L'obesità è un «ostacolo» all'efficacia degli antidepressivi
Uno studio cinese conferma che il sovrappeso è un nemico della cura della depressione. E che i due problemi, alle volte, si alimentano a vicenda
Il peso può incidere sull’efficacia di alcuni antidepressivi, ostacolandola se i chili sono in eccesso. Ad affermarlo è uno studio cinese (Università di Beijing, Pechino), pubblicato sul Journal of Affective Disorders. Il professor Le Xiao ha guidato la ricerca su 202 adulti (18-60 anni) sofferenti di depressione maggiore. Tutti i pazienti all’inizio hanno ricevuto come terapia la paroxetina, un antidepressivo molto diffuso. Quelli che dopo due settimane non avevano mostrato miglioramenti sono stati smistati in maniera casuale tra l’assumere la paroxetina, cambiare la terapia con la mirtazapina oprendere ambedue gli antidepressivi. L’indice di massa corporea indicava che il 55 per cento dei pazienti aveva un peso normale, il 35 per cento era in sovrappeso o obeso, il 9.9 per cento sottopeso. I ricercatori hanno rilevato che i malati di peso normale o sottopeso avevano una possibilità doppia di arrivare alla remissione del loro stato depressivo alla fine delle otto settimane dello studio.
PER QUANTO TEMPO BISOGNA ASSUMERE GLI ANTIDEPRESSIVI?
PER I FARMACI UN «VIAGGIO» PIU’ LUNGO
I medici hanno ipotizzato che i farmaci diano una resa minore di fronte a un peso eccessivo perché debbono attraversare molti più tessuti e fluidi che in un corpo normopeso o sottopeso. «Gli altri possibili meccanismi sottostanti l’associazione del peso corporeo e la risposta agli antidepressivi potrebbe essere la resistenza all’insulina, un aumentato stato infiammatorio e lo stress ossidativo causato dall’obesità», scrivono i ricercatori. «Infine anche la minore attività fisica e lo stigma legato all’obesità potrebbero contribuire alla minore risposta ai farmaci».
Abbiamo chiesto ad Andrea Fagiolini, direttore della clinica psichiatria e docente ordinario di psichiatria all’Università di Siena, di spiegarci. «Si tratta di uno studio che conferma le importanti correlazioni fra depressione, sovrappeso e obesità. Per esempio, nei pazienti con disturbo bipolare, è stato notato che quelli obesi hanno episodi affettivi più lunghi e più frequenti, una peggiore qualità di vita e un più alto rischio di suicidio. In questo lavoro, invece, si dimostra che i pazienti con disturbo depressivo maggiore rispondono peggio se sono obesi. La risposta al perché ciò accada non viaggia sempre dalla depressione all’obesità o viceversa. Spesso, infatti, c’è un reciproco condizionamento tra le due condizioni. «In altre parole, ci sono pazienti che diventano obesi a causa della depressione, altri che scoprono la depressione a causa dell’obesità e pazienti in cui le due condizioni si rafforzano a vicenda».
L’OBESITÀ VA CURATA CON L’UMORE
Tra le principali cause alla base di questa relazione sono da considerare aspetti farmacocinetici. I farmaci tendono infatti a depositarsi nel grasso. Di conseguenza,almeno nella fase iniziale di trattamento, la loro concentrazione nel sangue è più bassa. Ma una spiegazione può essere ricercata anche nella presenza di altri trattamenti farmacologici, in eventuali alterazioni del sistema immunitario, nella scarsa energia e nella presenza di apnee notturne di cui può soffrire il paziente, nell'aumento della resistenza all’insulina, nella maggiore solitudine e nella difficoltà di trovare un partner. Tutte condizioni che possono interferire con la risposta del nostro corpo a un antidepressivo. «L’obesità - conclude Fagiolini - è uno dei più importanti correlati di mancata risposta al trattamento antidepressivo e di scarsa qualità di vita nei pazienti con disturbi affettivi. Per questo va ove possibile prevenuta, riconosciuta e trattata». Anche per venire fuori dalla depressione.
Come vincere ansia e depressione?
Tai-chi La pratica deriva dalle arti marziali cinesi e si può tradurre in una sorta di lenta danza coordinata. diverse pubblicazioni evidenziano notevoli benefici apportati dal tai-chi sopratutto nei pazienti anziani: in termini di beneficio fisico e psicologico
Esercizi di respirazione Uno dei primi segni di stress acuto è l'aumento della frequenza respiratoria, a scapito della profondità. Per rispondere alla tensione bisogna quindi tornare a respirare in maniera corretta, con respiri lenti e profondi ogniqualvolta, nell'arco della giornata, la pressione si fa sentire. Occorre inspirare ed espirare profondamente attraverso il naso, ripetendo l'atto dalle cinque alle dieci volte di fila
Esercizi di rilassamento muscolare Le tecniche che agiscono sulla tensione muscolare sono semplici, ma molto utili: sopratutto per chi ha problemi ad addormentarsi. La posizione ideale per iniziare a rilassarsi è quella supina, a gambe non incrociate
Training autogeno Si tratta di una forma di psicoterapia attraverso il corpo. La prima fase dell'addestramento consiste in una sorta di autoipnosi per indurre i vari gruppi muscolari a rilasciarsi. In seguito è possibile evocare immagini piacevoli per aumentare il potere antistress della pratica
Meditazione Diverse ricerche hanno dimostrato che la meditazione riduce la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e i livelli di adrenalina. I momenti più adatti per meditare sono il risveglio e il tardo pomeriggio. Bastano 15-2'0 minuti ogni volta, purché la fretta e il pensiero delle cose da fare non prendano il sopravvento. La posizione più classica è quella seduta a gambe incrociate e con la schiena dritta. Gli occhi possono essere chiusi o fissi su punto davanti al corpo a 1-2 metri di distanza. A questo punto la mente comincia a vagare verso immagini che evocano sensazioni positive e rilassanti e i pensieri quotidiani si dissolvono
Yoga Grazie a un lavoro molto approfondito sul respiro e sulle tecniche di mentalizzazione, lo yoga può assolvere ottimamente il ruolo di antistress. Non solo: la meditazione e il rilassamento fanno parte della pratica yoga e, in genere, aprono e chiudono ogni lezione