A trentaquattro anni Silvia ha affrontato un tumore al seno e da allora sostiene la ricerca attraverso lo sport. Nel 2021, in sella alla sua bici, ha completato l’“Everesting”, scalando per ventisette volte la stessa salita fino a raggiungere un dislivello di 8.848 metri, pari all’altezza dell’Everest. Quell’impresa ha permesso di raccogliere fondi per la ricerca sui tumori femminili.
Quest’anno, il 13 settembre, pedalerà per 24 ore per raggiungere il massimo dislivello con un obiettivo preciso: sostenere la ricerca sui tumori pediatrici.
Dopo l’Everest, Silvia vuole andare “oltre le nuvole”. Ascoltiamo la sua storia.
LA SOLIDARIETÀ DI SILVIA
«Aver raggiunto il dislivello dell’Everest in sella alla mia bici non è per me solo una soddisfazione sportiva. Ho voluto dare a quell’impresa un significato, legandola a una raccolta fondi per Fondazione Umberto Veronesi, dedicata alla ricerca sui tumori femminili. Quell’esperienza mi ha regalato emozioni fortissime e ha portato a raccogliere quasi 14 mila euro. Ho deciso di affrontare questa sfida a favore della ricerca come segno di riconoscimento.
IL TUMORE IN GIOVANE ETÀ
All’età di 34 anni, infatti, mi è stato diagnosticato un carcinoma mammario che già al primo ago aspirato risultava di quattro centimetri. È cresciuto velocemente, e nonostante i primi cicli di chemioterapia, non si è ridotto. Ho così affrontato un’operazione demolitiva e una dissezione ascellare. Le terapie sono state durissime e dopo soli due mesi e mezzo dalla fine trattamenti, alla prima visita di controllo, la malattia era già tornata con una forma diversa e progressiva. A quel punto ho effettuato un’indagine genetica. Il test ha evidenziato una mutazione BRCA1 positiva che espone a un rischio aumentato di sviluppare tumore al seno e alle ovaie.
UNA DECISIONE DIFFICILE
Dopo una lunghissima riflessione, all’età di quarant’anni, ho deciso di sottopormi a una seconda mastectomia nell’altro seno, allora sano, e di rimuovere ovaie e Tube. Quella è stata una scelta difficilissima, ma per me fondamentale. Volevo vivere, non solo sperare di vivere.
La ricerca mi ha dato la possibilità di arrivare a questa decisione. Ho potuto scegliere di guardare il mondo a colori, trasformando le situazioni difficili in un nuovo modo di affrontare la vita.
UNA LEZIONE DALLO SPORT
Lo sport e la montagna sono stati decisivi perché mi hanno insegnato che gli ostacoli non sono mai un motivo per arrendersi: la cima rimane sempre l’obiettivo, così come nella vita quotidiana, dove ciascuno affronta le proprie salite. Io sono nata come podista, su lunghe distanze, abituata a confrontarmi con la fatica fisica e mentale. Il paragone con lo sport è diventato il mio strumento per affrontare la malattia. Ogni chemioterapia conclusa era come avvicinarsi al traguardo di una gara: “meno due, meno tre”, proprio come i chilometri che mancano alla fine di una corsa.
La mia squadra, in quel momento, non era formata da allenatore e compagni, ma da medici, infermieri, volontari. Con loro ho affrontato l'intero percorso.
UNA NUOVA SFIDA PER I BAMBINI
Quest’anno per me è particolare: compio 50 anni. Ogni compleanno, da un po’ di anni, non è mai scontato, ma rappresenta un grande traguardo che mi fa dire “anche quest’anno ce l’ho fatta”. Inoltre, una cifra tonda come il mezzo secolo spinge a guardarsi indietro. Ho realizzato tanto, ma c’è un vuoto. La malattia mi ha tolto la possibilità di avere figli. Non mi chiedo “perché a me”, ma piuttosto “cosa posso fare per gli altri”. Così quest’anno dedico la raccolta fondi ai tumori pediatrici. I bambini sono il nostro futuro, hanno il diritto di vedere solo colori nella vita. Vorrei che la ricerca per loro facesse passi avanti concreti.
SILVIA OLTRE LE NUVOLE
Quest’anno, unendo ancora sport e solidarietà, ho deciso di andare “oltre”. La mia nuova sfida sarà pedalare per 24 ore sulla stessa salita: quella di Broglina – nei pressi di Ivrea – , la mia salita del cuore, su cui ho completato l’Everesting nel 2021. Quest’anno, da mezzanotte a mezzanotte del 13 settembre, salirò e scenderò senza sosta, per raggiungere il massimo dislivello possibile in quel lasso di tempo. Alla fine sapremo qual è stato il risultato: non è un obiettivo prefissato, ma una sfida contro il tempo e contro me stessa, per sostenere il futuro dei nostri bambini. Perché se l’Everest l’ho già raggiunto, adesso voglio andare oltre. Oltre le nuvole.