La maggior parte degli italiani si sente in buona salute, anche se non tutti vivono allo stesso modo il proprio benessere fisico e mentale. Dietro questa apparente uniformità si nascondono differenze importanti legate all’età, al genere, alla presenza di malattie croniche e alle condizioni socioeconomiche.
È quanto emerge dai dati della sorveglianza PASSI, che nel biennio 2023-2024 ha analizzato la percezione della salute nella popolazione adulta tra i 18 e i 69 anni.
COME SI SENTONO GLI ITALIANI?
Nel complesso, il 74% degli adulti dichiara di sentirsi “bene” o “molto bene”, mentre meno del 3% giudica la propria salute “male” o “molto male”. Il restante quarto si colloca in una zona intermedia, dichiarandosi “discretamente” in salute.
Per misurare la qualità della vita legata alla salute gli esperti utilizzano anche un indicatore chiamato Unhealthy Days, cioè il numero medio di giorni vissuti in cattive condizioni fisiche o psicologiche o con limitazioni nelle attività quotidiane.
In media, gli italiani riferiscono di aver trascorso quasi 5 giorni al mese in cattiva salute: poco più di due per problemi fisici (malattie o conseguenze di incidenti), quasi tre per disagi di tipo psicologico come ansia, depressione o stress. Un giorno su trenta, infine, le difficoltà di salute si traducono in una reale limitazione delle attività quotidiane.
LE DISUGUAGLIANZE NELLA SALUTE PERCEPITA
Non tutti vivono la propria salute allo stesso modo. I dati PASSI mostrano che la percezione di benessere peggiora tra le persone affette da patologie croniche (solo il 46% valuta positivamente la propria salute, contro il 74% della media) e tra chi presenta sintomi depressivi (38%).
Anche il livello di istruzione e la condizione economica fanno la differenza: chi ha solo la licenza elementare o vive difficoltà economiche riferisce rispettivamente 7 e 9 giorni “non in salute” al mese, contro i 4 dei laureati o di chi non ha problemi economici.
L’età e il genere pesano anch’essi: la percezione della salute tende a peggiorare con l’avanzare degli anni e le donne, in media, riportano più giorni di cattiva salute rispetto agli uomini.
LA SALUTE DEGLI OVER 65
Anche tra gli anziani, monitorati attraverso la sorveglianza PASSI d’Argento, la maggior parte mantiene una percezione positiva: il 91% degli over 65 giudica la propria salute “buona” o “discreta”. Tuttavia, con l’età aumentano i giorni di malessere: in media 7 giorni al mese sono vissuti in cattive condizioni fisiche o psicologiche, e quasi 3 giorni comportano una limitazione nelle attività quotidiane.
Le differenze socioeconomiche e di genere restano marcate anche in questa fascia d’età: gli anziani con difficoltà economiche riportano fino a 14 giorni di cattiva salute al mese, contro i 6 di chi vive in condizioni più agiate. Le donne anziane dichiarano più giorni di malessere rispetto agli uomini (8 contro 5), e la situazione peggiora progressivamente dopo gli 85 anni.
COME SI MISURA LA QUALITÀ DI VITA
Valutare la Health-Related Quality of Life (HRQL) non è semplice. Si tratta di un concetto multidimensionale che comprende salute fisica e mentale, benessere emotivo e sociale, capacità funzionale e autonomia decisionale.
Per misurarla esistono diversi strumenti, dai questionari complessi come SF-36, WHOQoL ed EuroQoL-5D, a versioni più sintetiche come il CDC HRQoL-4, utilizzato da PASSI. Quest’ultimo, proposto e validato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta, consente di rilevare la percezione soggettiva di salute e gli “Unhealthy Days” nella popolazione generale, rendendo possibile il confronto nel tempo e tra diversi contesti.
PERCHÈ QUESTI DATI CONTANO?
Misurare la qualità della vita legata alla salute non serve solo a descrivere come si sentono le persone, ma anche a comprendere i fattori che influenzano davvero il loro benessere. Strumenti come l’HRQoL-4 permettono di cogliere non solo gli aspetti clinici, ma anche quelli psicologici e sociali, offrendo una fotografia più completa dello stato di salute della popolazione. Queste informazioni sono preziose per la sanità pubblica, perché aiutano a identificare le disuguaglianze e a orientare interventi mirati di prevenzione e promozione della salute.