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Carboidrati: nemici o amici?

Pasta, legumi e cereali, fonti di carboidrati per una dieta equilibrata.

Carboidrati e tumori: esiste un legame?

I carboidrati sono una componente fondamentale della nostra alimentazione, costituendo la fonte energetica principale per la maggior parte delle nostre cellule. Tuttavia, negli ultimi anni, si è discusso molto sul loro ruolo in relazione al rischio di sviluppare tumori. In particolare, l'attenzione si è focalizzata sugli zuccheri semplici, sull'indice glicemico degli alimenti e sul cosiddetto effetto Warburg.

15%

è il limite quotidiano di zuccheri rispetto all’apporto energetico totale che,  secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), sarebbe opportuno non superare.

30g

è la quantità di zucchero presente in una lattina di Cola o aranciata da 330 ml, che corrispondono a 6 cucchiaini.

45-60%

è la percentuale di energia quotidiana che dovrebbe essere fornita dai carboidrati, per lo più complessi, secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana.

Carboidrati e tumori: cosa dice la scienza

I carboidrati sono una classe di molecole, anche molto diverse tra loro per struttura e dimensioni, formate da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Dal punto di vista nutrizionale si può parlare di: carboidrati disponibili, che vengono digeriti, assorbiti nell’intestino tenue e utilizzati nei processi metabolici; carboidrati non disponibili e fibra, che arrivano non digeriti fino al colon dove vengono fermentati dal microbiota intestinale. Tra i disponibili, quelli comunemente definiti zuccheri come il glucosio, il saccarosio, il fruttosio o il lattosio, si possono trovare naturalmente nei cibi o essere aggiunti nelle preparazioni industriali.  Le cellule della maggior parte dei nostri organi e tessuti utilizzano il glucosio come principale fonte di energia, per cui la sua biodisponibilità è importante. Le cellule tumorali in genere mostrano rapidi tassi di crescita e moltiplicazione rispetto alle cellule normali, rendendo necessario un apporto di energia altrettanto rapido. Ciò ha portato all'ipotesi che un consumo eccessivo di zuccheri possa favorire la crescita dei tumori.

L’effetto Warburg: il metabolismo alterato delle cellule tumorali

Le cellule sane trasformano il glucosio in energia principalmente attraverso un meccanismo altamente efficiente chiamato respirazione cellulare, poiché utilizza ossigeno. Negli anni ’20 del Novecento, il biochimico Otto Warburg osservò un comportamento peculiare nelle cellule tumorali: nonostante la disponibilità di ossigeno, queste cellule tendevano a ricavare energia principalmente attraverso la glicolisi anaerobica, un processo meno efficiente rispetto alla respirazione cellulare ma che produce energia più rapidamente e in più, producendo acido lattico, acidifica l’ambiente circostante il tumore, ostacolando le difese immunitarie e creando un ambiente favorevole alla proliferazione cellulare e alla resistenza alle cure. Questo fenomeno, noto come effetto Warburg, rappresenta una delle principali differenze metaboliche tra cellule sane e cellule cancerose.

Questa caratteristica metabolica è stata considerata per anni una semplice curiosità biochimica, ma oggi è riconosciuta come un meccanismo chiave del cancro.

L’effetto Warburg ha anche importanti implicazioni cliniche. Ad esempio, viene sfruttato nelle tecniche diagnostiche come la PET (tomografia a emissione di positroni), che utilizza un tracciante radioattivo del glucosio per individuare le aree del corpo in cui le cellule utilizzano il glucosio in modo anomalo, permettendo così di localizzare i tumori. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che colpire il metabolismo alterato delle cellule tumorali potrebbe aprire nuove strade per lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative. La ricerca è ancora in corso, ma l’interesse verso il metabolismo del cancro continua a crescere, offrendo nuove prospettive nella lotta contro i tumori​.

È importante sottolineare che, nonostante queste differenze nel metabolismo del glucosio tra cellule normali e tumorali, gli studi epidemiologici non hanno fornito evidenze convincenti di un'associazione diretta tra l'assunzione alimentare di zuccheri e lo sviluppo del cancro, ma piuttosto di una correlazione indiretta, poiché un loro consumo eccessivo può contribuire al sovrappeso e all’obesità e alla resistenza all’insulina, che sono condizioni associate ad un aumento di rischio per diversi tipi di tumori tra cui quello al seno e al colon retto.

Per questo motivo le linee guida sottolineano l’importanza di moderare l’assunzione di zuccheri semplici con la dieta, limitandosi a quelli naturalmente presenti nei cibi come frutta, verdura e latticini e preferendo le fonti di carboidrati complessi, come i cereali, in particolare integrali. Il glucosio è essenziale per tutte le cellule del corpo, non solo per quelle tumorali. Anche eliminando completamente gli zuccheri dalla dieta, l'organismo è in grado di produrre glucosio a partire da grassi e proteine per soddisfare le esigenze energetiche.

Indice e carico glicemico

L’indice glicemico (IG) e il carico glicemico (CG) degli alimenti si riferiscono rispettivamente alla velocità con cui un alimento fa aumentare la glicemia (cioè il livello di glucosio nel sangue) e alla qualità e quantità di carboidrati presenti in una porzione di cibo.

Gli alimenti ad alto indice glicemico, come pane bianco, patate e riso bianco, fanno salire la glicemia rapidamente. Al contrario, alimenti a basso indice glicemico, come legumi, frutta secca e verdure, determinano un aumento più graduale.

È importante però considerare che un alimento con indice glicemico elevato, se consumato in piccole quantità, può avere un impatto minimo sulla glicemia. Al contrario, un alimento con indice glicemico basso, se assunto in grandi quantità, può comunque causare un aumento significativo della glicemia.

Per questo motivo, tra le due misure, quella del carico glicemico — che tiene conto anche della quantità effettiva di alimento consumato — risulta particolarmente rilevante.

Diete ad alto carico glicemico possono determinare livelli elevati di insulina, un ormone che regola la glicemia ma che, se prodotto in eccesso, può favorire processi infiammatori e proliferazione cellulare, aumentando potenzialmente il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore.

Effetti protettivi e possibili rischi

Un consumo eccessivo di zuccheri semplici e di alimenti ad alto indice glicemico può contribuire all'aumento di peso e all'obesità, condizioni riconosciute come fattori di rischio per diversi tipi di tumore, tra cui quelli del colon-retto. Al contrario, una dieta ricca di carboidrati amidacei e non disponibili, come quelli presenti in cereali integrali, legumi, frutta e verdura, fornisce nutrienti essenziali e fibre che possono avere un effetto protettivo contro lo sviluppo di alcune neoplasie, anche stabilizzando glicemia e insulina.

Per quanto riguarda i dolcificanti artificiali, le evidenze scientifiche attuali non indicano un aumento del rischio di cancro associato al loro consumo moderato. Tuttavia studi recenti hanno evidenziato che i recettori del gusto dolce potrebbero innescare meccanismi di stimolazione dell’insulina anche senza la presenza di glucosio e che i dolcificanti artificiali potrebbero interferire sull’equilibrio del microbiota., Per questo è sempre consigliabile utilizzarli con parsimonia.

Consigli sul consumo

Per fare in modo di assumere carboidrati in modo bilanciato e preventivo è consigliabile:

  • Limitare l'assunzione di zuccheri aggiunti e di alimenti ad alto indice glicemico, come bevande zuccherate, dolci e snack industriali, limitandosi con moderate fonti naturali come frutta e latticini.
  • Preferire carboidrati complessi provenienti da cereali integrali, legumi, frutta e verdura.
  • Mantenere un peso corporeo sano attraverso una dieta bilanciata e un’attività fisica regolare.
  • Evitare diete estreme che eliminano completamente i carboidrati, poiché possono essere dannose e non offrono benefici comprovati nella prevenzione dei tumori.
fonti

L.A.R.N. V edizione Società Italiana di Nutrizione Umana

Vaupel, P. and Multhoff, G. (2021), Revisiting the Warburg effect: historical dogma versus current understanding. J Physiol, 599: 1745-1757

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