Due è meglio di uno. È la strategia che si sta affermando per ridurre il rischio di recidiva nelle donne con tumore al seno in fase precoce e ad alto rischio. Nelle forme HR-positive/HER2-negative, le più frequenti, l’aggiunta di un inibitore di CDK4/6 alla terapia ormonale dopo l’intervento chirurgico si traduce in una riduzione significativa delle recidive. A dimostrarlo sono i risultati di due grandi studi internazionali, monarchE e NATALEE, presentati al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO). E non solo: per la prima volta, una di queste molecole – abemaciclib – ha mostrato anche un vantaggio in sopravvivenza globale, segnando un passo storico nella terapia adiuvante del tumore al seno.
IL TUMORE AL SENO PIÙ DIFFUSO
Ogni anno in Italia si registrano circa 55 mila nuovi casi di tumore al seno. Tra questi, circa due su tre sono HR-positivi e HER2-negativi, una tipologia che trae particolarmente beneficio dall’ormonoterapia. Dopo la chirurgia -e quando necessario la chemioterapia e la radioterapia- il trattamento ormonale serve a ridurre il rischio di recidiva, ma non sempre riesce a eliminarlo del tutto. Alcune donne infatti, le cosiddette pazienti considerate ad alto rischio restano esposte a una probabilità non trascurabile che la malattia si ripresenti negli anni successivi alla diagnosi.
PERCHÉ AGGIUNGERE UN CDK4/6 INIBITORE
Ed è proprio su questa popolazione particolarmente a rischio che negli anni si sono concentrati gli sforzi per cercare nuovi farmaci in grado di evitare le recidive. Tra questi ci sono gli inibitori di CDK4/6 -molecole che bloccano due proteine importanti per la crescita del tumore-, utilizzati da anni con successo nel trattamento del tumore al seno metastatico. Partendo da questa constatazione gli oncologi hanno incominciato ad intuire la possibilità di ottenere buoni effetti anche nelle forme precoci di malattia ma ad alto rischio. Una strategia mirata dunque a potenziare l’effetto dell’ormonoterapia agendo su un secondo bersaglio.
I RISULTATI DEGLI STUDI
Nello studio monarchE, che ha coinvolto oltre 5600 donne con tumore al seno a rischio elevato di recidiva, l’aggiunta di abemaciclib per due anni all’ormonoterapia standard ha ridotto il rischio di morte di circa il 16% rispetto alla sola ormonoterapia. In particolare, a sette anni di osservazione la sopravvivenza libera da malattia -ovvero la percentuale di donne che non presenta segni di patologia in corso- è risultata del 77% contro il 71% del gruppo in cui è stata fatta la sola terapia ormonale.
Un vantaggio di oltre 6 punti percentuali che rappresenta un passo avanti enorme, se si considera quanto è diffusa questa patologia: in Italia, ogni anno, oltre 55 mila donne ricevono una diagnosi di tumore al seno e circa due terzi presentano la forma HR-positiva/HER2-negativa. Tra queste, si stima che una su cinque rientri nella categoria a rischio più elevato di recidiva e possa quindi beneficiare dell’aggiunta degli inibitori di CDK4/6 alla terapia ormonale.
Lo studio NATALEE, che ha coinvolto più di 5000 pazienti con malattia in stadio II e III, comprese anche donne senza coinvolgimento linfonodale ma con altri fattori di rischio, ha invece valutato ribociclib in combinazione con la terapia ormonale per tre anni. Dopo un follow-up di circa 4 anni e mezzo, il trattamento ha ridotto il rischio di recidiva del 28%, con una differenza assoluta di 4,5 punti percentuali a cinque anni (85,5% contro 81%). Il beneficio si è mantenuto in tutte le categorie di pazienti, comprese quelle con rischio intermedio, e si accompagna a un miglioramento della sopravvivenza globale che continua a crescere con il tempo.
UN CAMBIAMENTO NELLA CURA
I dati di monarchE e NATALEE, come sottolineato dagli oncologi presenti al congresso ESMO, segnano un cambiamento sostanziale nella gestione del tumore al seno HR+/HER2− in fase iniziale. Dopo decenni in cui l’ormonoterapia rappresentava l’unico cardine del trattamento adiuvante, la strategia si evolve verso una “ormonoterapia rinforzata”, in cui l’aggiunta di un CDK4/6 inibitore riduce le probabilità di recidiva e aumenta le possibilità di guarigione definitiva. Restano aperte alcune questioni, come la selezione ottimale delle pazienti e la durata più efficace del trattamento, ma il concetto è ormai consolidato: anticipare l’uso dei CDK4/6 inibitori non significa solo trattare prima, ma prevenire meglio e potenzialmente guarire.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Ma quando vedremo queste terapie nel nostro Paese? In Italia fortunatamente abemaciclib è già approvato e rimborsato da AIFA come terapia adiuvante per le pazienti HR+/HER2− ad alto rischio di recidiva dopo completamento della chemioterapia. Ribociclib, invece, è ancora in attesa di approvazione regolatoria per questo impiego. La richiesta di estensione dell’indicazione è stata presentata all’EMA nel 2024 e, in attesa del via libera, il farmaco rimane utilizzabile solo nel setting metastatico. Tuttavia, i risultati maturi dello studio NATALEE lo candidano a diventare, nel prossimo futuro, una delle opzioni chiave per la prevenzione delle recidive nelle pazienti con tumore al seno HR+/HER2− in fase precoce.