Calano senza sosta i numeri della ricerca no profit nella cura del cancro. Le sperimentazioni cliniche non sponsorizzate dall’industria farmaceutica sono sempre di meno. In quindici anni -dal 2009 al 2023- sono calati del 57%, passando dal 40% al 17% del totale delle sperimentazioni autorizzate. Risultato? Meno risposte ai bisogni reali dei pazienti e meno possibilità di migliorare l’uso delle terapie già disponibili. A lanciare l'allarme sono gli oncologi dell'AIOM, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica, riuniti a Roma al congresso nazionale.
CHE COS'È LA RICERCA INDIPENDENTE?
Per arrivare a sviluppare una terapia e a commercializzarla la ricerca profit guidata dalle aziende farmaceutiche è di fondamentale importanza. Ma una volta portato sul mercato il farmaco il percorso finisce. Ed è chi qui che spesso entra in gioco la ricerca indipendente, quella che nasce dentro l’accademia, negli ospedali pubblici e nei centri cooperativi, con l’obiettivo di rispondere a domande cliniche che l’industria non esplora. Serve a capire come usare al meglio i farmaci già disponibili, come combinarli, quanto prolungare le cure e quali pazienti ne traggono reale beneficio. «In sostanza gli studi no profit -spiega Giuseppe Procopio, presidente FICOG- servono a rispondere ai bisogni clinici che l’industria non esplora e a capire come usare al meglio i trattamenti nella pratica quotidiana».
La ricerca no profit, come abbiamo raccontato in questo nostro approfondimento, Non produce profitti, ma genera conoscenza e impatto sociale. Uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology nel 2022 ha stimato che i trial oncologici no profit finanziati negli Stati Uniti abbiano generato, complessivamente, oltre 14 milioni di anni di vita guadagnati nella popolazione.
NUMERI IN PICCHIATA
Ma nonostante l'indubbio vantaggio per il malato, questo genere di ricerca si sta facendo sempre più rara a livello globale e a livello italiano. I dati presentati al congresso AIOM lasciano poco spazio alle interpretazioni: Nel 2023 in Italia sono state autorizzate 611 sperimentazioni cliniche, di cui 212 in oncologia. Solo 106 erano indipendenti, appena il 17% del totale. A rallentare il sistema sono soprattutto la scarsità di fondi e la mancanza di figure professionali strutturate: data manager, infermieri di ricerca, biostatistici, esperti di contratti e budget. Professionisti indispensabili per la gestione dei trial, ma spesso inquadrati con borse o contratti precari.
«Per arrestare il fenomeno e invertire la tendenza serve un piano nazionale che riconosca e stabilizzi queste figure. Oggi assistiamo alla migrazione di personale qualificato verso l’industria farmaceutica e le CRO, impoverendo la ricerca pubblica» spiega Francesco Perrone, presidente uscente AIOM.
LA RICERCA CHE CAMBIA IN MEGLIO LA VITA DEL MALATO
Ma in cosa consiste il vantaggio per i pazienti derivanti dalla ricerca no profit? A dimostrazione del grande valore di questo genere di approccio, al congresso AIOM sono stati presentati alcuni dati emblematici. Tra questi lo studio CASSANDRA, coordinato da Michele Reni all’Ospedale San Raffaele di Milano e interamente finanziato da cinque associazioni di pazienti, che ha coinvolto 17 centri italiani e 260 persone con carcinoma del pancreas operabile. I risultati, come abbiamo raccontato in questo nostro articolo di approfondimento allo scorso congresso dell'American Society of Clinical Oncology, hanno mostrato che iniziare la chemioterapia prima dell’intervento chirurgico con la combinazione PAXG porta a risultati migliori rispetto al regime standard mFOLFIRINOX. In particolare, il trattamento preoperatorio con PAXG ha garantito una sopravvivenza libera da eventi sfavorevoli più lunga, una maggior risposta patologica e una più alta probabilità di arrivare all’intervento con la malattia sotto controllo. Un risultato che potrebbe cambiare l’approccio terapeutico a uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare.
Un altro esempio arriva dalla Fondazione NIBIT, impegnata nello sviluppo di studi indipendenti in immuno-oncologia. Il trial NIBIT-M2, coordinato da Anna Maria Di Giacomo a Siena, ha dimostrato che la combinazione di ipilimumab e nivolumab è in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con melanoma metastatico cerebrale, rispetto alle terapie standard, cambiando la pratica clinica internazionale. Sempre a Siena, il gruppo guidato da Michele Maio sta portando avanti il trial NIBIT-ML1, che esplora l’associazione tra immunoterapia e farmaci epigenetici come la guadecitabina, per rendere i tumori più riconoscibili al sistema immunitario e superare i meccanismi di resistenza.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI
Ecco perché, oggi più che mai, occorre invertire questa tendenza. Ma per sostenere la ricerca indipendente serve però un impegno concreto anche da parte delle istituzioni. Negli ultimi anni l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha finanziato quasi 300 studi no profit per un totale di circa 160 milioni di euro, promuovendo bandi dedicati alle aree oncologiche più rilevanti. Solo nel 2024 sono stati stanziati 7,5 milioni di euro per progetti sui tumori del polmone, del rene e del fegato.
«Sono passi avanti importanti ma ancora insufficienti rispetto al potenziale della ricerca indipendente nel nostro Paese. Serve un piano strutturale che garantisca continuità ai finanziamenti e valorizzi le competenze di chi lavora in questo settore. Solo così potremo dare risposte concrete ai bisogni clinici che il mercato, da solo, non riesce a soddisfare» conclude Perrone.


