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Cosa è un marcatore tumorale

Marcatori tumorali

Un marcatore tumorale è una molecola prodotta da cellule tumorali o da cellule sane in risposta alla presenza di un tumore. Può essere rilevata nel sangue, nelle urine, in altri fluidi corporei o nei tessuti, e fornisce informazioni utili alla diagnosi, al monitoraggio e, in alcuni casi, alla prevenzione della malattia.

Che cosa sono i marcatori tumorali

I marcatori tumorali sono molecole biologiche – proteine, frammenti di DNA o RNA – che possono essere rilevate nell’organismo in quantità più elevate quando è presente un tumore. Alcuni marcatori sono prodotti direttamente dalle cellule tumorali, altri invece derivano da una risposta dell’organismo alla crescita del tumore.

Non esiste un unico marcatore valido per tutti i tipi di tumore: ogni neoplasia può avere marcatori specifici, anche se alcuni possono essere presenti in più malattie.

A cosa servono

I marcatori tumorali possono essere utilizzati per diversi scopi:

  • Supportare la diagnosi: aiutano a orientare il medico verso la diagnosi di un tumore, ma raramente sono sufficienti da soli per confermarla. Vanno integrati con i risultati di altri esami (radiografie, TAC, biopsie, ecc).
  • Valutare la prognosi: alcuni marcatori sono associati a un andamento più aggressivo della malattia e possono supportare il medico nella valutazione.
  • Monitorare la risposta alle terapie: la variazione dei livelli dei marcatori nel tempo può indicare se e come un trattamento sta funzionando.
  • Individuare una recidiva: un aumento dei livelli dopo un periodo di normalità può suggerire il ritorno della malattia.

Limiti dei marcatori tumorali

Nonostante la loro utilità, i marcatori tumorali non sono infallibili. Possono dare falsi positivi (livelli alti senza tumore, per esempio in caso di infiammazioni, infezioni o altre patologie) o falsi negativi (tumore presente ma livelli normali). Per questo motivo non sostituiscono gli esami diagnostici tradizionali, ma vengono interpretati insieme a visite cliniche, imaging e biopsie.

Esempi di marcatori tumorali

  • PSA (Antigene Prostatico Specifico): per tumore della prostata.
  • CA-125: spesso utilizzato nel monitoraggio del tumore ovarico.
  • CEA (Antigene Carcinoembrionario): presente in diversi tumori, tra cui colon-retto, polmone, mammella e pancreas.
  • AFP (Alfafetoproteina): associata a tumori del fegato e di alcuni tumori germinali.
  • CA 19-9: può essere elevato in tumori del pancreas e del tratto biliare.

Questi esempi mostrano come ogni marcatore abbia un contesto specifico di utilizzo e come nessun marcatore da solo sia sufficiente per una diagnosi definitiva.

Come si misurano

La misurazione dei marcatori tumorali avviene attraverso prelievi di sangue, analisi delle urine o valutazione di campioni di tessuto tumorale prelevati con biopsia o durante un intervento.

I risultati vengono interpretati dal medico considerando l’andamento nel tempo, il tipo di tumore sospettato o già diagnosticato e le condizioni generali del paziente.

Marcatori tumorali e medicina di precisione

Negli ultimi anni, lo studio dei marcatori tumorali si è ampliato includendo anche biomarcatori genetici e molecolari, che permettono di identificare mutazioni specifiche nelle cellule tumorali. Questi biomarcatori aiutano a personalizzare le terapie, scegliendo farmaci mirati in base alle caratteristiche biologiche del tumore. La ricerca inoltre sta lavorando per sviluppare combinazioni di diversi marcatori che possano rappresentare con più precisione la “firma molecolare" di una neoplasia.

Le 5 domande più frequenti sui marcatori tumorali

No. I livelli possono aumentare anche per condizioni non tumorali, come infezioni o infiammazioni o normale fisiologia (ad esempio il ciclo mestruale nelle donne)

No. Ogni marcatore ha indicazioni specifiche e il medico sceglie quali test eseguire in base al sospetto clinico.

Non direttamente. Alcuni possono essere utili per identificare precocemente la malattia in persone ad alto rischio, ma non prevengono lo sviluppo del tumore.

Possono aiutare a valutare l’efficacia di un trattamento e a decidere eventuali cambi di strategia.

Sì. Un aumento può indicare una recidiva e va sempre approfondito con esami specifici.

Nota Bene: Le informazioni fornite non sostituiscono il parere di uno specialista. Per valutazioni personalizzate, è fondamentale consultare un medico.

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