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Tumore al seno HER2-positivo

Informazioni sul tumore al seno HER2-positivo: sintomi, diagnosi, terapie più efficaci ed evoluzione della prognosi.

Che cos’è

Il tumore al seno HER2-positivo (o HER2+) è una forma di carcinoma mammario in cui le cellule tumorali presentano una sovraespressione della proteina HER2 (Human Epidermal growth factor Receptor 2) o un’amplificazione del gene che la codifica. Questa proteina, localizzata sulla superficie cellulare, stimola la crescita e la divisione delle cellule.

Nei tumori HER2-positivi, l’eccesso di HER2 porta a una proliferazione più rapida rispetto ad altre forme di carcinoma mammario. Questa caratteristica biologica rende la malattia più aggressiva, ma allo stesso tempo offre un importante bersaglio terapeutico: esistono infatti numerosi farmaci mirati in grado di bloccare HER2, migliorando significativamente la prognosi.

Fattori di rischio

Il tumore al seno HER2+ non è legato a fattori di rischio esclusivi rispetto ad altri sottotipi di carcinoma mammario. L’alterazione biologica della proteina HER2 non è legata a uno specifico stile di vita, ma dipende da meccanismi molecolari acquisiti dalle cellule della mammella, si osserva in circa il 10-20% di tutti i tumori al seno e può manifestarsi sia in tumori ormono-dipendenti che in quelli non responsivi agli ormoni.

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Sintomi

I sintomi del tumore al seno HER2-positivo non sono diversi da quelli di altri tipi di carcinoma mammario. È quindi importante non basarsi solo sulla sintomatologia per identificarne il sottotipo. I segnali a cui prestare attenzione includono:

  • Nodulo o ispessimento nel seno o sotto l’ascella.
  • Modifiche nella forma o dimensione del seno.
  • Alterazioni della pelle (retrazione del capezzolo, arrossamenti, aspetto a “buccia d’arancia”).
  • Secrezioni dal capezzolo, talvolta con tracce di sangue.
  • Dolore localizzato o sensibilità al tatto (meno frequente rispetto a patologie benigne del seno).

La diagnosi di neoplasia positiva a HER2 avviene esclusivamente tramite esami di laboratorio sul tessuto tumorale, e non è possibile sospettarla con certezza dai soli sintomi.

Diagnosi

La diagnosi di un tumore al seno HER2-positivo segue inizialmente lo stesso iter previsto per qualsiasi carcinoma mammario. Il primo passo è rappresentato dagli esami di imaging, come mammografia ed ecografia, che consentono di individuare eventuali lesioni sospette; in situazioni particolari può essere indicata anche la risonanza magnetica della mammella per una valutazione più approfondita.

Quando un’area appare sospetta, si procede con una biopsia, ossia il prelievo di un campione di tessuto da analizzare al microscopio. Questo esame permette non solo di confermare la presenza di cellule tumorali, ma anche di studiarne le caratteristiche biologiche, compreso lo stato dei recettori ormonali e del recettore HER2.

Per determinare se il tumore è HER2-positivo, si utilizzano due principali metodiche di laboratorio. La prima è l’immunoistochimica (IHC), che misura la quantità di proteina HER2 presente sulla superficie delle cellule. La seconda è l’ibridazione in situ, che può essere fluorescente (FISH) o argentica (SISH), e serve a rilevare il numero di copie del gene HER2 all’interno delle cellule tumorali. Il risultato dell’IHC viene espresso con un punteggio che va da 0 a 3+: valori di 0 e 1+ sono considerati negativi, un punteggio di 2+ è dubbio e richiede conferma con FISH o SISH, mentre un punteggio di 3+ indica una positività certa per HER2.

Cure e trattamenti

Il trattamento del tumore al seno HER2‑positivo si basa su un approccio multimodale che combina terapie locali - come chirurgia e radioterapia - con terapie sistemiche altamente mirate, grazie alle scoperte sul ruolo della proteina HER2 nella crescita tumorale.

Negli stadi precoci di questa neoplasia, in selezionati contesti clinici, si stanno studiando schemi di chemioterapia a dosaggio ridotto, una strategia che permette di mantenere l’efficacia clinica della terapia standard, ma con una ridotta incidenza di effetti collaterali e tossicità. Questo approccio potrebbe essere applicato in futuro con maggior accuratezza grazie all’analisi del profilo genetico del tumore a cui può essere associato un grado di rischio di recidiva.

Nel trattamento del carcinoma mammario HER2+ in stadio avanzato, la strategia terapeutica si è evoluta grazie a combinazioni mirate che uniscono farmaci biologici, che agiscono bloccando i recettori di HER2 o inibendo i segnali intracellulari, e la chemioterapia. In prima linea, l’associazione di pertuzumab e trastuzumab, anticorpi monoclonali che si legano al recettore di HER2, con un taxano come docetaxel o paclitaxel, farmaci che inducono le cellule tumorali alla morte, rappresenta lo standard di cura. Questa combinazione ha dimostrato di migliorare in modo significativo l’efficacia rispetto alle terapie precedenti, prolungando il controllo della malattia e aumentando la sopravvivenza, senza introdurre effetti collaterali eccessivi.

Dopo la fase iniziale con chemioterapia e anticorpi monoclonali, il trattamento può proseguire con la sola terapia anti-HER2 come mantenimento, eventualmente associata a terapia ormonale se il tumore presenta anche recettori ormonali positivi. In alcuni casi selezionati, soprattutto quando la malattia è a lenta evoluzione, è possibile utilizzare combinazioni di farmaci anti-HER2 con inibitori dell’aromatasi, gli enzimi che trasformano gli androgeni in estrogeni, offrendo così un approccio meno aggressivo rispetto alla chemioterapia.

Quando la malattia progredisce dopo le terapie iniziali, il trastuzumab deruxtecan si è affermato come una delle opzioni più efficaci. Si tratta di un anticorpo coniugato a un farmaco chemioterapico, capace di colpire in modo selettivo le cellule tumorali HER2-positive, garantendo risposte elevate e prolungando il tempo senza progressione. Gli effetti collaterali sono in gran parte gestibili, ma richiedono attenzione a possibili complicanze polmonari.

In ulteriori linee di trattamento, un ruolo importante è svolto dal tucatinib, un farmaco a bersaglio molecolare particolarmente utile nei pazienti con metastasi cerebrali, una complicanza relativamente frequente in questa forma di tumore. In combinazione con trastuzumab e capecitabina, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza e il controllo della malattia anche a livello del sistema nervoso centrale.

Altre opzioni comprendono il trastuzumab emtansine (T-DM1), che unisce l’azione mirata dell’anticorpo a un agente chemioterapico, e il lapatinib, un farmaco orale che può essere somministrato in combinazione con capecitabina o trastuzumab, in particolare nei casi in cui altre terapie non siano più efficaci.

Prognosi e sopravvivenza

Nel carcinoma mammario HER2-positivo in stadio avanzato, la prognosi è molto migliorata negli ultimi anni grazie all’introduzione di terapie mirate sempre più efficaci. I dati dei registri internazionali mostrano che, mediamente, le donne con questa forma di tumore vivono più a lungo rispetto a quelle con tumori triplo negativi e, grazie alle terapie mirate, in alcuni casi anche rispetto agli HR-positivi quelle con altri sottotipi. In particolare, la sopravvivenza mediana nelle pazienti con malattia HER2-positiva metastatica può superare i 50 mesi, le pazienti con tumore HR-positivo/HER2-negativo presentano in media una prognosi favorevole, spesso paragonabile o superiore a quella delle HER2-positive, mentre le pazienti con tumore triplo negativo hanno invece la prognosi peggiore, con una sopravvivenza mediana intorno a 12–18 mesi con miglioramenti in specifici sottogruppi trattati con immunoterapia. Il progresso è stato significativo: nel 2008 la sopravvivenza mediana delle pazienti HER2-positive era di circa 39 mesi, mentre nel 2013 aveva già raggiunto i 58 mesi, grazie soprattutto alla diffusione delle terapie anti-HER2 di nuova generazione.

Per quanto riguarda la diffusione della malattia, nei Paesi industrializzati il 3-6% delle diagnosi di carcinoma mammario HER2-positivo avviene già in fase metastatica (cosiddetta de novo), mentre la maggior parte dei casi nasce come tumore localizzato e si diffonde in un secondo momento. Si stima che il 20-30% delle pazienti con diagnosi iniziale in stadio precoce sviluppi nel tempo una recidiva a distanza. Negli ultimi anni, però, proprio per le forme HER2-positive, il rischio di recidiva si è ridotto, al contrario di quanto osservato per i tumori triplo negativi, in cui la tendenza è in aumento.

Anche la sopravvivenza a 5 anni varia in base alla storia della malattia: è intorno al 44% per le pazienti con metastasi presenti fin dalla diagnosi e al 21% per chi sviluppa metastasi dopo una fase iniziale di malattia localizzata. Questa differenza è stata confermata da più studi e suggerisce che la forma metastatica de novo e quella recidivata abbiano caratteristiche biologiche diverse, che influiscono sul decorso e sulla risposta alle terapie.

Le 5 domande più frequenti sul tumore al seno HER2-positivo

Significa che le cellule tumorali producono in eccesso la proteina HER2, che stimola la crescita tumorale. Questa caratteristica rende il tumore più aggressivo, ma anche sensibile a farmaci mirati molto efficaci.

Sì, in assenza di terapie mirate tende a crescere e diffondersi più rapidamente. Tuttavia, con i trattamenti anti-HER2 disponibili oggi, la prognosi è molto migliorata.

Attraverso test specifici sul campione di tessuto tumorale, come immunoistochimica e ibridazione in situ (FISH o SISH), che valutano rispettivamente la quantità di proteina HER2 e il numero di copie del gene.

I farmaci anti-HER2 come trastuzumab, pertuzumab, T-DM1 e trastuzumab deruxtecan, spesso combinati con chemioterapia. Nei tumori HER2-positivi e HR-positivi si associa anche la terapia endocrina.

Grazie alle terapie mirate, molte pazienti con malattia in stadio precoce guariscono, e anche nelle forme metastatiche la sopravvivenza è in netto miglioramento, con possibilità di controllare la malattia per anni.

NOTA BENE: Le informazioni contenute in questa pagina non sostituiscono il parere e le spiegazioni del tuo medico.

Ultimo aggiornamento:02.10.2025