I PROGETTI

La ricerca promossa da Fondazione Umberto Veronesi ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita.

Ad ogni risultato raggiunto corrisponde non solo la soluzione più utile e innovativa a un interrogativo scientifico, ma anche una nuova speranza per chi soffre, nuove prospettive di una vita migliore che incidono sulla famiglia, sul mondo del lavoro, sulla società intera.

Il progresso scientifico non si alimenta senza ricerca. Per questo motivo Fondazione Umberto Veronesi investe energie e fondi, e condivide con studiosi autorevoli importanti iniziative che possano aprire le porte al futuro. Per raggiungere questi obiettivi, ogni anno sosteniamo progetti di ricerca di elevato profilo scientifico e ampia ricaduta sulla salute pubblica, nel campo dell’oncologia e della prevenzione delle malattie croniche.

Analisi dei profili genetici nelle pazienti con tumore al seno HER2+HR+ in fase iniziale: studio TOUCH

Obiettivo del progetto

Valutare la migliore terapia per pazienti con tumore al seno positivo ai recettori ormonali (HR) e alla proteina HER2, sulla base di caratteristiche “firme genetiche” di ciascun tumore.

Dove svilupperanno il progetto

Azienda USL Toscana Centro, Ospedale di Prato

Altri centri coinvolti

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano
ETOP IBCSG Partners Foundation, Berna (Svizzera)

Il progetto

Circa metà dei tumori al seno positivi per il marcatore detto HER2 (HER2+) è positiva anche per i recettori ormonali (HR+). In questi tumori HER2+HR+ una strategia efficace può essere colpire con farmaci specifici alcuni meccanismi molecolari (come quelli legati alle proteine CDK4/6) senza ricorrere a chemioterapie più generiche e pesanti. Tuttavia è opportuno identificare i casi in cui questo approccio possa essere davvero efficace. È stato osservato come il livello di “accensione” del gene RB1 nei tumori HER2+HR+ sia correlato a una migliore o peggiore risposta a ciascuna terapia: le pazienti in cui RB1 è molto attivo mostrano resistenza ai farmaci che inibiscono CDK4/6 e hanno una migliore risposta alla chemioterapia; un basso livello di attivazione di RB1 predice invece una migliore risposta agli inibitori di CDK4/6 e una scarsa risposta alla chemio. Lo studio TOUCH rappresenta un trial clinico randomizzato e multicentrico per confrontare chemioterapia e inibitori di CDK4/6 (ad esempio palbociclib) in pazienti con tumori al seno HR+/HER2+ in fase iniziale. L'obiettivo è quello di mettere a punto schemi terapeutici ottimali in base alle caratteristiche di ogni tumore.

CDK12 come marcatore prognostico per il tumore metastatico del seno

Obiettivo del progetto

Verificare se la molecola CDK12 è in grado di predire la risposta alle terapie convenzionali e funzionare come bersaglio molecolare per lo sviluppo di nuove terapie in grado di migliorare la prognosi delle pazienti affette da tumore metastatico della mammella.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Partecipanti

Marco Colleoni
Salvatore Pece

Anche se il carcinoma del seno in fase metastatica non dispone di una cura definitiva, può essere comunque trattato e tenuto sotto controllo mediante un mix di chemioterapici denominato CMF (Ciclofosfamide, Metotrexate, 5-Fluorouracile) e, recentemente, grazie all’immunoterapia. Tuttavia, questi trattamenti migliorano la prognosi e le aspettative di vita solo in circa il 30% delle pazienti. Alcuni recenti studi preclinici indicano CDK12 (Cyclin-dependent kinase 12), proteina coinvolta nel processo di divisione e proliferazione delle cellule tumorali, come possibile fattore in grado di predire la risposta alle terapie nei tumori mammari metastatici. Questo progetto è uno studio clinico di fase II che vuole confrontare il livello di CDK12 nei tumori delle pazienti arruolate (circa 100) e la loro risposta alla terapia CMF (al tempo di ricaduta della malattia e la sopravvivenza oltre i 5 anni dalla diagnosi), per verificare se le variazioni nella quantità di CDK12 corrispondano effettivamente a una peggiore prognosi. Inoltre, i tumori con alti livelli di CDK12 verranno studiati per stabilire se, oltre a rappresentare un marcatore prognostico, CDK12 possa servire anche da bersaglio molecolare per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche mirate.

Salvaguardare la biodiversità vegetale in ottica One Health

Obiettivo del progetto

Identificare meccanismi che migliorino la sopravvivenza delle piante da agricoltura in situazioni climatiche estreme, nell’ottica di preservare la salute globale.

Dove svilupperà il progetto

Università degli Studi di Milano


È ormai evidente che la salute del pianeta nel suo complesso sia condizione necessaria anche per la salute degli esseri viventi, uomo compreso. Questo approccio è definito One Health. La biodiversità negli ambienti naturali è fondamentale per la salute globale del pianeta e per mitigare eventi estremi come alte temperature, siccità o inondazioni. La biodiversità vegetale ha un ruolo di primo piano, e non va sottovalutato l’impatto dell'agricoltura: il12,6% della superficie terrestre è adibito alla coltivazione umana, che consuma più del 70% dell’acqua dolce disponibile ma è tra le principali vittime del cambiamento climatico. Sono quindi necessari studi più approfonditi per comprendere come le piante possano rispondere in modo più efficace alla siccità. Gli obiettivi del progetto sono, a partire dall’organismo modello della pianta Arabidopsis thaliana, caratterizzare i meccanismi per sopravvivere o ottimizzare la crescita in situazioni di siccità, per capire come migliorare la resilienza di specie selezionate per l’agricoltura con risorse idriche limitate. In parallelo, le stesse analisi verranno eseguite anche sulla coltura del cotone, per identificare potenziali meccanismi di difesa contro le condizioni ambientali più estreme.

Screening genetico intensivo per il gene CDH1 nella sindrome del cancro ereditario a stomaco e mammella

Obiettivo del progetto

Valutare la frequenza di mutazioni patologiche nel gene CDH1 nella sindrome del cancro ereditario allo stomaco e del cancro al seno lobulare.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Altri centri coinvolti

Gruppo Italiano di Ricerca sul Tumore Gastrico Chirurgia generale e oncologica Università di Siena
PATH Biobank Monaco di Baviera, Germania
IPATIMUP & I3S University of Porto, Portogallo

Mutazioni nel gene CDH1 sono associate a un aumento del rischio, pari al 70%, di sviluppare tumore gastrico diffuso ereditario. Al contempo, nelle donne, queste mutazioni sono legate a un aumento del rischio di tumore al seno lobulare pari al 40%. Tuttavia, La frequenza complessiva con cui queste mutazioni del gene CDH1 compaiono in queste patologie è ancora sconosciuta. Obiettivo del progetto sarà valutare questa frequenza di mutazione avvalendosi di metodi avanzati di screening genetico. Il progetto, multicentrico e internazionale, prevede la raccolta di campioni dei pazienti insieme alla loro storia clinica, e l’analisi attraverso tecnologie di sequenziamento di nuova generazione. Verrà anche offerto un servizio di consulenza genetica e un programma di sorveglianza medica personalizzato. Ad oggi sono già stati arruolati 243 pazienti e si arriverà a un totale di 500. I risultati aiuteranno a comprendere meglio i meccanismi molecolari legati alle mutazioni nel gene CDH1 nella progressione del cancro, utilizzando queste conoscenze per migliorare la gestione clinica dei pazienti e dei portatori asintomatici con mutazioni pericolose.

Cellule tumorali circolanti: nuovi strumenti di diagnosi precoce e terapia per prevenire le recidive nel tumore al seno

Obiettivo del progetto

Aprire un nuovo laboratorio di ricerca traslazionale sulle cellule tumorali circolanti, per sviluppare metodi diagnostici non invasivi e identificare nuovi bersagli terapeutici per la prevenzione delle recidive nel tumore al seno.

Dove svilupperà il progetto

IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

Altri centri coinvolti

Istituto Clinico Humanitas, Milano
Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano IFOM-IEO Campus, Milano
RareCyte Inc., Seattle, USA

La principale causa di morte per cancro è la formazione di metastasi: questo vale anche per il tumore al seno, che metastatizza soprattutto a livello di ossa, polmone, cervello e fegato. Le metastasi nascono generalmente a partire da cellule tumorali circolanti (CTC), ovvero cellule che si staccano dal tumore e migrano attraverso il circolo sanguigno ad altre parti del corpo. In pazienti con tumore mammario in fase non avanzata, il rilevamento delle CTC si sta rivelando uno strumento utile per la diagnosi precoce. È stato inoltre osservato che gli aggregati di CTC sono in grado di sopravvivere meglio nel circolo sanguigno e di avere una maggiore capacità di formare metastasi rispetto ad altre cellule tumorali: possono quindi rappresentare un bersaglio terapeutico efficace. Questo progetto indagherà le caratteristiche delle CTC, con diversi obiettivi: sviluppare metodi di indagine diagnostica non invasivi e più accurati, accessibili a un numero più ampio di soggetti a rischio; individuare marcatori per monitorare la risposta del tumore ai trattamenti e sulla base dei quali modificare il protocollo di cura; individuare nuovi bersagli terapeutici e molecole farmacologiche per prevenire la formazione di metastasi.

Diagnosticare precocemente le metastasi di tumore al seno

Obiettivo del progetto

Validare un metodo di diagnosi precoce delle metastasi da tumore al seno invasivo attraverso una specifica risonanza magnetica total body.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Partecipanti

Marco Colleoni, Giuseppe Petralia, Massimo Bellomi, Paolo Veronesi, Viviana Galimberti, Mattia Intra, Mario Rietjens, Enrico Cassano, Gabriella Pravettoni, Ketti Mazzocco

Il carcinoma mammario è il tumore più frequente tra le donne al mondo. Nonostante i grandi passi avanti compiuti nella sua cura, il 20% circa delle pazienti muore a 10 anni dalla diagnosi; la principale causa di morte non è il tumore primario, ma le metastasi. È quanto mai necessario, quindi, identificare strategie di follow-up dopo il trattamento del primo tumore onde identificare con tempestività ricadute e metastasi, tenendo conto del tipo di tumore al seno, ad esempio positivo a HER2 o triplo negativo, che differiscono in termini di tempi di recidiva e diffusione metastatica. La risonanza magnetica diffusion whole body sta emergendo come uno strumento promettente per il rilevamento delle metastasi e il monitoraggio della terapia in diversi tipi di tumore e potrebbe essere uno strumento importante per il riscontro precoce di metastasi da carcinoma mammario. Obiettivo del progetto, denominato fREEDOM, è verificare, in donne con carcinoma mammario invasivo, se il follow-up annuale con risonanza magnetica diffusion whole body porti a una diminuzione del rischio di morte a 5 anni nelle pazienti analizzate, rispetto a pazienti seguite con metodi radiologici standard

Tumore al seno e sindrome genito-urinaria: nuove prospettive farmacologiche

Obiettivo del progetto

Valutare attraverso un trial clinico l’efficacia dell’utilizzo del prasterone contro la sindrome genito-urinaria nelle donne con una pregressa diagnosi di tumore al seno.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Partecipanti

Dorella Franchi, Elisabetta Munzone, Manuelita Mazza, Gabriella Pravettoni, Eleonora Petra Preti, Ailyn Vidal Urbinati, Anna Daniela Iacobone, Ida Pino, Maria Elena Guerrieri, Ludovica Scotto, Ketti, Elena Mazzocco, Vincenzo Bagnardi, Chiara Casadio, Emanuela Omodeo Salé, Costantino Jemos, Atanasio Nonis, Serena Detti, Abbondanza Montinaro, Emanuela Mazzella, Maria Luisa Paradiso

La sindrome genito-urinaria (GSM) è un problema comune per le donne in menopausa, con una particolare gravità nelle donne con pregresso carcinoma mammario o in trattamento con terapia endocrina. Si tratta di una condizione che impatta negativamente sulla qualità di vita, causando compromissione della sessualità e difficoltà nella vita relazionale, con aumento di ansia e depressione. Il prasterone per via vaginale è un farmaco che agisce con poco o nessun rilascio di ormoni nella circolazione sanguigna. Può essere quindi un buon candidato da usare anche nelle donne con pregressa diagnosi di carcinoma mammario per alleviare i sintomi della GSM, ma sono necessari maggiori studi per offrire la migliore posologia nelle pazienti oncologiche. Lo scopo di questo progetto, denominato studio PROPOSE, è condurre un trial clinico per valutare l'attenuazione dei sintomi vaginali e urinari più fastidiosi, e secondariamente anche il miglioramento della funzione sessuale e dell'umore, nell’ottica di garantire un’ottima qualità della vita alle donne dopo una diagnosi di tumore al seno.

Prevenzione secondaria del tumore al seno: strategie integrate e personalizzate

Obiettivo del progetto

Mettere a punto strategie personalizzate di prevenzione secondaria del tumore al seno con un approccio integrato, personalizzato e di medicina di precisione.

Dove svilupperà il progetto

IFC-CNR di Pisa

Partecipanti

L’elenco completo di ospedali e centri diagnostici aderenti si trova sul sito www.pinkstudy.it

La diagnosi tempestiva dei tumori della mammella permette non solo una cura meno invasiva e meno costosa, ma anche una riduzione di mortalità; tuttavia questa può anche comportare sovra-diagnosi, sovra-trattamento e insostenibili costi economici e sociali. Date queste premesse, lo Studio P.I.N.K. vuole indagare le migliori forme di diagnostica e prevenzione secondaria del tumore al seno (mammografia, ecografia, tomosintesi o una loro combinazione) personalizzandole in base alle caratteristiche personali di ogni donna. In aggiunta, il progetto sfrutterà l’alto numero di donne reclutate per svolgere un’indagine nutrizionale, per la creazione di una biobanca di imaging e per un’analisi delle radiazioni impiegate. L’indagine nutrizionale potrebbe aprire nuove correlazioni tra stile di vita e rischio di specifiche forme di tumore, da usarsi come bussola sia per la prevenzione primaria sia per stabilire la prevenzione secondaria più efficace. La creazione di una biobanca di immagini e informazioni cliniche rappresenta uno strumento preziosissimo per la ricerca epidemiologica e clinica. L’analisi delle radiazioni permetterà una valutazione costi/benefici di eventuali danni da radiazioni rispetto a maggiore precisione e tempestività diagnostica. Globalmente, l’ampliamento apporta maggiore precisione e specificità nell’approccio di diagnostica integrata messa a punto nella prima parte del progetto, sempre più nella direzione della medicina personalizzata e di precisione

Nuove frontiere di ricerca tra medicina rigenerativa e fecondazione assistita

Obiettivo del progetto

Approfondire due ambiti di ricerca nella medicina riproduttiva, incentrati su cellule staminali da cordone ombelicale e potenziamento della procreazione assistita.

Dove svilupperà il progetto

Università degli Studi di Pavia

La ricerca nel campo della riproduzione presenta enormi potenzialità per la nostra salute: questo progetto si concentrerà su due specifiche tematiche in questo ambito. La prima riguarda l’uso delle cellule staminali: quelle embrionali, ideali per la loro capacità di differenziarsi in tutti i tipi cellulari, sono vincolate da considerazioni etiche. Negli ultimi anni sono state scoperte nel sangue del cordone ombelicale cellule molto simili, chiamate Very Small Embryonic Like (VSEL), dalle grandi possibilità di impiego senza problemi etici. Il progetto intende caratterizzare le VSEL, ottimizzarne la metodica di isolamento, di coltura e di ottenimento di diversi tipi cellulari. La seconda linea di ricerca mira al potenziamento della resa di zigoti vitali nelle tecniche di riproduzione assistita. Lo zigote è la cellula uovo fecondata, e la sua buona qualità è premessa necessaria per il successo della procreazione assistita soprattutto nelle pazienti fragili, ad esempio oncologiche o immunodepresse. È una necessità etica poter identificare le cellule uovo competenti allo sviluppo embrionale prima di effettuare un trattamento di fecondazione assistita. L’obiettivo della ricerca è sviluppare metodi non invasivi per distinguere gli oociti competenti a sostenere l’intero processo di sviluppo embrionale da quelli associati a una bassa probabilità di attecchire.

Atezolizumab, vinorelbine e cyclophosphamide nel tumore al seno triplo negativo: studio AZALEA

Obiettivo del progetto

Valutare l’efficacia globale di una terapia farmacologica combinata nel trattamento di tumori al seno triplo negativi, sia localmente avanzati che metastatici.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano, Ospedale S. Gerardo, Monza, Spedali Civili, Brescia, Ospedale Perrino, Brindisi 

I tumori triplo negativi rappresentano circa il 15-20% di tutte le nuove diagnosi di tumore al seno, e sono così chiamati perché le cellule maligne non espongono sulla superficie nessuna delle tre molecole che possiamo attualmente colpire con farmaci specifici: i recettori per estrogeni, i recettori per progesterone o la proteina HER2. Per questo motivo si tratta di tumori mammari particolarmente complessi da curare, e associati a una prognosi peggiore soprattutto se diagnosticati in fase tardiva. AZALEA è uno studio clinico multicentrico di fase II che punta a valutare l’efficacia di una terapia combinata di tre farmaci (atezolizumab, vinorelbine e cyclophosphamide) nel trattamento del tumore al seno triplo negativo in stadio avanzato, sia ancora localizzato sia metastatico. Verranno analizzati parametri come la sicurezza della terapia combinata, la sopravvivenza globale e quella libera da progressione della malattia, e la durata della risposta alla terapia. Parallelamente verranno investigate anche alcune caratteristiche biologiche, come l’attivazione di alcune cellule immunitarie nel sangue e nei tessuti delle biopsie, prima e dopo il trattamento farmacologico.

Nanotecnologie per il trasporto di sostanze citotossiche nella cura dei tumori cerebrali

Obiettivo del progetto

Sviluppare nuove formulazioni di nanovettori per il trasporto selettivo ed efficiente di farmaci nel trattamento dei gliomi cerebrali.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Milano)

Partecipanti

Lorena Passoni, Marco Pizzocri, Matteo Tamborini, Eliana Lauranzano (Laboratory of Pharmacology and Brain Pathology, Istituto Clinico Humanitas), Francesco Cellesi (Politecnico di Milano)

I tumori cerebrali sono tra le neoplasie con peggior prognosi. La sopravvivenza media a 5 anni dei pazienti affetti da glioblastoma (GBM) è inferiore al 10%. Anche nei casi in cui gli schemi terapeutici intensivi consentono di curare il 70-75% dei casi, come nel medulloblastoma (MB), la guarigione è spesso legata a sequele tardive. L’incapsulamento di molecole in particelle di dimensioni nanometriche (nanovettori) consente di migliorare le caratteristiche farmacologiche di un principio attivo. In particolare, la nanoformulazione dei chemioterapici permette di veicolarli selettivamente al sito tumorale, riducendo gli effetti collaterali e la dose necessaria. Obiettivo del progetto sarà sviluppare una strategia terapeutica per il trattamento del GBM e del MB, basata sull’uso di terapie convenzionali (radioterapia, chemioterapia) combinate a nanovettori. In particolare, si studieranno dei metodi per aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica ai nanovettori, così da garantire una quantità efficace del principio attivo al sito tumorale. Verranno inoltre studiate delle molecole efficaci contro le cellule di GBM e MB da incapsulare nei nanovettori, sia come agente singolo che in combinaazione, oltre a nuove strategie per aumentare la selettività dei nanovettori

Ricerca di marcatori prognostici genomici per il tumore alla prostata

Obiettivo del progetto

Studiare le alterazioni genomiche delle cellule staminali nel tumore prostatico, per definire una “firma molecolare” che identifichi gruppi di pazienti con diversa prognosi.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Partecipanti

Salvatore Pece, Ottavio de Cobelli

A causa dell’elevata variabilità genica delle cellule cancerose all’interno di ciascun tumore alla prostata, per un medico è difficile definire a priori come potrà evolvere la malattia e stabilire quale possa essere il migliore percorso terapeutico per ogni singolo paziente. Attraverso analisi genomiche condotte su un alto numero di pazienti, il progetto si prefigge di individuare delle “firme molecolari” (ossia un set di caratteristiche genomiche peculiari) che possano predire l’aggressività del tumore prostatico. Gli obiettivi saranno identificare i pazienti con maggior rischio di ripresa di malattia dopo i trattamenti standard in modo da predisporre interventi terapeutici ad hoc, e definire percorsi terapeutici mirati per gruppi di pazienti con specifiche alterazioni geniche. In particolare, le analisi genomiche verranno condotte sul comparto delle cellule staminali tumorali, un sottotipo di cellule all’interno del tumore dotate di elevata capacità rigenerativa e resistenza alle attuali terapie.

Rischio di leucemia secondaria in pazienti guariti da tumore

Obiettivo del progetto

Identificare le alterazioni genetiche ereditarie o acquisite che espongono a un maggior rischio di leucemia nei sopravvissuti a un tumore precedente.

Dove svilupperà il progetto

Istituto Europeo di Oncologia (IEO), Milano

Partecipanti

IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano, Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, Istituto Nazionale dei Tumori “Fondazione G. Pascale”, Napoli, Istituto Clinico Humanitas, Milano

Come conseguenza dell’allungamento della vita media che determina un incremento dell’incidenza dei tumori, ma anche grazie al miglioramento delle cure, i pazienti guariti da tumore sono in continuo aumento: solo in Italia sono oltre un milione. Sfortunatamente, a causa delle terapie eseguite per il tumore iniziale, i sopravvissuti a un tumore, sia adulti che bambini, hanno un rischio più elevato di sviluppare anemia, sindromi mielodisplastiche e leucemie che spesso non sono diagnosticate o lo sono troppo tardi e rappresentano una sfida per la qualità della vita e la sopravvivenza delle persone guarite da tumore. Purtroppo non sono ancora disponibili test per prevedere il loro sviluppo. Questo studio si propone di analizzare il DNA di 2000 sopravvissuti al tumore per evidenziare alterazioni geniche ereditarie o acquisite al fine di mettere a punto un test genetico per la predizione del rischio e la diagnosi precoce di malattie ematologiche secondarie. Verrà inoltre studiata la relazione tra ambiente e geni nei singoli individui. L’identificazione di fattori genetici ereditari e non-ereditari alla base del rischio di leucemie secondarie può essere poi esteso a tutte le leucemie fornendo elementi per la prevenzione.

Colpire il microambiente tumorale per trattare il melanoma uveale

Obiettivo del progetto

Valutare un approccio farmacologico che blocca la comunicazione tra cellule maligne e microambiente tumorale nel trattamento del melanoma uveale.

Dove svilupperà il progetto

Università degli Studi di Brescia

Il melanoma è un tumore a carico delle cellule pigmentate del corpo chiamate melanociti. In rari casi, circa 400-500 ogni anno in Italia, questa neoplasia può colpire alcune zone dell’occhio come l’iride: in questo caso prende il nome di melanoma uveale. Questo tumore ha una prognosi infausta in circa 1 paziente su 3, spesso a causa della formazione di metastasi al fegato: a questo stadio non esiste una terapia farmacologica efficace e pertanto occorre individuare nuove strategie di cura. Le cellule del melanoma uveale sono in grado di dialogare col microambiente, cioè l’insieme di cellule che circondano il tumore stesso: fibroblasti, cellule dei vasi sanguigni e del sistema immunitario. Questo dialogo comporta alterazioni del microambiente e favorisce la crescita del tumore e la sua diffusione metastatica. Obiettivo del progetto sarà valutare un nuovo approccio farmacologico che, bloccando selettivamente una molecola chiamata FGF, sia in grado di bloccare la crescita e la diffusione del melanoma uveale agendo a livello della comunicazione tra tumore e microambiente.

Protocollo di gestione integrata ospedale-territorio per i pazienti affetti da COVID-19

Obiettivo del progetto

Sviluppare criteri condivisi di gestione dei pazienti con COVID-19 per ottimizzare i ricoveri ospedalieri e rafforzare la medicina del territorio.

Centri coinvolti

ASST Lecco, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda (Milano)

Altri centri coinvolti

ASST Rhodense, Presidi di Rho e Garbagnate (Milano), ASST Fatebenefratelli-Sacco (Milano), Policlinico San Matteo (Pavia), ASST Melegnano e della Martesana (Milano), Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Milano) ASST Lodi

Il virus SARS-Cov-2 ha contagiato decine di milioni di persone in tutto il mondo causando milioni di morti. Il 99% dei casi, tuttavia, è stato riportato come lieve e l’1% come serio o critico. Uno dei problemi nella gestione della pandemia in Italia è stata la rapida saturazione degli ospedali. Tuttavia, è emerso che non tutte le persone ospedalizzate ne avevano necessità. Molti pazienti necessitano di un monitoraggio limitato e se ricoverati possono affollare in modo ingiustificato gli ospedali. È necessario pertanto coinvolgere i medici di medicina generale per la stratificazione del rischio dei pazienti COVID-19 con parametri definiti per decidere se predisporre il ricovero; stabilire dei criteri di follow up domiciliare coordinando il medico di medicina generale e l’ospedale. Un percorso così definito permetterebbe di raggiungere una diagnosi precoce, facilitare l’isolamento, il tracciamento e il contenimento dei focolai, e trattare al domicilio i casi lievi. Le strutture e network telematici di supporto potrebbero inoltre rimanere attive anche alla fine della pandemia rinforzando tutta la “medicina del territorio”.

Biopsia liquida per la diagnosi precoce dei tumori in persone con mutazioni su BRCA

Obiettivo del progetto

Utilizzare la biopsia liquida per cercare marcatori tumorali diagnostici e prognostici in pazienti con tumori al seno e alle ovaie e portatrici di mutazioni nei geni BRCA.

Dove svilupperà il progetto

Università degli Studi dell’Insubria, Varese

Le persone portatrici di mutazioni nei geni BRCA hanno un rischio elevato di sviluppare tumori, soprattutto a seno e ovaie, e devono quindi seguire impegnativi protocolli di controlli e follow-up. Sono quindi necessari strumenti per una diagnosi della malattia tumorale ex novo, ma anche per una eventuale tempestiva diagnosi di ricaduta. La biopsia liquida è un esame in cui si cercano biomarcatori di una malattia tumorale in liquidi biologici, ottenuti con metodiche non invasive come un prelievo di sangue o urine. La rilevazione dei biomarcatori può indicare la presenza di malattia prima degli esami strumentali, contribuire a una migliore prognosi e a suggerire nuove linee di intervento terapeutico. I biomarcatori analizzati attraverso biopsia liquida vengono indagati ricercando piccole vescicole (chiamate esosomi), micro RNA e DNA rilasciati dalle cellule tumorali nel circolo sanguigno. Scopo del progetto è raccogliere campioni di sangue di pazienti portatrici di mutazioni su BRCA1 e BRCA2 durante le visite di follow-up, analizzare il DNA tumorale circolante e identificare marcatori o mutazioni aggiuntive che siano predittive di precoce insorgenza o ripresa di malattia.

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