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Pediatria
Donatella Barus
pubblicato il 02-04-2014

Vaccini: domande e risposte



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Tutto ciò che bisogna sapere per una “sana” vaccinazione

Vaccini: domande e risposte

Intorno ai vaccini pediatrici circolano molti dubbi e legittime preoccupazioni. Non è sempre facile distinguere fra informazione e credenze infondate, spesso spinte da emotività più che da evidenze medico-scientifiche.

Rispondiamo ad alcune delle domande più comuni con l’aiuto di Alberto Giovanni Ugazio, presidente della Commissione Vaccini della Società Italiana di Pediatria  e direttore del Dipartimento di Medicina Pediatrica del Bambino Gesu di Roma.

 

1) E’ vero che i bambini NON vaccinati sono più sani e si ammalano di meno?

 Non è vero che i bambini vaccinati si ammalano di più. Se parliamo delle banali infezioni ricorrenti della prima età della vita (tonsilliti, otiti o altro), quando si inizia a socializzare al nido o alla scuola materna, non ci sono differenze fra bambini vaccinati e non.

Sono infezioni per il 97% legate a virus non contenuti nei comuni vaccini dell’infanzia, malattie che fanno parte della storia naturale di tutti noi quando, crescendo, impariamo a conoscere i patogeni che ci circondano. I vaccini non riducono il rischio di questo tipo di malanni. Ma certamente non indeboliscono il sistema immunitario.

 

2) I vaccini hanno un effetto deleterio sul sistema immunitario dei più piccoli? Specie alcune formulazioni, come l'esavalente, possono essere pericolose?

E’ una follia declinata in moltissime forme. Si dice che sono troppi, senza considerare che il nostro sistema immunitario – anche quello di un  bambino! – è in grado di riconoscere 10¹² antigeni allo stesso tempo. Significa mille miliardi. I vaccini che utilizziamo oggi hanno un numero di microorganismi che impegnano una minima parte di questa “memoria immunitaria”.

Ad esempio, il vaccino per la pertosse una volta era composto di cellule batteriche intere e conteneva alcune migliaia di antigeni; attualmente si contano sulle dita di una mano. Anche considerando l’intero vaccino esavalente, parliamo comunque di un impatto centinaia o migliaia di volte inferiore a quello di un comune streptococco che provoca tonsillite o di un Escherichia Coli che provoca diarrea.

3) Non è meglio ottenere l’immunizzazione dalla malattia che da un vaccino?

Il prezzo dell’immunità data dalla malattia è la malattia stessa, con i suoi effetti collaterali che sono statisticamente ben più pesanti di quelli del vaccino.

Le infezioni naturali inoltre tendono a indebolire la risposta del sistema immunitario contro malattie concomitanti, un bambino colpito da morbillo ad esempio è più esposto a otiti o altre infezioni.

I vaccini invece attivano il sistema immunitario non solo contro lo specifico antigene (Epatite B o difterite, ad esempio), ma innescano una risposta aspecifica stimolando la cosiddetta immunità naturale. In questo modo i vaccini hanno un effetto di rafforzamento del sistema immunitario: lo “preattivano” senza però innescare la patologia.

 

4) Alcuni vaccini (es: anti meningococco C) coprono solo una parte dei patogeni responsabili della malattia. Allora a cosa serve farli?

Le meningiti in particolare sono causate da numerosi microorganismi differenti. Ancora una volta dobbiamo fare i conti con i numeri. Fino alla fine degli anni ‘90 la causa principale di meningite nei bambini era l’Haemophilus influenzae di tipo B (Hib), poi oggetto di un vaccino incluso nell’offerta gratuita e raccomandata a tutti i nuovi nati, e attualmente le meningiti causate dallo Hib sono quasi scomparse. Subito dopo viene il meningococco, un batterio presente nel mondo in 13 sierotipi diversi. I due principali nel nostro paese sono il meningococco B e C; contro quest’ultimo esiste da tempo un vaccino, anch’esso disponibile gratuitamente per i bambini. Sui 200/300 casi di meningite registrati ogni anno in Italia (ma si stima che i casi reali siano il doppio) adesso la causa prevalente è il meningococco B, contro cui è stato di recente approvato un nuovo vaccino, ancora in via di adozione e diffusione.

 

5) Alcune malattie in fondo non sono così gravi. Il morbillo ad esempio l'abbiamo fatto tutti. Perchè vaccinarsi?

Albert Sabin, il virologo polacco che creò il primo vaccino orale contro la poliomielite, era solito dire che amava molto l’italiano, l’opera lirica e la cultura del nostro paese. Ma secondo lui la nostra lingua aveva un serio difetto: chiamava una grave malattia “morbillo”, con un termine che pareva quasi un diminutivo. Nel 1960 in questo paese la mortalità infantile era del 10%. Ovvio che il morbillo fosse un problema secondario, i bambini morivano di meningite, di diarrea. Oggi nessun bambino in Italia muore di enterite acuta. Molto di questo progresso si deve alle vaccinazioni, e molta della diffidenza attuale contro le vaccinazioni si deve a questo progresso: semplicemente, ci siamo dimenticati delle malattie che abbiamo debellato, o quasi, con le vaccinazioni. Ricordo benissimo quando nell’inverno ’63-’64 venne lanciata la prima grande campagna di vaccinazione contro la poliomielite con il vaccino di Sabin. Nel 1963 c’erano stati 7-8mila casi di polio paralitica in Italia.

Fuori da quelli che all’epoca si chiamavano gli uffici d’igiene c’erano le file: le mamme e i papà correvano a portare i loro figli a farsi vaccinare. Sapevano che la polio era un flagello. I più giovani queste cose non le hanno viste, soprattutto grazie ai vaccini.

Eppure proprio l’esempio della poliomielite ci deve insegnare qualcosa: è una malattia ancora endemica in molti paesi, ad esempio nelle repubbliche asiatiche dell’ex URSS. Appena nel 1996 abbiamo avuto un’epidemia molto vicina a noi, in Albania. Erano gli anni dei barconi carichi di migranti, eppure la copertura vaccinale in Italia era così efficace che nessuno qui si ammalò. Se continuiamo a calare la copertura vaccinale forse la prossima volta non  sarà così.

 

6) Quali sono i rischi legati alla somministrazione dei vaccini?

Possiamo rassicurare i genitori. I vaccini hanno raggiunto standard di sicurezza elevatissimi. Ci sono alcuni effetti collaterali frequenti, come un ponfo o dolore nella zona dell’iniezione, qualche linea di febbre entro le 24 ore; altri più seri sono davvero rarissimi e in grandezze numeriche neppure paragonabili alle complicanze delle malattie che i vaccini aiutano a evitare. Nessuno può ovviamente dire che i vaccini siano sicuri al 100%, è impossibile per qualunque procedura medica (ma anche attraversare la strada non è affatto sicuro!), ma è un dato di fatto che sono farmaci centinaia di volte meno pericolosi di antipiretici o antibiotici comunemente usati per i bambini (e non sempre a proposito!).

 

7) Esistono rischi legati a componenti dei vaccini?

I vaccini contengono anche piccole quantità di sostanze adiuvanti, utili a mantenere l’efficacia del farmaco e a potenziare la risposta immunitaria. Anche se studi approfonditi ne hanno confermato negli anni la sicurezza, sugli adiuvanti sono fiorite sciocchezze fondate sul pregiudizio.

Una fra tutte, quella sui danni da mercurio. Agli inizi di questo secolo, si cominciò a pensare che il mercurio utilizzato in alcuni adiuvanti presenti nei vaccini fosse nocivo. La forma e la dose del mercurio presente in tali preparati non dà effetti avversi (è inferiore ad esempio a quanto ingeriamo normalmente mangiando pesce), e i sistemi di controllo sono efficaci.

Ma sulla spinta della campagna mediatica e dell’onda emotiva autorevoli agenzie sanitarie come l’NIH e il CDC statunitensi raccomandarono di eliminare questo elemento dai vaccini entro 10 anni. Il mercurio è importante per la conservazione a basso costo dei vaccini e questa psicosi di massa fu pagata a caro prezzo: i costi dei vaccini lievitarono, con grave danno soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni tecnologiche e strutturali rendono più complessa la conservazione dei farmaci. Questo accade quando le decisioni non vengono prese sulla base di evidenze scientifiche.

 

8) Chi tiene il conto degli effetti avversi dei vaccini? C'è da fidarsi?

Tutti gli eventi avversi legati alla somministrazione di un vaccino vengono segnalati dai pediatri o dai genitori e raggiungono il sistema di sorveglianza nazionale. Va detto che in Italia l’organizzazione è ancora lacunosa e, sia sulle segnalazioni degli effetti avversi, sia sui dati della copertura vaccinale, c’è ancora molto da fare per razionalizzare a livello nazionale i sistemi di raccolta delle informazioni delle Regioni e delle ASL.

Per fortuna, i vaccini che noi utilizziamo sono gli stessi utilizzati in Paesi come gli Stati Uniti che hanno ottimi sistemi di sorveglianza degli eventi avversi.

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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