Quando si parla di zucchero e salute, la prima reazione è cercare di ridurlo. Ma non sempre “meno zucchero” significa automaticamente “meglio per noi”, nemmeno per chi è in una condizione di prediabete o diabete. A ricordarlo è uno studio della George Mason University in Virginia (Usa), secondo cui alcuni alimenti naturalmente dolci — come il mango — potrebbero avere un effetto protettivo sul metabolismo, più di certi spuntini poveri di zuccheri ma ultraprocessati.
IL PREDIABETE È REVERSIBILE
Negli Stati Uniti quasi cento milioni di adulti vivono in condizione di prediabete e l’idea di un frutto che potrebbe aiutare a diminuire il rischio di passare al diabete sembrerebbe improbabile. Chiariamo che il prediabete è una condizione caratterizzata da livelli di glucosio nel sangue più alti del normale, ma non abbastanza da diagnosticare il diabete di tipo 2. È reversibile cambiando stile di vita.
I frutti tropicali di solito contengono tra i 10 e i 50 grammi di zucchero, col mango che si trova ai livelli più alti. Non sembrerebbe un buon punto di partenza, eppure la specialista in Clinica della nutrizione Raedeh Basiri col suo lavoro ha mostrato che i manghi, anche col loro contenuto zuccherino più alto rispetto a spuntini poco dolci, possono svolgere una benefica azione protettiva nei confronti delle persone col prediabete.
IL FRUTTO INTERO HA UN DIVERSO VALORE
«Non è solo il contenuto di zucchero che conta, ma il contesto alimentare complessivo», dichiara la professoressa Basiri che lavora alla George Mason University nel Dipartimento di studi sulla nutrizione e sul cibo. Questo è il primo di test clinici di lungo periodo a dimostrare i benefici metabolici e della composizione corporea dei manghi nei casi di prediabete.
Per farla breve, c’è di più dello zucchero nel cibo: è il cibo nel suo insieme. Gli zuccheri che si trovano nel mango e altri frutti sono completati da fibre, vitamine, nutrienti che offrono altri vantaggi di salute. Un alimento con zucchero aggiunto, tipo i cereali della colazione del mattino, e i vari snack con poco zucchero, possono non avere lo stesso valore nutritivo e, eventualmente, aumentare il rischio del diabete.
IL MANGO A CONFRONTO CON UNA BARRETTA DOLCE
La professoressa Basiri chiarisce: «L’obiettivo è incoraggiare la gente a includere i frutti interi, tipo il mango, come parte di un comportamento salutare e di una strategia dietetica di prevenzione del diabete. Le persone ad alto rischio di diabete dovrebbero non focalizzarsi soltanto sul contenuto di zucchero del cibo, ma su come gli zuccheri vengono rilasciati».
Raedeh Basiri e il suo gruppo hanno diviso i partecipanti all’esperimento in due parti: una riceveva ogni giorno un mango fresco, l’altra riceveva una barretta di granola con un basso livello di zucchero. Dopo sei mesi, i ricercatori hanno misurato la quantità di glucosio nel sangue e il grasso corporeo nei volontari dell’esperimento.
Alla fine, il risultato è stato questo: il mango super-zuccherino (32 grammi di zucchero) si dimostrava più benefico di una barretta di granola poco dolce (11 grammi di zucchero). Il gruppo che aveva mangiato tutti i giorni un mango appariva con un migliore controllo del glucosio nel sangue, una migliorata sensibilità all’insulina e calo del grasso corporeo.
LO STATO FLUIDO RALLENTA L’ASSORBIMENTO
Anni fa già l’Università di Harvard in un’indagine su 190.000 persone nel periodo 1984-2008 aveva constatato che il consumo di frutti interi apportava più benefici al nostro organismo dei succhi di frutta. Avevano esaminato due gruppi: uno aveva consumato due porzioni a settimana di alcuni frutti interi (in particolare mirtilli, uva, mele) e un altro aveva bevuto varie porzioni di succhi di frutta. Ebbene, i primi avevano ridotto il rischio di diabete del 23 per cento, mentre i secondi lo avevano aumentato del 21 per cento. Perché?
Una spiegazione potrebbe stare nell’indice glicemico elevato, come una maggiore concentrazione degli zuccheri nei succhi, in più lo stato fluido li porterebbe ad essere assorbiti più rapidamente, con un effetto diciamo di accumulo. Infine, i ricercatori avevano fatto riferimento ad alcune particolari molecole, presenti per esempio nelle bacche e nell’uva, gli antociani, che avevano in precedenza dimostrato una capacità di ridurre il rischio di infarto del miocardio.
ATTENZIONE A BANANE, FICHI, CACHI, UVA, DATTERI
La dottoressa Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per Fondazione Veronesi, aggiunge alcune considerazioni: «Tutta la frutta, a parte avocado e frutta secca, è zuccherina. Contiene soprattutto fruttosio, più percentuali variabili di glucosio e saccarosio. Per questo motivo nelle persone diabetiche si raccomanda di non eccedere col consumo di frutta, in particolare banane, fichi, cachi, uva e datteri più ricchi di zucchero».
Anche la dottoressa Dogliotti richiama il valore del frutto intero, dove all’alta concentrazione di acqua si aggiunge la fibra nella polpa e nella buccia che rallenta l’assorbimento degli zuccheri aiutando ad evitare picchi glicemici repentini. «I succhi hanno un valore più elevato anche perché spesso vengono dolcificati con concentrati di succo d’uva o di mele – dice. – Così la scritta 100 per cento frutta resta veritiera, ma la portata in zuccheri è molto più consistente di una spremuta fatta da noi».
NON DIMENTICARE L’ESERCIZIO FISICO
In riferimento allo studio della George Mason University, Elena Dogliotti osserva alcuni limiti: il numero dei partecipanti alla prova è piuttosto ridotto, il consumo di frutta o succhi e l’altro cibo non è controllato dai ricercatori, ma riportato dai singoli in questionari. Infine, un’osservazione diretta a tutti: «A volte per una glicemia un po’ alta, ci si interroga di più sul fatto che possa essere colpa del consumo di frutta, invece l’impatto è dato dalla dieta nel suo complesso, a cui vanno aggiunti i contributi dell’esercizio fisico e la cosiddetta composizione corporea (percentuali di grasso e di muscolo). Sono i presupposti per una vita più sana».


