L’ipertrigliceridemia severa, una condizione che aumenta enormemente il rischio di sviluppare la pancreatite, potrebbe presto avere una nuova cura efficace. Alcuni recenti studi clinici hanno dimostrato che un farmaco (Olezarsen) già usato per una rarissima malattia genetica -la sindrome da chilomicronemia familiare- è in grado di ridurre drasticamente i trigliceridi anche in questi pazienti.
QUANDO I TRIGLICERIDI DANNEGGIANO IL PANCREAS
Non solo colesterolo. Tra i valori del sangue ai quali prestare particolarmente attenzione c'è quello dei trigliceridi. Quando questi superano i 500 mg/dL -più del triplo rispetto ai valori normali- il rischio non è più solo a carico del sistema cardiovascolare. Con concentrazioni così elevate -questa condizione è nota con il nome di ipertrigliceridemia severa- i trigliceridi possono depositarsi nel pancreas innescando una forte reazione infiammatoria. È la cosiddetta pancreatite acuta, una condizione che provoca dolori addominali intensi, nausea, vomito e che nei casi più gravi può diventare potenzialmente letale.
LE CURE ATTUALI
In Europa si stima che a soffrire di ipertrigliceridemia severa siano circa 20 milioni di persone, di cui oltre un milione in Italia. Ad oggi però non esiste una terapia risolutiva per questo genere di disturbo. Le statine e i fibrati riducono i trigliceridi in media del 20-40%, mentre gli omega-3 ad alte dosi possono abbassarli ulteriormente, ma raramente sotto la soglia di rischio. Anche una dieta rigorosa e l’attività fisica sono fondamentali, ma da soli non riescono a controllare i valori nei casi più gravi. Ecco perché, per queste forme particolarmente resistenti, si stanno provando a sviluppare farmaci in grado di ridurre ulteriormente i livelli di trigliceridi.
LO STUDIO
Tra le molecole più avanzate in fase di sperimentazione c'è olezarsen -appartenente alla classe degli oligonucleotidi antisenso-, farmaco studiato per bloccare l’attività di geni specifici. In particolare olezarsen è in grado di inibire la produzione di apoC-III, proteina che normalmente rallenta lo smaltimento dei grassi dal sangue. Così facendo il farmaco libera il metabolismo da questo freno e permette ai trigliceridi di ridursi in modo significativo. Nei due studi di fase 3 (CORE e CORE2) oltre mille pazienti con ipertrigliceridemia severa hanno ricevuto ogni mese un’iniezione di olezarsen o un placebo, continuando le cure abituali. Dopo sei mesi, i trigliceridi nei pazienti trattati si sono ridotti in media di due terzi rispetto a chi ha ricevuto il placebo. Ma ancora più importante, nell’arco di un anno, gli episodi di pancreatite si sono ridotti dell’85% rispetto al placebo.
Si tratta della prima volta che un farmaco dimostra di poter abbassare in maniera così marcata i trigliceridi e, allo stesso tempo, ridurre concretamente il rischio di pancreatite. Un risultato che apre la strada a una nuova era nella gestione dell’ipertrigliceridemia severa, una condizione finora priva di terapie davvero efficaci.