Il trattamento della narcolessia potrebbe essere finalmente ad una svolta. Sono almeno due le nuove molecole che presto dovrebbero arrivare sul mercato. La vera novità consiste nel loro meccanismo d’azione: imitando l’orexina -la sostanza che nei pazienti con narcolessia viene a mancare- i farmaci hanno dimostrato di prolungare lo stato di veglia e ridurre in modo significativo gli episodi di cataplessia. Un risultato che arriva proprio in occasione della Giornata Mondiale della Narcolessia del 22 settembre, momento dedicato a sensibilizzare su una condizione ancora poco conosciuta ma con un forte impatto sulla vita quotidiana.
CHE COS’È LA NARCOLESSIA
La narcolessia è un disturbo neurologico che colpisce circa 3 milioni di persone nel mondo. È caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, sonno notturno frammentato e, nel caso della forma di tipo 1, da improvvisi episodi di perdita di tono muscolare (cataplessia). Per lungo tempo si è pensato che il problema fosse legato a un’alterazione generica dei meccanismi del sonno.
IL RUOLO DEL SISTEMA IMMUNITARIO
Le ricerche più recenti hanno invece dimostrato che la narcolessia è legata alla perdita dei neuroni che producono orexina, una sostanza fondamentale per regolare la veglia. Non è ancora chiaro perché queste cellule vengano distrutte, ma gli studiosi sospettano un meccanismo autoimmune: il sistema immunitario attaccherebbe erroneamente i neuroni coinvolti.
LE CURE OGGI DISPONIBILI
Ad oggi i pazienti possono contare solo su terapie sintomatiche. Si usano stimolanti per contrastare la sonnolenza e antidepressivi o altri farmaci per ridurre la cataplessia. Esiste anche la possibilità di assumere sodio oxibato per migliorare il sonno notturno. Ma si tratta di trattamenti che richiedono più dosi al giorno, non eliminano i disturbi e costringono le persone a organizzare la propria vita intorno a sonnellini programmati e farmaci.
LE CURE CHE ARRIVERANNO
Una situazione che presto potrebbe cambiare radicalmente. La vera novità arriva con una nuova classe di farmaci, gli agonisti del recettore dell’orexina, che hanno l’obiettivo di sostituire l’azione della sostanza mancante e riattivare così l’interruttore della veglia. Il candidato più avanzato è oveporexton, sviluppato da Takeda: nelle sperimentazioni di fase 3 i pazienti hanno raggiunto livelli di veglia vicini alla normalità, con un calo significativo degli episodi di cataplessia e un miglioramento della capacità di mantenere l’attenzione durante il giorno. Altri risultati incoraggianti arrivano da alixorexton di Alkermes. In questo caso, negli studi di di fase 2, la molecola ha permesso non solo di raggiungere la soglia di veglia considerata normale, ma anche di ridurre la sonnolenza percepita e i disturbi cognitivi. Anche l'azienda Centessa sta lavorando a un farmaco simile, ancora in fase più precoce di sperimentazione, con l’obiettivo di offrire una somministrazione giornaliera unica.
Se i risultati verranno confermati -specialmente quelli relativi a oveporexton che si trova in fase di sperimentazione avanzata- i primi farmaci potrebbero arrivare sul mercato a breve, segnando una svolta radicale nella cura della narcolessia. Non si tratta infatti solo di alleviare i sintomi, ma di intervenire direttamente sul meccanismo che regola la veglia. Per i pazienti questo significa essere più vicini, per la prima volta, a una terapia realmente efficace capace di restituire una vita quanto più possibile normale.