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Le storie dei ragazzi per dire che il cancro si può vincere

«Noi del quinto piano» è scritto da giovani guariti dal tumore che raccontano come dalla sofferenza può germogliare un nuovo inizio

Le storie dei ragazzi per dire che il cancro si può vincere

Sulla copertina sono distesi in cerchio come petali di una grossa margherita. E sorridono. Dentro, ci sono le loro storie, ognuno racconta la sua. E ci sarebbe poco da sorridere. Perché sono storie infernali all’interno dell’«impero del male» del cancro affrontato nell’infanzia o nell’adolescenza. Il libro in questione si chiama «Noi del quinto piano», che indica la collocazione del reparto in cui hanno vissuto la dura lotta tra dolorose chemioterapie, trapianti di midollo, stanze sterili, per mesi o anni, all’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino.

E «quelli del quinto piano» ormai guariti si sono costituiti in club con la sigla «CVP»: ovvero con volontà puoi. Il messaggio è di possibile vittoria e questi ragazzi e ragazze vogliono portare a chi sta al quinto piano ora e in particolare ai genitori in straziante attesa. C’è un momento specifico che si sono inventati: per Natale arrivano in reparto vestiti da Babbi e Babbe Natale e portano dolci e giocattoli e, soprattutto, risate e scherzi ai giovani degenti. Dopo, ammettono, si sono fatti prendere la mano e si travestono anche, nelle dovute ricorrenze, in «coniglietti pasquali» «zucche di Halloween».

Cosa offrono? Come scrive la responsabile del reparto di oncoematologia pediatrica e centro trapianti Franca Fagioli, un esempio di resilienza: un rafforzamento della personalità dovuto proprio all’urto della malattia. Un processo di trasformazione. Le storie raccontano spesso questo esito. Perfino Isabela Catalina Timpu, che ha subito l’amputazione di una gamba a 16 anni, scrive: «Sono stata positiva, solare, forte per l’amputazione». E non si ferma davanti al progetto di dedicarsi a tennis e sci alpino. Concludendo: «Mi ritengo fortunata di essere qui a raccontare tutto questo». E’ davvero incredibile la vita e l’animo umano. Perfino Christian Guidi Colombo che non è ancora del tutto fuori dalla malattia o, per meglio dire, dalle cure, scrive: «Come andrà a finire non lo so, ma sicuramente questa esperienza mi ha fatto crescere».

Vogliamo sentire una bimba di 7 anni con leucemia? Flebo, chemio, tubi da tutte le parti. E che fa Simona Muratore? Una flebo di soluzione fisiologica alla sua bambola Martina che le è stata sempre vicina nelle prime degenze, poi in quelle per la crudele recidiva, infine per il trapianto di midollo. Quando finalmente viene trovato sangue midollare compatibile col suo, Simona, oggi 23 anni, esulta: «Quel giorno, in quella strana stanza, c’era spazio solo per la felicità». Oggi studia Medicina essendosi innamorata allora del “Camici bianchi”, come ha intitolato il suo racconto.

Tanta positività nel finale di quasi tutte le storie non cancella le pagine e pagine di dolore, di difficoltà terapeutiche, che questi giovani hanno attraversato. E non nasconde le assenze: a volte alcuni di loro lasciano cadere piccoli elenchi di nomi, di ex amici di reparto che «non ci sono più». Certo, non tutti vincono la battaglia contro il cancro, ma è importante sapere che le guarigioni aumentano e, particolare non secondario, conoscere i sintomi «strani», indecifrabili con cui il tumore può manifestarsi. È importante che i ragazzi - e i genitori - ne facciano conoscenza così da cogliere - o sospettare - al primo annuncio che «il nemico è alle porte».

 

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NOI DEL QUINTO PIANO

editore Pintore

pagine 133, 15 euro

 

Serena Zoli

 



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