Epatite C: la scoperta che vale il premio Nobel 2020
Harvey J. Alter, Michael Houghton and Charles M. Rice vincono il premio Nobel 2020. Grazie a loro si sono poste le basi per la diagnosi e il trattamento della malattia
Premiata con il Nobel la scoperta del virus dell'epatite C. Il prestigioso premio, organizzato come di consueto dal Karolinska Institutet di Stoccolma, quest'anno è stato assegnato a Harvey J. Alter, Michael Houghton and Charles M. Rice. A loro il merito di aver identificato e isolato il virus, principale causa di cirrosi e cancro del fegato. Un passo fondamentale per lo sviluppo di test diagnostici e trattamenti antivirali.
CHE COS'E' L'EPATITE C?
L'epatite C è una malattia virale che colpisce prevalentemente il fegato. I danni a lungo termine causati dalla sua presenza sono cirrosi e carcinoma epatico. Non è un caso che in assenza di trattamenti efficaci, 6 trapianti di fegato su 10 avvenivano in persone con epatite C. Non solo, essendo un'infezione cronica le persone positive sono maggiormente predisposte a diabete, insufficienza renale e malattie cardiovascolari. Eliminare il virus è fondamentale dunque sia per il benessere generale sia per ridurre la mortalità, indipendentemente dal danno al fegato.
LE SCOPERTE DEI NOBEL
Ma se oggi la diagnosi di epatite C è molto semplice, non dobbiamo dimenticare che fino a metà degli anni '80 la malattia non aveva un nome. Ai tre Nobel va il merito di aver identificato e isolato il virus che, sino a quel momento, si sapeva esistere ma rimaneva ancora un perfetto sconosciuto. Sino al 1989 infatti l'epatite C veniva chiamata epatite non A non B. I tre scienziati premiati hanno tutti svolto un ruolo fondamentale nella scoperta: ad Harvey J. Alter va il merito di aver isolato dal sangue dei pazienti l'agente infettivo, a Michael Houghton di mettere a punto un test capace di individuare il genoma del virus e a Charles M. Rice di aver dimostrato che il virus in questione è l'agente capace di causare cirrosi e tumore.
LE RICADUTE IN CAMPO TERAPEUTICO
Partendo dalle scoperte dei tre Nobel, oggi grazie al loro importante contributo l'epatite C non fa più paura. La sfida scientifica è infatti vinta. A differenza del passato, quando le prime cure avevano successo in meno della metà dei casi e con pesanti effetti collaterali, oggi con gli antivirali ad azione diretta il virus può essere eliminato in oltre il 98% dei casi. Uno scenario inimmaginabile dalle pesanti e positive ricadute sulla salute: eliminando il virus si riduce la possibilità che il fegato evolva in cirrosi e tumore del fegato. Ma le ricadute importanti riguardano anche il campo dei trapianti di fegato. Se in passato 6 trapianti su 10 riguardavano individui con epatite C, con questi farmaci oltre il 30% delle persone in attesa di un fegato nuovo ritarda, o addirittura esce dalle liste, perché non ne ha più bisogno.
INDIVIDUARE IL SOMMERSO
Grazie a questi farmaci il sogno di eradicare la malattia, oggi, non è mai stato così alla portata. Ma di fondamentale importanza è la diagnosi precoce. Se la sfida da un punto di vista scientifico -e anche sul fronte dei costi- è vinta, ora tutto si gioca sull'individuazione delle persone da curare. Molto rimane da fare per scoprire il «sommerso», ovvero andare a intercettare le persone con epatite C che non sanno di essere stati infettati. In Italia, secondo le stime emerse da un recente rapporto di EpaC, sarebbero tra i 71 e i 130 mila.