Il marketing digitale influenza le scelte alimentari dei più piccoli
La promozione dei cibi attraverso i social network rende i bambini più «vulnerabili» al cibo «spazzatura». Negli adulti, invece, c'è anche un rovescio della medaglia: l'ortoressia
Prima toccava alla tv, adesso è compito dei social network. Le nostre scelte alimentari sono sempre dipese da quelli che erano i messaggi veicolati attraverso i mezzi di informazione. Se fino a pochi anni fa, quando si parlava di messaggi pubblicitari, si faceva riferimento soprattutto al piccolo schermo, adesso la parte del leone la gioca il web. Il cibo è diventato il protagonista dei contenuti che viaggiano attraverso la rete, se sette italiani su dieci si accomodano a tavola e «postano» un'immagine della pietanza scelta prima di addentarla. Il problema è che, di fronte agli stimoli che giungono dai social network, reagiamo in maniera differente.
L'INFLUENZA DEI SOCIAL NETWORK SULLE SCELTE ALIMENTARI
Siamo infatti pronti a copiare gli esempi sbagliati, molto meno a fare lo stesso rispetto ai modelli più salutari. È questo lo spaccato che emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Liverpool, che hanno indagato la reazione di 176 bambini (9-11 anni) ai messaggi diffusi da tre «Youtuber»: uno impegnato a dare visibilità a degli spuntini salutari (a base di ortaggi), un altro ad alimenti da consumare con una frequenza decisamente minore. Il terzo «influcencer», invece, lavorava per promuovere prodotti che non avevano a che vedere con il mondo dell'alimentazione. La ricerca, condotta con l'obbiettivo di misurare l'impatto del marketing attraverso social media sulle scelte alimentari dei più piccoli, ha restituito due messaggi. Intanto la promozione del cibo ha una capacità di penetrare nella società decisamente superiore rispetto al resto. E in questo ambito siamo molto più vulnerabili alla promozione degli alimenti insalubri rispetto a quelli «alleati» della nostra salute.
VERSO UNA STRETTA NEL MARKETING DEL CIBO?
Scorrendo le pagine della ricerca, pubblicata sulla rivista Pediatrics, emerge che i bambini che osservavano colui che promuoveva gli snack meno salutari, tendevano a seguire una dieta caratterizzata da un maggiore apporto energetico quotidiano (+26 per cento). Queste chilocalorie in eccesso, peraltro, provenivano perlopiù da alimenti simili a quelli osservati negli spot: almeno nel profilo nutrizionale. Risultati che, secondo Anna Coates, psicologa dell'Università di Liverpool che studia gli effetti del marketing digitale sulle scelte alimentari dei più piccoli, «confermano che la promozione degli snack dolci e salati attraverso Youtube e Instagram, soprattutto se portata avanti da personaggi famosi,determina un aumento della loro assunzione da parte dei bambini». Lo stesso - il fenomeno è noto come apprendimento sociale - non accade quando a essere pubblicizzati sono gli spuntini più salutari, che faticano a entrare nella nostra dieta. «Occorrerebbe regolamentare in maniera più ferrea il marketing digitale del cibo - prosegue la ricercatrice -. La promozione di alcuni snack da parte di personalità di spicco del mondo dello sport o dello spettacolo dovrebbe essere proibita, alla luce della vulnerabilità dei giovani attraverso i social media».
«Ma i bambini, se adeguatamente informati, possono farsi ambasciatori di scelte salutari anche nei confronti dei loro genitori», dichiara Elena Dogliotti, membro della supervisione scientifica di Fondazione Umberto Veronesi. «Tocca a noi far capire che una pietanza può essere salutare e gustosa, al tempo stesso», prosegue la biologa nutrizionista, che domenica 17 marzo sarà ospite de «L'Ora della Salute» (La 7, ore 11) nella puntata dedicata al tema delle malattie a tavola. Durante la trasmissione, il rapporto tra il cibo e i social network sarà discusso anche da un'altra prospettiva: quella che può far sviluppare una sorta di fissazione per il cibo sano, che gli esperti oggi chiamano ortoressia. «Si tratta di un disturbo del comportamento alimentare che, a differenza degli altri, colpisce in egual misura gli uomini e le donne», anticipa Stefano Erzegovesi, responsabile delCentro disturbi del comportamento alimentare del San Raffaele di Milano e blogger di Fondazione Umberto Veronesi, anch'egli ospite del programma condotto da Annalisa Manduca. «L'utilizzo eccessivo dei social network è collegato a una maggiore diffusione dei disturbi del comportamento alimentare. Dobbiamo insegnare ai giovani a registrare le sensazioni che provengono dal loro corpo, senza sentirsi obbligati a rappresentarsi nel mondo della rete in maniera eventualmente diversa da quella reale».
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