Utilizzare un pacemaker ricondizionato è sicuro quanto un dispositivo nuovo. Ad affermarlo è un'analisi presentata al recente congresso dell'European Society of Cardiology (ESC). Lo studio “My Heart Your Heart” -il primo randomizzato e controllato che ha confrontato pacemaker nuovi e ricondizionati- ha mostrato che il tasso di infezioni correlate alla procedura è risultato sovrapponibile nei due gruppi senza malfunzionamenti dei dispositivi. Una prova clinica di non inferiorità che apre la strada al riutilizzo regolamentato di questi strumenti nei Paesi a basso e medio reddito.
COME FUNZIONA UN PACEMAKER?
Il pacemaker è un dispositivo elettronico che, attraverso l'analisi del battito cardiaco e l'erogazione di impulsi elettrici, è in grado di regolare la frequenza cardiaca quando è necessario. Esso viene impiantato nei pazienti con particolari forme di aritmia che in assenza trattamento possono portare a svenimenti, insufficienza cardiaca o addirittura a morte improvvisa. Messo a punto negli anni sessanta dall'ingegner Wilson Greatbatch, nei Paesi ad alto reddito il ricorso al pacemaker è pratica consolidata con decine di migliaia di impianti ogni anno. Purtroppo però, come accade anche per altre cure e dispositivi, la disponibilità non è uniforme: in Africa, ad esempio, l’accesso a questa "terapia" è circa 200 volte inferiore rispetto all’Europa. Per molti pazienti nei Paesi a basso e medio reddito l’impianto di un dispositivo nuovo rimane un miraggio.
QUANDO IL PACEMAKER VIENE RICONDIZIONATO
Proprio partendo da questa disparità è nata l’idea di ricondizionare pacemaker ancora funzionanti, recuperati dopo la morte dei pazienti o la sostituzione con modelli più avanzati, così da offrire una possibilità di cura a chi altrimenti resterebbe senza trattamento. Ed è questo il caso dei pacemaker ricondizionati, in un certo senso esattamente come accade con gli smartphone ricondizionati. Molti pacemaker hanno infatti ancora anni di autonomia residua quando vengono tolti. Alcuni studi avevano già fatto pensare che il riutilizzo fosse sicuro, ma finora mancava una conferma solida ottenuta con una sperimentazione clinica rigorosa.
I RISULTATI DELLO STUDIO
Lo studio presentato ad ESC, coordinato dal professor Thomas Crawford dell’Università del Michigan, è stato condotto tra maggio 2022 e giugno 2024 in sette Paesi (Kenya, Messico, Mozambico, Nigeria, Paraguay, Sierra Leone e Venezuela). Sono stati arruolati 306 pazienti con indicazione clinica a ricevere un pacemaker, impossibilitati ad acquistare un dispositivo nuovo. I partecipanti, con età media di 71 anni, sono stati divisi in due gruppi: uno ha ricevuto un pacemaker nuovo, l'altro uno ricondizionato seguendo un protocollo di raccolta, test e sterilizzazione approvato dall’FDA per l’esportazione. A dodici mesi dall'impianto il tasso di infezioni correlate alla procedura è stato 1,6% nel gruppo ricondizionato e 3,1% nel gruppo nuovo, rispettando dunque la soglia di non inferiorità prestabilita. Tradotto: nessuna differenza in termini di sicurezza ed efficacia tra un nuovo pacemaker ed uno ricondizionato.
LA MANCANZA DI REGOLAMENTAZIONE
«Il nostro trial dimostra che i pacemaker ricondizionati secondo protocolli rigorosi sono sicuri quanto i dispositivi nuovi» ha spiegato Crawford. Il progetto My Heart Your Heart rappresenta un modello replicabile, che potrebbe ridurre le disuguaglianze globali nell’accesso a questa terapia salvavita. C'è un però: ad oggi, pur avendo dimostrato la possibilità del riutilizzo del pacemaker, rimangono da affrontare le questioni regolatorie ed etiche. Negli Stati Uniti, ad esempio, il riutilizzo resta vietato e in Europa manca una cornice normativa chiara. Tuttavia, i dati presentati a Madrid, forniscono per la prima volta la prova clinica solida che il riutilizzo dei pacemaker non comporta rischi aggiuntivi. L’obiettivo ora è estendere il protocollo anche ad altri dispositivi cardiaci impiantabili, come i defibrillatori, ancora più costosi e spesso e spesso fuori portata per milioni di pazienti.