Trombosi: un rischio ancora poco noto per i malati di tumore
Nei pazienti oncologici, il tromboembolismo venoso è la seconda causa di morte dopo il tumore. Una complicanza frequente, ma a volte ancora sottovalutata
La relazione, nota da tempo, è nella maggior parte dei casi ignorata dai pazienti. La trombosi e i tumori viaggiano spesso a braccetto.
La prima è infatti una complicanza frequente nei pazienti oncologici, ma in realtà anche un episodio cardiovascolare può far crescere la probabilità di ammalarsi di alcuni tumori (colon, pancreas, polmone), come emerso da uno studio apparso di recente sulle colonne della rivista Circulation.
Mediamente, una persona colpita da un tumore su tre incorre in eventi tromboembolici, che possono impattare sulla qualità della vita e aumentare la sua fragilità.
Il problema è che questa correlazione - frequente e seria - è spesso ignorata o sottovalutata dai pazienti. E, talvolta, anche dai medici.
Obiettivo: comprendere, attraverso testimonianze dirette, l’impatto di questa condizione sulla vita quotidiana. Dall'indagine è emersa una bassa consapevolezza delle possibili complicanze cardiovascolari dovute alla malattia tumorale, che rischia di determinare conseguenze peggiori quando anche il medico di riferimento non considera o comunque non ritiene fondamentale la terapia anticoagulante.
Il paziente, d'altra parte, è già reso fragile dal percorso a ostacoli appena affrontato: la diagnosi di cancro, l'eventuale intervento chirurgico, la chemio o la radioterapia. Infine, eventualmente, il riscontro del tromboembolismo.
Inevitabile che la concentrazione e le maggiori preoccupazioni riguardino la malattia oncologica.
A ciò occorre aggiungere che a un episodio di trombosi può associarsi la perdita di autonomia e che la terapia con l'eparina - con iniezioni quotidiane a livello addominale - può essere considerata invasiva e dolorosa.
IL TUMORE E LA SALUTE DEL CUORE E DEI VASI
Per evitare che il paziente consideri questa terapia come «un peso in più», occorre che al suo fianco ci sia una persona in grado di spiegargli i rischi di una simile condizione: senza allarmismi, ma rendendolo consapevole dei rischi e favorendo l'adesione alla terapia. «La conoscenza delle problematiche legate al tromboembolismo venoso è fondamentale - afferma Antonio Russo, ordinario di oncologia medica all’Università di Palermo -. Le complicanze hanno un impatto diretto sulla gestione e sulla prognosi della malattia oncologica, indipendentemente dalla sua localizzazione». Dopo decenni in cui si è ragionato per compartimenti stagni, oggi il cancro è considerato un fattore di rischio cardiovascolare.
Non è un caso che il tromboembolismo venoso sia più frequente tra i malati di tumore, per i quali costituisce la seconda causa di morte (dopo la malattia stessa). Il rischio è maggiore nei primi mesi fino a due anni dopo la diagnosi.
PERCHE' IL CANCRO «AVVICINA» LA TROMBOSI?
Un aspetto che è dovuto alle modificazioni a cui va incontro la circolazione sanguigna dei pazienti oncologici: con un aumento dei processi di coagulazione e della stasi ematica, oltre all'alterazione della parete dei vasi. Quale profilassi?
Le evidenze più significative riguardano la gestione del post-intervento chirurgico. «La prima scelta terapeutica riguarda la somministrazione di eparina», si legge nelle linee guida dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica: da portare avanti per almeno un mese dopo la procedura chirurgica. La necessità di ricorrere al ricovero - a maggior ragione se per un lungo periodo - porta a considerare opportuna la profilassi. Anche la chemioterapia può accrescere l'eventualità di andare incontro a una trombosi, motivo per cui sussiste un'evidenza «moderata» riguardo all'opportunità di sottoporre a terapia anticoagulante preventiva un paziente che segue le terapie a livello ambulatoriale.
Mentre il posizionamento del «Port» - il catetere venoso che viene impiantato in un grosso vaso per facilitare la somministrazione di farmaci e i prelievi - non è di per sé sufficiente a indicare la terapia eparinica. Dopo un episodio di trombosi, la terapia può eventualmente prevedere anche la somministrazione di un anticoagulante orale.
L'EMBOLIA POLMONARE E' LA COMPLICANZA PIU' GRAVE DELLA TROMBOSI
La trombosi venosa profonda è la terza malattia cardiovascolare più comune, dopo l'infarto e l'ictus. Un caso su cinque - sugli oltre 120mila che si contano ogni anno in Italia - riguarda un paziente oncologico. Il trombo - questo è il nome tecnico del coagulo - a quel punto può diffondersi lungo l'albero circolatorio e arrivare a ostruire le arterie polmonari.
Lo stop alla circolazione che parte dal cuore per portare il sangue a ossigenarsi nei polmoni (embolia polmonare) può, nei casi più gravi, risultare anche fatale.
Il decalogo per proteggere il cuore durante le cure oncologiche
Controllo del peso corporeo Il peso può incrementare sotto l’effetto delle terapie. Per questo motivo un supporto nutrizionale adeguato è fondamentale nella prevenzione del sovrappeso, per abbassare il rischio di malattie cardiovascolari e ridurre quello di recidiva
Stile di vita attivo Vale la pena abituare il corpo al movimento ogni volta che è possibile, spostandosi per esempio a piedi o in bicicletta ed evitando, quando possibile, ascensori e scale mobili
Sport con regolarità Pratica attività fisica almeno 2-3 volte a settimana contrasta gli effetti collaterali delle terapie e riduce nettamente sia il rischio cardiovascolare sia di recidiva del tumore
No al fumo di sigaretta Il consiglio, valido per la prevenzione primaria di almeno 17 tumori, lo è anche per tutti coloro che hanno già avuto un tumore. I benefici dello smettere di fumare risultano infatti validi anche dopo anni di esposizione alle sostanze nocive sprigionate dalle sigarette
Meglio evitare gli alcolici L'astinenza completa da bevande alcoliche è quanto raccomanda l'Organizzazione Mondiale della Sanità per chi vuole prevenire i tumori. L'indicazione risulta valida in realtà anche nei pazienti: per le possibili interazioni tra alcol e farmaci e per il potenziale cancerogeno dell'etanolo che suggerisce cautela nelle persone che hanno già ricevuto una diagnosi di tumore
Sì al monitoraggio regolare della pressione sanguigna In caso di ipertensione, una terapia farmacologica adeguata assunta sotto controllo medico è quello che può servire: in associazione o dopo la fine delle cure oncologiche
Grassi sotto controllo I valori di colesterolo e trigliceridi possono alterarsi in corso di terapie oncologiche. Per ridurli sì a dieta, attività fisica ed eventuali farmaci ipolipemizzanti (sotto indicazione medica)
Equilibrio a tavola Una dieta ricca in vegetali, limitando o abolendo la carne rossa e gli zuccheri e i dolci, è l'ideale per accompagnare un percorso di cure oncologiche. Diete estreme, come per esempio la dieta vegana, sono più difficili da rendere equilibrate. E, peraltro, non esiste nessuna chiara dimostrazione di eventuali vantaggi
Quando occorre integrare la dieta? Il paziente oncologico, assieme al proprio specialista di riferimento, può valutare l’opportunità di assumere calcio e vitamina D per contrastare la tendenza all’osteoporosi indotta dalle terapie praticate
L'importanza della valutazione da parte del cardiologo Un percorso di cure completo non dovrebbe prescindere dal consulto di un cardiologo specializzato nell'assistenza ai malati oncologici. Il suo contributo può essere utile per avere un approccio ottimale al controllo integrato dei rischi oncologici e cardiaci