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Oncologia

Gli effetti dell’immunoterapia variano tra uomini e donne

Le donne risultano più esposte a tossicità immuno-correlate: i dati di una revisione su Cancers evidenziano la necessità di considerare sesso e genere nella pratica clinica

Gli effetti collaterali dell’immunoterapia variano in base al sesso: le donne, in particolare, risultano più esposte a tossicità immuno-correlate. È quanto emerge nuovamente da una revisione pubblicata su Cancers. Per comprendere meglio le implicazioni di queste differenze e capire la necessità di integrare sesso e genere negli studi e nella pratica oncologica abbiamo intervistato l'autore dell'analisi, il dottor Jacopo Canzian dell'Unità di Oncologia Medica ed Ematologia dell’Humanitas Cancer Center – IRCCS Humanitas Research Hospital.

Effetti collaterali dell’immunoterapia: le differenze legate al sesso

La diversa suscettibilità di uomini e donne alle terapie oncologiche è stata riconosciuta da tempo, con un impatto significativo sulla qualità della vita, sulla risposta al trattamento e, in ultima analisi, sul successo terapeutico. Per quanto riguarda gli effetti avversi, ad esempio, la chemioterapia è stata associata a una maggiore tossicità nelle donne, incluso un rischio più elevato di eventi avversi acuti ematologici e non ematologici. I potenziali fattori biologici alla base di questi profili di tossicità specifici per sesso sono complessi e coinvolgono influenze genetiche, epigenetiche e ormonali sul funzionamento dei farmaci.

«Sappiamo che molte malattie autoimmuni, in cui il sistema immunitario attacca per errore i tessuti dell’organismo, sono molto più frequenti nelle donne. I meccanismi che portano a queste malattie assomigliano a quelli che causano alcuni effetti collaterali dell’immunoterapia, ed è per questo che le tossicità immuno-correlate si osservano più spesso nel sesso femminile. In generale, il sistema immunitario delle donne è mediamente più reattivo di quello degli uomini. Questa differenza si nota non solo nelle malattie autoimmuni, ma anche nella risposta alle infezioni e ad altri stimoli immunitari. Le ragioni sono diverse. Da un lato ci sono fattori genetici: ad esempio, alcune sequenze presenti sul cromosoma X (di cui le donne hanno due copie per ogni cellula) contribuiscono a potenziare la risposta immunitaria. Dall’altro intervengono meccanismi epigenetici, cioè regolazioni che modificano l’attività dei geni senza cambiare la sequenza del DNA, che aumentano ulteriormente l’attivazione delle cellule immunitarie. Tutto questo rende il sistema immunitario femminile, in media, più efficiente.

Dai pochi studi che hanno analizzato i dati separando uomini e donne emergono differenze importanti nella tossicità dei trattamenti. Alcune dipendono anche da fattori biologici, come il funzionamento dei reni o il metabolismo dei farmaci. Un ulteriore livello di complessità riguarda gli ormoni e il modo in cui quelli maschili e femminili influenzano in modi diversi il sistema immunitario, anche in base all’età. L’immunoterapia, inoltre, non agisce soltanto sul sistema immunitario generale, ma anche all’interno del microambiente tumorale, un punto che complica ancora di più la variabilità degli eventuali effetti collaterali» spiega Canzian.

Tossicità: perché serve considerare il sesso negli studi clinici

Una delle principali sfide nell’affrontare le differenze di sesso nella tossicità dei farmaci è la storica sotto-rappresentazione delle donne negli studi clinici, dovuta principalmente a preoccupazioni sulla salute riproduttiva e sulla possibile variabilità ormonale che potrebbe influenzare i risultati degli studi. Di conseguenza, le attuali linee guida cliniche su dosaggi e tossicità si basano in gran parte su dati provenienti da popolazioni prevalentemente maschili, creando una significativa lacuna nella comprensione degli effetti specifici per sesso delle terapie oncologiche.

Al contrario, la frequente sottostima delle tossicità negli uomini (sia per sottosegnalazione sia per differenze nella presentazione clinica) può comportare monitoraggio e gestione inadeguati. Approfondire la comprensione delle differenze specifiche di sesso negli effetti e nella tossicità dei farmaci, oltre che migliorare la loro segnalazione, è essenziale per creare trattamenti personalizzati e ottimizzare gli esiti oncologici: «Quello che ci auspichiamo per il futuro è che siano sempre più presenti dati specifici per sesso, in modo da poter studiare in modo più efficiente queste differenze.

Quando si progetta uno studio sull’immunoterapia, è fondamentale stratificare fin dall’inizio la popolazione per sesso e genere. Questo approccio permette di ottenere dati più robusti, generando evidenze scientifiche non basate su piccoli studi isolati, ma su risultati combinati provenienti da più ricerche. Nel momento in cui si scrive il protocollo di uno studio, è possibile prevedere la raccolta di informazioni specifiche, come campioni di sangue per valutare eventuali differenze nella risposta immunitaria tra uomini e donne, oppure campioni per studiare le variazioni del microbiota intestinale. Allo stesso tempo, possono essere raccolti dati anamnestici e clinici differenziati per sesso. Questa strategia consente, al termine della ricerca, di valutare se esistono differenze reali non solo nell’efficacia dei trattamenti, ma anche nella comparsa di effetti collaterali dell’immunoterapia (e di altri tipi di terapie oncologiche) tra soggetti di sesso maschile e femminile. Guardare a questi aspetti nei futuri studi clinici sarà quindi essenziale, perché potrà guidare decisioni su dosaggi personalizzati e contribuire a rendere le terapie sempre più su misura per ogni paziente. Invece, ad oggi, sono scarsi anche gli studi preclinici, condotti ad esempio su animali o modelli di organoidi, che considerano le differenze legate al sesso» commenta Canzian.

Non solo sesso, ma anche gender

Le differenze non riguardano solo il sesso dei pazienti, ma anche il genere. Per “sesso” si intendono attributi biologici come il corredo cromosomico (XX per le femmine e XY per i maschi), l’anatomia riproduttiva, i livelli ormonali e le caratteristiche sessuali secondarie. Invece, il “genere” è un concetto più ampio e complesso che comprende ruoli, comportamenti e identità plasmati non solo da fattori biologici, ma anche da influenze sociali, culturali e psicologiche.

«Quando si parla di sesso e genere, un aspetto sempre più studiato è, ad esempio, quello del microbiota intestinale, influenzato anche da fattori legati al genere. Uomini e donne possono avere stili di vita e abitudini alimentari diversi, non per motivi biologici, ma per costruzioni sociali e comportamenti acquisiti, e queste differenze possono a loro volta modificare la composizione del microbiota. Lo stesso vale per l’aderenza alle terapie: ad esempio, le donne tendono ad assumere con più costanza i farmaci rispetto agli uomini, un fattore che può incidere sull’efficacia di trattamenti che, in alcuni casi, devono essere assunti mentre si è sottoposti a immunoterapia. Altri elementi legati agli stili di vita, come l’attività fisica o il consumo di tabacco, mostrano differenze di genere e possono influenzare l’andamento della terapia.

Purtroppo, al momento i dati disponibili che integrano anche gli aspetti legati al genere sono molto limitati. Per ora, le evidenze scientifiche permettono di discutere principalmente le differenze di sesso, mentre l’analisi del genere rimane un terreno ancora poco esplorato» spiega Canzian.

Verso una oncologia inclusiva

«Oggi, la raccolta di dati prospettici divisi per sesso e genere è ancora scarsa, e questo limita la possibilità di trarre conclusioni solide sulla reale influenza di queste differenze sulle tossicità immuno-correlate. Nei prossimi anni, gli studi potrebbero fornire evidenze più solide. Conoscere meglio queste differenze potrebbe guidare una gestione più attenta dei singoli pazienti. Ad esempio, nella donna che riceve una monoterapia immunoterapica, si potrebbe monitorare con maggiore attenzione la funzionalità tiroidea, poiché sappiamo che le autoimmunità tiroidee e la presenza di autoanticorpi preesistenti sono più frequenti nel sesso femminile. Intercettare precocemente eventuali alterazioni permette di iniziare prima una terapia sostitutiva e ridurre così gli eventuali effetti tossici, migliorando l’efficacia complessiva del trattamento» conclude Canzian.

In prospettiva, integrare il sesso e il genere negli studi e nella pratica clinica potrebbe portare a decisioni più personalizzate, tenendo conto non solo della risposta biologica al trattamento, ma anche di fattori psicosociali che influenzano l’aderenza e l’esperienza complessiva della malattia, verso un’oncologia più personalizzata e inclusiva. Questo approccio potrebbe aiutare a migliorare la gestione di tutti i pazienti, rendendo le terapie oncologiche più sicure ed efficaci, indipendentemente dal sesso e dal genere.

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