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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 26-09-2018

Salute e sessualità: gli italiani ne sanno ancora troppo poco



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Un'indagine condotta su oltre quarantamila adolescenti e adulti conferma le lacune in tema di malattie sessualmente trasmesse e fertilità. Nelle famiglie se ne parla troppo poco

Salute e sessualità: gli italiani ne sanno ancora troppo poco

I giovani si muovono sopratutto sulla rete, ma le informazioni di cui dispongono in materia di sessualità sono spesso parziali: se non proprio errate. È questo il ritratto dei ragazzi italiani che emerge dai risultati preliminari del progetto «Studio nazionale fertilità», coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e condotto, tra il 2016 e il 2018, con la collaborazione delle Università Sapienza di Roma e Alma Mater di Bologna, oltre che dell'ospedale evangelico internazionale di Genova. L'indagine, condotta su oltre sedicimila ragazzi di terzo superiore (16-17 anni) di tutta Italia, ha svelato una conoscenza ancora approssimativa delle informazioni utili a evitare infezioni e gravidanze indesiderate. E proposto diversi spunti utili per capire come fare in modo che i messaggi a tutela della salute raggiungano il maggior numero di adolescenti. 

GLI STILI DI VITA POSSONO
COMPROMETTERE LA FERTILITA'?

INDAGINE SUL COMPORTAMENTO DEGLI ADOLESCENTI

Dall'indagine emerge che i giovani italiani conoscono ancora poco i rischi correlati alle malattie sessualmente trasmesse che, se contratte (e trascurate) in giovane età, possono compromettere la fertilità. Idem dicasi per i consultori, che sono i presidi sul territorio a cui rivolgersi per avere informazioni (in maniera anonima) in materia di contraccezione, diagnosi precoce dei tumori femminili e interruzione volontaria di gravidanza, sono realtà spesso ignote. Quasi un ragazzo su tre, con una prevalenza tra i maschi, risulta avere avuto un rapporto completo a 16 anni. Ma se è vero che il preservativo è il metodo contraccettivo più utilizzato, un ragazzo su dieci non prende alcuna precauzione, mentre oltre uno su tre ricorre al coito interrotto o al calcolo dei giorni fertili per avere rapporti non protetti. Scelte entrambe poco sicure, sia per evitare gravidanze indesiderate sia per non ricorrere in malattie sessualmente trasmesse.


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Di poco migliore è risultata la situazione relativa agli studenti universitari: quasi quattordicimila quelli intervistati, arruolandoli da diciotto atenei sparsi lungo il territorio nazionale. Dalle loro risposte è emersa una conoscenza diffusa delle ripercussioni sulla fertilità dovute al consumo di alcolici e sigarette, anche se i dati relativi all'abuso sopratutto di birra, vino e superalcolici non fanno ben sperare. Leggendo le risposte fornite - anche tra i maggiorenni, così come tra gli adolescenti - emerge una generale sovrastima della conoscenza, che non trova poi conferma nel momento in cui si chiede conto delle proprie abitudini o si cercano risposte più dettagliate. In più, considerando anche la differenza d'età, preoccupa lo scarso approccio con gli specialisti che riguarda i ragazzi. Mentre quasi il 75 per cento delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, soltanto un ragazzo su quattro è stato dall’andrologo

MA NON VA MEGLIO CON GLI ADULTI

Quanta strada rimanga da compiere per diffondere una conoscenza adeguata nella popolazione in materia di sessualità, lo si evince anche dalle risposte raccolte tra gli adulti: oltre ventunomila persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni. A interpellarli i medici appartenenti alla rete del «Sistema Passi», con cui l'Istituto Superiore di Sanità raccoglie informazioni in materia di sanità pubblica tra gli italiani. Le loro risposte mostrano che non c’è piena consapevolezza del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e maschile. Sul totale delle donne intervistate, soltanto il cinque per cento è parso consapevole della riduzione della capacità di avere figli già a partire dai 30 anni. Per più di una donna su quattro, questo calo si registrettebbe tra i 40 e i 44 anni. Ancora più preoccupante lo scenario riguardante la popolazione maschile, all'interno della quale nove uomini su dieci erano convinti che il calo della fertilità si registrasse soltanto dopo i 45 anni. Di conseguenza non ci si può stupire se il contributo fornito dagli adulti all'educazione dei più giovani sia pressoché nullo. Soltanto nel dieci per cento delle interviste condotte tra i più giovani è emerso un ruolo dei genitori nell'informazione in tema di sviluppo sessuale, aspetti della riproduzione e infezioni sessualmente trasmesse.


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Risposte che dovrebbero dare da pensare agli specialisti chiamati in causa - ginecologi, endocrinologi, urologi, andrologi e personale ostetrico - nella gestione di questi aspetti e nell'indagine. Leggendo le loro risposte, è quanto ha messo nero su bianco il gruppo di ricerca coordinato da Angela Spinelli, direttore del centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Istituto Superiore di Sanità, «è ancora non soddisfacente l’informazione erogata sui rischi delle malattie sessualmente trasmissibili: non se ne parla a sufficienza ai soggetti più esposti e poco si insiste sull'importanza dell'età». In più, tanto in caso di infertilità maschile quanto femminile, «si continuano a proporre opzioni terapeutiche non sempre appropriate». Capitolo procreazione medicalmente assistita: «È generalizzato un infondato ottimismo sulle sue possibilità e persiste la tendenza a consigliare la Pma pazienti in cui è inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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