incrociare la percezione del rischio con la reale difficoltà nel mettere al mondo un figlio a distanza di anni dal termine delle terapie. Sul totale di coloro che si sono mostrati consapevoli della probabile infertilità (o subfertilità), gli uomini erano soltanto il 19 per cento. Di fatto un terzo del totale che, a seguito delle indagini eseguite in laboratorio, ha invece evidenziato un reale «deficit» della fertilità. Oltremodo preoccupate si sono rivelate invece le donne, di cui soltanto una su 5 mostrava chiare difficoltà di procreazione.  

TUMORI NEGLI ADOLESCENTI: QUAL E'
LA SITUAZIONE NEL NOSTRO PAESE? 

L'IMPORTANZA DI UNA CORRETTA INFORMAZIONE 

Di fronte a un simile scenario, sono due le possibili reazioni. Chi sottovaluta la possibile infertilità a seguito delle cure oncologiche potrebbe trascurare la sua salute riproduttiva, salvo interessarsene soltanto nel momento in cui desideri mettere al mondo un figlio: prospettiva a quel punto tutt'altro che scontata. La sovrastima del rischio, verificata soprattutto tra le donne, può invece gravare sulla sfera psicologica: si è portati a considerarsi impossibilitati a mettere al mondo un figlio pure quando non è così. Non conoscere a fondo la propria salute riproduttiva può determinare anche altre due conseguenze: l'abitudine ad avere rapporti sessuali non protetti (trascurando la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse) e un aumento delle gravidanze indesiderate (se ci si considera infertili pur non essendolo). Tutte ragioni per cui, oggigiorno, con un giovane paziente oncologico occorre affrontare subito il tema della fertilità. «In Italia, ormai, lo si cerca di fare con tutti i ragazzi e con le loro famiglie - afferma Maurizio Mascarin, responsabile della sezione di radioterapia pediatrica e coordinatore dell’area giovani del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano -. Non sempre, però, un adolescente che scopre di avere un cancro è pronto ad affrontare anche questa sfida». 


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PIU' PENALIZZATI GLI ADOLESCENTI MASCHI

I pazienti più esposti al rischio di rimanere infertili sono gli adolescenti che vengono trattati con una radioterapia pelvica (per curare sarcomi o tumori ginecologici) o con una chemioterapia a base di farmaci alchilanti e di cisplatino (sarcomi, leucemie e linfomi). Il maggior rischio maschile è dovuto «a una produzione dei gameti in continuo, mentre nella donna il ciclo mestruale è d'aiuto nel ridurre l'incidenza dei problemi legati alla fertilità - aggiunge Mascarin -. Oggi ai giovani malati di cancro spieghiamo tutto, nonostante la difficoltà del momento. La consapevolezza è cresciuta, anche se per esempio in pochi sanno che una procedura come il trapianto di midollo è quella che espone al maggior rischio di infertilità». Minori, come documentato in uno studio condotto dal Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e pubblicato nel 2016 sulla rivista The Lancet Oncology, sono invece i rischi per i bambini che s'ammalano prima della pubertà. Anche in questo caso, le probabilità di concepimento negli anni a venire sono più alte per le ragazze (70 per cento) che per i ragazzi (50 per cento).

COME PRESERVARE LA FERTILITA'

I pazienti che hanno già superato la pubertà possono prevenire l’infertilità ricorrendo alle tecniche di crioconservazione dei gameti (sempre prima di iniziare le terapie oncologiche). Così, qualora decidano di avere una famiglia e non riescano a concepire naturalmente, avranno la possibilità di usufruire del proprio campione depositato alla banca dei gameti e attivare le tecniche di procreazione Medicalmente Assistita (Pma). Per gli uomini, le strategie di preservazione riconosciute dal Servizio Sanitario Nazionale sono la crioconservazione del seme e la schermatura delle gonadi (per proteggerle dai danni indotti dalla radioterapia). Per le donne, le strategie attivabili sono la crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico (nei mesi scorsi è nata la prima bambina italiana da una donna sottopostasi a questa procedura), la soppressione delle ovaie (somministrando un farmaco che blocca l'ovulazione durante le terapie oncologiche) e la trasposizione ovarica (per evitare che vengano colpite dalla radioterapia).

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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