In Italia l'alcol ha provocato 435mila morti in dieci anni
Si inizia a bere alcolici sempre prima, più spesso in maniera eccessiva e lontano dai pasti. La ricerca Enpam-Eurispes conferma un trend preoccupante e in ascesa
Tra i dati in possesso del Ministero della Salute e quelli diffusi dall'indagine griffata Eurispes-Enpam, non c'è piena sintonia. In Italia si stima che le morti annue dovute all'alcol siano all'incirca ventimila, mentre l'ultimo rapporto parla di 435mila decessi (negli uomini oltre due volte in più rispetto alle donne) in dieci anni: vale a dire più del doppio di quanto considerato finora. E (soprattutto) più di quelli provocati dal fumo e dalle droghe. Indipendentemente dal divario, che comunque non è trascurabile, le statistiche diffuse oggi confermano l'emergenza che nel nostro Paese ruota attorno all'alcol: primo fattore di rischio per la salute, dopo il fumo e l’ipertensione. Malattie correlate al consumo eccessivo di bevande alcoliche (cardiovascolari, oncologiche e neurodegenerative), incidenti sul lavoro e stradali, omicidi e suicidi: queste le principali cause di morte.
LA CAMPAGNA «IO VIVO SANO - DIPENDENZE»
GIOVANI TROPPO PRECOCI
A distanza di oltre trent’anni dal primo rapporto sull’alcolismo in Italia, l'indagine Eurispes-Enpam è stata condotta attraverso tre diversi sondaggi che hanno coinvolto giovani studenti, adolescenti, cittadini e operatori sanitari. Diversi gli aspetti emersi, il più preoccupante è sicuramente quello che chiama in causa i ragazzi: sia per le quantità di consumo sia per la scarsa consapevolezza dei rischi. Beve un terzo degli universitari (18-24 anni), quasi un quarto dei giovani adulti (25-34 anni). Ma a non lasciare tranquilli è soprattutto la precocità dei ragazzi, se uno su sette (ma uno su cinque, tra i maschi) ha dichiarato di aver ingollato il primo bicchiere tra 11 e 13 anni. Difficile immaginare il contesto di crescita di quel 3,8 per cento degli intervistati cha ha dichiarato di aver assunto la prima dose di alcol prima dei dieci anni.
Negli ultimi anni - l'indagine lo conferma - è cambiato profondamente il modo di bere. Lo si fa sempre di più fuori dai pasti, in dosi massicce e in un tempo circoscritto. Le occasioni sono le più disparate. Si beve «in compagnia» (32,1 per cento, soprattutto i più giovani), perché «ne ho voglia» (23,6 per cento, scelta adottata perlopiù dai giovani adulti), «per pasteggiare» (23,2 per cento) o «in occasione di ricorrenze» (21,2 per cento). C'è poi da considerare il problema del «binge drinking», la tendenza a bere molto (5-6 drink) in un colpo solo: sposata da quasi la metà (47,7 per cento) degli interpellati, con poco più di una persona su dieci che dichiara di farlo spesso. Ed è tra i giovani (bevono principalmente birra, poi cocktail, vino, «shottini» e superalcolici) che la quota dei consumatori occasionali cresce ancora rispetto alla media, arrivando al 60 per cento tra i 18-24enni e al 59,2 per cento tra i 25-34enni.
L’uso di sostanze alcoliche è tra le prime cause di morte tra i giovanissimi, spesso in seguito a incidenti stradali. Da qui uno degli obiettivi dell'indagine: capire quanto sia frequente la guida in stato di ebbrezza. Sei intervistati su dieci hanno dichiarato di non aver mai guidato dopo aver bevuto in modo eccessivo, uno su quattro lo ha fatto «raramente», uno su sette «qualche volta». Ad avere una maggiore sensibilità sono le donne, che nel 72 per cento dei casi hanno sostenuto di non aver mai guidato in stato di ebbrezza (contro il 47,9 per cento degli uomini). In più, interrogati sul tasso alcolemico consentito dalla legge per guidare, soltanto un terzo degli intervistati ha indicato correttamente il limite (0,5 grammi per litro). Quasi quattro su dieci, invece, hanno ammesso di non conoscere la norma, mentre poco meno di uno su dieci ha sottostimato il valore reale. In sostanza, si legge nel rapporto, «due terzi degli intervistati non sono in grado di stabilire la quantità di alcol che possono assumere senza compromettere la propria capacità di guida».
LA RETE E I SOCIAL NETWORK NON AIUTANO
«Con questa indagine, ampia ed articolata abbiamo fatto il punto sulla evoluzione del fenomeno e sulle sue derive - afferma Gian Maria Fara, presidente dell'Eurispes -. I dati che emergono testimoniano una cresciuta consapevolezza, ma anche la necessità di un impegno costante sul piano della prevenzione e del sostegno alle famiglie interessate, così come su quello culturale, della comunicazione e dell’informazione». Il Presidente dell'Enpam, Alberto Oliveti, spiega: «L'incidenza di certi comportamenti è sensibilmente influenzata dall'uso massivo delle nuove tecnologie e dai social network. Il medico di medicina generale, che presidia società e territorio capillarmente, può e deve assumere il ruolo di playmaker e identificare le persone a rischio».
Alcol e giovani: il decalogo per i genitori
La consapevolezza deve nascere già da bambini Parlare ai giovani, fin da quando sono bambini, dei danni e dei rischi legati all’alcol.
Esordire con questo tipo di discorsi in età adolescenziale, quando tutto è soggetto a
critica e frutto dell’ ”esagerazione” dei genitori, può anche essere controproducente (Istituto Superiore di Sanità)
Il buon esempio deve venire dai genitori I ragazzi sempre più frequentemente bevono per superare difficoltà di relazione e
assumere un ruolo all’interno del gruppo. Quando l’alcol acquista un valore
comportamentale, ai genitori spetta un ruolo chiave: dare il buon esempio, creando
un ambiente familiare in cui la presenza dell’alcol è visibile, ma discreta e il
consumo moderato (Istituto Superiore di Sanità)
Gli adolescenti non riescono a metabolizzare l'alcol Insegnare ai giovani che prima dei 15 anni l’apparato digerente non è ancora in
grado di “smontare” l’alcol, perché il sistema enzimatico non è completamente
sviluppato. Le ragazze inoltre, e in generale tutte le donne, sono in grado di
eliminare la metà di una dose d’alcol che riesce a metabolizzare un uomo (Istituto Superiore di Sanità)
Conseguenze più pesanti in gravidanza Sia le adolescenti che le donne adulte devono sapere che l’alcol nuoce al feto. Il
nascituro non è dotato di sistemi enzimatici capaci di smaltire l’alcol. Sono
sufficienti due bicchieri di bevanda alcolica al giorno per pregiudicare la salute del
bambino e distruggere i neuroni di un cervello ancora in formazione (Istituto Superiore di Sanità)
Il rischio aumenta se ci si mette alla guida Un preciso limite separa il consumo dall’abuso. Occorre dunque informare i
giovani, spiegando loro come le performance individuali cambino sotto l’influenza di
un abuso alcolico. Anche una banale serata in pizzeria può trasformarsi in una
situazione a rischio quando si deve tornare a casa in auto o in motorino (Istituto Superiore di Sanità)
Ci si diverte anche senza alcol Coinvolgere i figli nell’organizzazione di una festa o di un semplice incontro può
essere l’occasione per dimostrare che ci si può divertire anche con le sole bevande
analcoliche (Istituto Superiore di Sanità)
La parola d'ordine è moderazione I genitori dovrebbero compiere un training lungo tutto il percorso di vita dei figli,
orientandoli al consumo di bevande analcoliche (non solo a casa, ma anche al
ristorante o in pizzeria), non favorendo un consumo precoce e dando sempre un
esempio di moderazione (Istituto Superiore di Sanità)
Avvicinarsi alla dipendenza senza accorgersene Spiegare ai giovani che il nostro organismo richiede nel tempo quantità sempre
maggiori di alcol per provare le stesse esperienze di piacere. L’obiettivo di sentirsi
più disinvolti, loquaci ed euforici richiede quantità progressivamente crescenti. I
bicchieri aumentano, si perde il controllo ma si diventa anche dipendenti dall’alcol (Istituto Superiore di Sanità)
I giovani devono saper leggere le etichette Insegnare ai ragazzi a leggere le etichette e analizzare con loro le bottiglie e le
lattine contenenti alcol da cui sono attirati per la forma, il colore e il sapore. Serve a
far sentire più complici i genitori, ma al contempo è un’occasione per evidenziare
particolari importanti, spesso trascurati, come, ad esempio, la gradazione alcolica (Istituto Superiore di Sanità)
Un aiuto dall'anticonformismo I giovani sono per natura poco inclini al conformismo. Conviene allora sfruttare questa sana predisposizione per osservare e smontare con loro la pubblicità sugli alcolici trasmesse dai media. Può essere un ottimo esempio per incrementare la capacità critica su ciò che la pubblicità promette e che poi, di fatto, non trova riscontro nella realtà quotidiana (Istituto Superiore di Sanità)