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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 20-02-2019

«Psicologa o infermiera per aiutare i bimbi malati di cancro»



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Dopo aver superato la leucemia linfoblastica acuta, Sofia, 18 anni, ha un sogno: aiutare chi sta combattendo contro un tumore

«Psicologa o infermiera per aiutare i bimbi malati di cancro»

Sofia ce l'ha fatta. Ma un cruccio, nonostante la leucemia sia alle spalle, ce l'ha. «Aver perso Emiliano, un ragazzo che avevo conosciuto in ospedale - afferma la diciottenne, intervenuta all'incontro di Teramo del progetto #Fattivedere -. Abbiamo condiviso la stessa malattia: una leucemia linfoblastica acuta. Lui però un mese fa, dopo una recidiva, non ce l'ha fatta. Per me è stato un duro colpo, perché ho visto una persona cara perdere la propria partita contro il cancro. Di strada da fare ce n'è ancora abbastanza: sostenere la ricerca è il primo passo da compiere, per fare in modo che le eventuali scoperte possano nel tempo diventare nuove opportunità a disposizione dei pazienti». Parole che vanno dritte al cuore, quelle di una diciottenne che la malattia ha reso più grande della sua età. 

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UN INIZIO DIFFICILE

L'incontro con gli studenti abruzzesi ha rappresentato un'altra prima volta, per questa ragazza di Avezzano ammalatasi nel 2015 di quello che è il più diffuso tumore dell'età pediatrica. Sofia, appena entrata nella maggiore età, ha deciso di svelare l'«incidente di percorso» avuto nel pieno dell'adolescenza. L'inizio di questa storia rimanda al 4 febbraio 2015. L'esordio della malattia, a differenza degli altri casi raccontati nei giorni scorsi, da quello di Diego a quello di Frida, fu abbastanza specifico: le macchie sulle braccia, i linfonodi alla base del collo ingrossati, l'addome gonfio. Eppure, all'inizio, si sospettò una mononucleosi. Ipotesi poi subito svanita, con l'immediato trasferimento a Pescara. «Fui ricoverata subito nel reparto di oncoematologia pediatrica, per completare gli accertamenti e giungere a una diagnosi precisa - ricorda la ragazza -. I primi giorni trascorsero in maniera abbastanza serena: non avevo ancora realizzato quanto stesse per accadere». Il momento più difficile giunse dopo una settimana. «La psicologa venne in camera a comunicarmi che il ricovero sarebbe durato più a lungo: alla fine fui ricoverata per un mese e mezzo. Mia mamma, che era al mio fianco e che è stata la mia ancora nei momenti più difficili, rimase impietrita. Io, invece, ebbi un attacco di panico». Fu come ritrovarsi di fronte a un burrone. «Non voglio stare qui, non voglio morire», furono le prime parole di Sofia, che da quel momento in avanti diede però un altro senso al rapporto con la malattia. 


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IL RAPPORTO SPECIALE CON EMILIANO 

Un mese e mezzo di ricovero, poi avanti e indietro dal reparto per un totale di quattro cicli di chemioterapia. La malattia obbligò quella che oggi è una ragazza nel pieno del suo vigore ad accantonare il suo grande sogno: partecipare ai campionati italiani di nuoto, proprio quando erano a un passo. «Fu un duro colpo, ma decisi comunque di non abbattermi. Ero piccola, sì, ma capii subito che avrei dovuto trovare le forze per giocare questa partita. E, possibilmente, portarla a mio favore». L'ospedale, tra alti e bassi, regalò comunque dei momenti di gioia a Sofia. «In reparto ho condiviso questa esperienza con tanti bambini e ragazzi come me, instaurando dei rapporti molto forti. Purtroppo oggi alcuni amici non ci sono più. Ma con gli altri, e con le loro famiglie, ci sentiamo ancora». La perdita che ha lasciato i segni più vistosi è stata quella di Emiliano, avvenuta poco più di un mese fa. «Era un po' più grande di me, in ospedale avevamo condiviso tutto: le paure e la gioia, i momenti critici e quelli di svago. Lui è stato l'unico, al di fuori dei miei genitori e di mio fratello, ad avermi visto senza capelli. Sembravamo essere venuti fuori entrambi dalla malattia, invece per lui l'epilogo è stato diverso. Avrei voluto bere ancora tanti caffè assieme, per raccontarci come le nostre vite proseguivano». 

UNA VITA ACCANTO AI PICCOLI MALATI DI CANCRO

Quanto accaduto a Emiliano non ha generato in Sofia la paura di ammalarsi nuovamente. A tornare a galla, però, sono stati alcuni ricordi relativi ai momenti più difficili. «Ripensando a quei mesi, mi torna in mente la sofferenza. Non ero più in grado di fare cose fino a pochi giorni prima normali: passeggiare, leggere, nuotare. Piccoli piaceri che ho però riscoperto nel tempo: nel 2016 sono tornata in acqua e un anno fa ho vinto i campionati regionali delfino». Una rivincita nel senso più alto del termine. Se c'è qualcosa che spaventa questa bella ragazza con il volto contornato dai ricci neri, è «il timore di ritrovarmi un giorno in quelle condizioni, quasi inerme. Per mesi questi pensieri sono venuti a galla durante ogni notte, ma adesso va meglio». Le difficoltà che nascono dall'affrontare una simile malattia nel corso dell'adolescenza, nel frattempo, la stanno guidando verso una scelta importante: quella di dedicare una vita alle persone più sfortunate, in lotta contro una malattia oncologica. «Frequento l'ultimo anno dell'istituto tecnico commerciale e non ho ancora deciso cosa fare, da settembre in avanti. Un paio di ipotesi, però, ci sono: mi piacerebbe diventare infermiera o psicologa, per cercare di comprendere la malattia tenendo sempre a mente la mia esperienza». Idee che sono già a buon punto, se Sofia si sbilancia nel dire che «mi piacerebbe lavorare nello stesso reparto di oncoematologia pediatrica in cui sono stata ricoverata».


ADOLESCENTI PAZIENTI «UNICI»

Ogni anno, nel mondo, sono 85mila gli adolescenti (15-19 anni) che s'ammalano di cancro. I tumori più frequenti, in questa fascia d'età, sono le leucemie, i tumori cerebrali, i linfomi e i sarcomi. Da anni Fondazione Umberto Veronesi, attraverso il progetto Gold for Kids e la campagna di prevenzione #Fattivedere, è impegnata per accendere una luce su questi pazienti (800 nuovi ogni anno in Italia). Unici: per via delle loro malattie e della fase di transizione della loro vita. I tumori di cui si ammalano gli adolescenti possono essere quelli dei bambini, ma pure quelli degli adulti. Questo ibridismo li rende più complessi da curare rispetto a quelli di cui si ammalano i bambini nei primi anni di vita. Ammalarsi di cancro a questa età richiede un'attenzione particolare per fare in modo che la vita prosegua nel  solco della normalità: frequentando la scuola, incontrando gli amici, tutelando il rapporto con i genitori.

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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