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Alessandro Vitale
pubblicato il 28-10-2019

Tumore al seno: misurare l'efficacia delle cure attraverso il respiro



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Un test affidabile, rapido e di facile attuazione per valutare in anticipo la risposta alla terapia del tumore al seno metastatico. La ricerca e la sfida di Nicoletta Cordani

Tumore al seno: misurare l'efficacia delle cure attraverso il respiro

Fra tutti i tumori al seno, quelli che espongono sulla superficie delle cellule i recettori per gli estrogeni e non invece quelli per la proteina HER2 sono i più comuni. Una delle sfide più importanti per questa malattia è rappresentata dall’insorgenza di metastasi tumorali, anche se negli ultimi anni la ricerca biomedica ha fatto grandi passi avanti. Per le pazienti con una forma metastatica di questo tumore, il trattamento di prima linea include molecole dette «inibitori delle CDK4/6» assieme a terapia ormonale. Uno studio recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato che la combinazione di queste due terapie aumenta la sopravvivenza - a questa specifica malattia - a tre anni dalla diagnosi dal 46 al 70 per cento. Rimane ancora difficile, tuttavia, prevedere a priori quali pazienti trarranno beneficio da questi farmaci. Su questa sfida si concentra la ricerca di Nicoletta Cordani, consulente scientifica dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Monza, che svolge il suo lavoro grazie al sostegno di una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi nell’ambito del progetto Pink is Good.

 

Ciao Nicoletta, ci racconti qualcosa di più sul tuo lavoro?

«Con questo studio vorremmo valutare la composizione delle sostanze presenti nel respiro delle pazienti con un al seno metastatico del tipo HR+/HER2- (quello sopra indicato, ndr), trattate con gli inibitori delle ciclino-chinasi, oltre alla terapia ormonale. Questa terapia rappresenta un’arma mirata su alcune proteine implicate nella crescita tumorale e i risultati clinici sono estremamente promettenti. Tuttavia, la quota di pazienti che non risponde a questo tipo di trattamenti è di circa il 40 per cento. Al momento non esistono test in grado di capire in anticipo chi possa trarre beneficio dal trattamento».

 

Qual è l’obiettivo del vostro progetto?

«C’è una forte necessità di avere test di screening non invasivi, accurati e rapidi, in grado di identificare dei marcatori precoci della risposta terapeutica, per stabilire quali pazienti potranno avere un beneficio. In questo contesto, i composti organici volatili sembrano essere i candidati ideali».

 

Di cosa si tratta?

«Si tratta di composti prodotti da alcuni tipi di cancro, che sono stati identificati in vitro anche in linee cellulari di tumore al seno. Possono venire analizzati tramite microestrazione in fase solida e poi analizzati grazie a una tecnica, la gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa, che non risulta particolarmente complessa».

 

In pratica, cosa succede con questa analisi?

«Alle pazienti è richiesto di soffiare dentro una sacca per raccogliere il respiro. La sacca con l'espirato viene poi analizzata per valutare quali sostanze sono presenti e se tali sostanze subiscono delle variazioni dovute alla terapia oppure alla progressione del tumore. Queste valutazioni, semplici e poco invasive, potrebbero dare informazioni riguardo l’insorgenza di tossicità o suggerire una terapia diversa. Si può dire che l’obiettivo finale del progetto sia quello di identificare una firma metabolica dei composti volatili delle pazienti, per valutare la risposta alla terapia degli inibitori CDK4/6».

Nicoletta, hai lavorato in Olanda per un periodo qualche anno fa. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

«Il confronto mi ha arricchito molto. Mi sarebbe piaciuto rimanere, anche perché lo stipendio sarebbe stato notevolmente più alto, ma l’Italia mi è mancata per una questione affettiva. Ero lontana da mio marito e sapevo che la mia famiglia desiderava riabbracciarmi».

Nel tuo percorso di ricercatrice hai un momento che ricordi con affetto?

«Per me rimane da incorniciare il periodo del progetto di tesi con relativa laurea, un’esperienza indimenticabile che ha dato il via alla mia carriera. Ho svolto il progetto di tesi al Centro di Riferimento Oncologico (Cro) di Aviano, dove la dottoressa Cinzia Gazziola mi ha seguito come correlatrice. Mi ha insegnato il rigore, il metodo scientifico e le tecniche molecolari e cellulari».

E come ti vedi fra dieci anni?

«Felice e fiera di far ricerca nel mio Paese».

 

Quali sono le figure che ti hanno ispirato nella tua vita personale e professionale?

«I miei genitori e mio fratello che mi sono sempre stati vicino. Mio fratello ricorda sempre che, fin da piccola, dicevo: “Troverò la cura per il cancro!”. Ora ci sono mio marito Giorgio e mio figlio Giulio che credono in me. Per la vita professionale, invece, dico Rita Levi Montalcini».

Al di là dei contenuti scientifici, qual è il senso profondo che ti spinge a fare ricerca?

«Sono profondamente convinta che fare ricerca, di base o clinica, possa davvero aiutare il prossimo. L’importante è che sia condotta con rigore, affinché non non si arrivi mai a dover applicare il detto “il fine giustifica i mezzi”».

 

In cosa, secondo te, può migliorare la scienza e la comunità scientifica?

«La comunità scientifica dovrebbe essere meno altezzosa nei confronti delle persone non addette ai lavori, anzi dovrebbe cercare in tutti i modi di spiegare in modo semplice diretto l’importanza del proprio lavoro. Penso per esempio ai vaccini, alla sperimentazione animale in laboratorio e al rigore con cui è condotta. Il fine dovrebbe essere quello di avvicinare le persone alla scienza e di renderle più coscienti della sua importanza».

 

Nicoletta fuori dal laboratorio. Cosa fai nel tempo libero?

«Mi piace sciare, correre, camminare in montagna e il rugby. Da brava emiliana, adoro cucinare e mi piace viaggiare».

Se un giorno tuo figlio Giulio ti dicesse che vuole fare il ricercatore, come reagiresti?

«L’ha già detto e mi son messa a ridere. Dovrà soltanto essere molto convinto della sua scelta».

Descriviti con tre pregi e tre difetti.

«Caparbia, paziente e ottimista. Permalosa, intransigente e gelosa».

 

Sei felice della tua vita?

«Sì, molto felice e anche soddisfatta».

 

Si vede chiaramente. Allora raccontaci la cosa che ti fa più ridere.

«La risata del mio bambino».



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