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Pediatria
Serena Zoli
pubblicato il 22-10-2019

Neonati prematuri e la cura delle carezze



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Trovate le basi neurologiche dei miglioramenti legati all'interazione tattile sui neonati prematuri. Migliora l’ossigenazione del sangue e il battito cardiaco

Neonati prematuri e la cura delle carezze

Nascere prematuri rappresenta un significativo fattore di rischio per la salute futura e per lo sviluppo di disabilità. Estrema cura va riservata a questi piccoli e gran parte delle strategie di premura sono basate sul tatto, il tocco pelle a pelle. Un tocco prolungato e leggero, simile a una carezza, si è visto - in uno studio internazionale - ridurre lo stress nei bambini nati pre-termine.

L'EFFETTO DELLA CAREZZA SUI PREMATURI

Si è constatato che queste “carezze” migliorano diversi parametri fisiologici, come il livello di ossigenazione sanguigna e il battito cardiaco. La ricerca è stata fatta su prematuri tra le 28 e le 37 settimane di gestazione (la norma è di 40 settimane) ed è stata pubblicata sulla rivista Developmental Cognitive Neuroscience. Importante, in questo studio, la partecipazione italiana: l’ospedale Buzzi di Milano, l’Università di Milano-Bicocca, la Fondazione “Come” Collaboration di Pescara, l’Istituto di Osteopatia di Milano; tra gli stranieri l’Università John Moores di Liverpool.

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LA RICERCA SPIEGA IL PERCHÉ

La novità dell’indagine sta nel fatto che generalmente si osservano miglioramenti con queste tecniche di contatto, ma non se ne conoscono le basi neurobiologiche. Questo studio, invece, ha preso in esame gli afferenti C-tattili (fibre Ct), una classe di fibre nervose non mielinizzate attivate da un tocco continuo a bassa intensità, del tutto simile a una carezza. La quale, in questo modo, attiva aree cerebrali quali la corteccia insulare posteriore ed è in grado di ridurre l’eccitazione del sistema nervoso vegetativo, che di solito è collegata a stress e dolore. E’ stata fatta anche la prova del contatto pelle a pelle senza movimento, un contatto statico, per cinque minuti come, a confronto, la carezza sulla schiena dei piccoli prematuri. Il risultato: la carezza ha provocato quanto descritto sopra, mentre il tocco immobile non ha creato cambiamenti significativi né nella frequenza cardiaca né nei livelli dell’ossigenazione del sangue. Gli effetti, invece, positivi, del tocco-carezza si sono protratti per altri cinque minuti dopo la fine della stimolazione.

IL TOCCO CREA LEGAMI 

Il professor Alberto Gallace, docente di psicobiologia e psicologia fisiologica all’Università di Milano-Bicocca, ha preso parte alla ricerca. «Se si conoscono le basi scientifiche dell’interazione tattile – spiega – questa si può inserire nei programmi terapeutici. Tra l’altro queste fibre Ct hanno a che fare con le relazioni sociali. Si vede nelle scimmie, per esempio, quanto il tocco-carezza sia importante: pulirsi il pelo reciprocamente è fondamentale nel creare una relazione sociale, così come il toccarsi tra madre e figli dà benessere a questi ultimi». C’è un grosso “ma” all’adozione delle carezze sui corpicini dei prematuri come cura: nei nostri ospedali vengono subito messi nelle incubatrici. «E’ vero – conviene il professor Gallace – si dovrà vedere come conciliare. Adesso siamo solo all’individuazione del substrato neurobiologico degli effetti benefici nelle terapie basate sulle interazioni tattili neonatali, come la “Kangaroo Mother Care” e altre, e questo permetterà di ottimizzarle in futuro».

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SE LA TECNOLOGIA RIDUCE LE INTERAZIONI TATTILI

Dallo studio emerge, forse, qualche indicazione anche per gli adulti? «Oh, per gli adulti abbiamo tanto sulle interazioni tattili – risponde il professor Alberto Gallace, -Si sa che favoriscono la sintesi di ormoni come l’ossitocina, l’ormone dei legami. In una società come la nostra gli stimoli tattili sono sempre più esclusi, l’uso dei mezzi tecnologici allontana dai contatti diretti, di pelle. Non è un bene, le tecnologie andranno ripensate per adeguarsi alla nostra natura».

MARSUPIO-TERAPIA, COME I CANGURI

Due parole sulla nota “Kangaroo Mother Care”, le cure materne come quella del canguro, che si tiene dentro, in una tasca, il piccolo neonato, dunque sempre a contatto avvolgente di pelle (è detta anche terapia marsupio). La Kangaroo Mother Care è una pratica introdotta nel 1978 da Edgar Rey, presso l’Istituto materno infantile di Santa Fe, a Bogotà, Colombia, per ovviare alla mancanza di incubatrici. Il neonato viene posizionato verticalmente sull’addome materno, con il capo tra i seni, o paterno, a pieno contatto di pelle  . E il dottor Rey ha fatto scuola in tutto il mondo. 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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