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Alimentazione
Caterina Fazion
pubblicato il 10-05-2023

Obesità e semaglutide: cosa c’è da sapere?



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Dieta e attività fisica spesso non bastano. Scopriamo i pro e contro dei farmaci cosiddetti anti-obesità come la semaglutide

Obesità e semaglutide: cosa c’è da sapere?

L'obesità è una malattia cronica che richiede un trattamento di lungo periodo. Dimagrire, infatti, non è lo scopo principale, ma bisogna piuttosto cercare di mantenere la perdita di peso a lungo così da ridurre le complicanze dell'obesità. Modificare lo stile di vita spesso non basta e nei casi più gravi, quando ad esempio l'indice di massa corporea è maggiore di 35, potrebbe rendersi necessario il ricorso alla chirurgia bariatrica. Grazie a recenti studi, però, è sempre più alta la speranza di trattare l’obesità anche grazie a nuovi farmaci, tra cui la semaglutide.

Scopriamone benefici e rischi, potenzialità e criticità insieme a Luca Busetto, professore associato di medicina interna all’Università di Padova e presidente della Società Italiana dell’Obesità.

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PRIMO STEP: STILE DI VITA ADEGUATO

Il primo step della terapia dell'obesità consiste nella modificazione dello stile di vita, intesa come intervento nutrizionale e svolgimento di un adeguato esercizio fisico per ridurre il rischio di complicanze. Si parla ad esempio di diabete, problemi cardiovascolari e aumento di incidenza di numerose neoplasie associate a elevati indici di massa corporea (BMI).

«Nonostante il calo ponderale conseguente sia spesso modesto – precisa il professor Busetto –, migliorare la propria alimentazione ed evitare la vita sedentaria rappresentano il punto di partenza fondamentale per ridurre le complicanze non solo dell'obesità, ma di tutte le malattie croniche metaboliche come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari. Ai pazienti che non riescono a ottenere un risultato soddisfacente con la sola modificazione dello stile di vita, è riservato l’uso di terapie più efficaci come l’uso di farmaci e la chirurgia bariatrica. I farmaci finora a disposizione, purtroppo, hanno sempre mostrato efficacia limitata rispetto alla chirurgia, con una perdita di peso corporeo che non superava il 10% del peso di partenza. Negli ultimi anni, però, si è verificato un punto di svolta nel trattamento farmacologico dell’obesità: grazie a risultati incoraggianti negli studi clinici, nel 2021 è stato approvato dall’EMA un analogo del GLP-1, chiamato semaglutide».

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UNA NOVITÀ PROMETTENTE

Il farmaco semaglutide è già noto per essere utilizzato con successo nel trattamento del diabete di tipo 2, anche in Italia. Se utilizzato a più alto dosaggio nei pazienti con obesità, consente anche una perdita di peso importante. Somministrando una dose a settimana sottocute, si riesce a perdere circa il 20% del peso corporeo di partenza. Il farmaco semaglutide, dunque, può rappresentare un’alternativa alla chirurgia bariatrica?

«Nonostante la chirurgia bariatrica resti l’arma più potente per indurre il calo di peso – ricorda Busetto – questa non può però essere considerata la soluzione per tutti a causa dei rischi che in alcuni casi portano a sconsigliarla e anche perché l’Italia non riesce a far fronte all’alta richiesta».

«Secondo un recente studio pubblicato su Nature Medicine – prosegue il professor Luca Busetto –, grazie alla semaglutide il calo ponderale non solo è consistente, ma riesce anche ad essere mantenuto nel tempo. Il calo di peso, inoltre, è associato a benefici metabolici come riduzione di pressione e glicemia, miglioramento dei valori lipidici, della performance fisica, della qualità di vita e anche del controllo alimentare. I pazienti mostrano maggiore sazietà e minore propensione a introdurre cibi ad alto contenuto calorico. È ancora oggetto di studio l’eventuale ruolo protettivo della semaglutide per pazienti con obesità, senza diabete, nei confronti di eventi cardiovascolari».

 

I RISCHI DELLA SEMAGLUTIDE

Tra i vari benefici, il farmaco semaglutide usato per il trattamento dell’obesità, porta con sé qualche rischio?

«In generale i farmaci della famiglia di GLP-1 analoghi, come semaglutide, sono ben tollerati. Gli effetti collaterali più importanti e più frequenti sono di tipo gastrointestinale e comprendono nausea, vomito, costipazione e, in alcuni pazienti, diarrea. Queste condizioni sono legate all'effetto che il farmaco ha sulla motilità del sistema gastro-intestinale, si verificano soprattutto all'inizio della terapia e possono essere controllate aumentando la dose gradualmente. Ci sono dati che mostrano una maggiore incidenza di calcolosi della colecisti (colelitiasi) e un piccolo aumento di casi di pancreatiti lievi, quasi tutte legate a colelitiasi, problema che rischia di presentarsi a seguito di qualunque intervento volto alla perdita di peso. La presenza di una calcolosi della colecisti non costituisce una controindicazione assoluta all’assunzione del farmaco, semplicemente il paziente dovrà essere protetto anche con dei prodotti specifici. Se invece il soggetto ha avuto una storia di pancreatite è meglio non utilizzare semaglutide. Esiste poi una segnalazione, derivante da studi su animale, di un lieve aumento di neoplasia midollare della tiroide, ma servono ulteriori studi per verificare questa ipotesi. Ad ogni modo, per cautela, per pazienti con pregresso tumore alla tiroide è preferibile non utilizzare semaglutide».

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LA SITUAZIONE ITALIANA

In Italia e nella maggior parte dei paesi europei semaglutide non è autorizzata per il trattamento dell'obesità. Per quale motivo?

«Sostanzialmente c’è un problema di carenza del farmaco e dei device che servono a somministrarlo. Ricordo infatti che questo farmaco viene somministrato per via sottocutanea con un'iniezione settimanale. In Italia, dunque, la semaglutide esiste solo nel dosaggio appropriato per il trattamento del paziente con diabete di tipo due e, in questo caso viene rimborsato dal sistema sanitario nazionale. È capitato, soprattutto fino a qualche mese fa, quando la carenza del farmaco non era importante come oggi, che venisse prescritto off label, a pazienti non diabetici, per il trattamento dell’obesità. In questo caso, però, oltre a non essere nel dosaggio appropriato, che dovrebbe essere maggiore rispetto a quello necessario per i pazienti diabetici, il rimborso non è previsto. Come non è previsto per altri farmaci, non efficaci come semaglutide, ma autorizzati in Italia per il trattamento dell’obesità, come liraglutide e bupropione/naltrexone. È paradossale che una stessa molecola venga rimborsata per il paziente che ha il diabete di tipo 2, ma non per il paziente con obesità che, tra l’altro, a causa della sua condizione ha un alto rischio di sviluppare proprio diabete di tipo due».

 

IL PROBLEMA DELLA RIMBORSABILITÀ 

Oggi, in Italia, tutta la semaglutide disponibile è indirizzata ai pazienti con diabete di tipo due, unica patologia per cui attualmente c’è un'indicazione ufficiale per l’uso del farmaco. Non dimentichiamo però, che diabete e obesità sono entrambe malattie croniche che necessitano di trattamenti a lungo termine. «Come è corretto destinare prima di tutto ai pazienti con diabete di tipo due il farmaco – riflette Busetto –, mi piacerebbe che, allo stesso modo, i pazienti con obesità che usano semaglutide off label, quando riescono a reperirlo, non venissero accusati di sottrarre il farmaco ai diabetici. Dovrebbe esserci parità di rispetto e trattamento per tutte e due le patologie croniche».

 

LA SEMAGLUTIDE VA DI MODA?

Il farmaco semaglutide per l’obesità è indicato per pazienti con BMI superiore a 30 o, in caso di patologie concomitanti, di 27. Dall’America, però, è arrivata una tendenza insolita: utilizzare il farmaco anche in pazienti non obesi che desiderano semplicemente buttare giù qualche qualche chilo rapidamente senza far fatica. Ma questo ha senso?

«L'utilizzazione di questi farmaci a scopi di dimagrimento a breve termine è ingiustificata dal punto di vista medico. Inoltre, bisogna pensare che nel momento in cui il soggetto sospende il farmaco tornerà ad aumentare di peso. È inutile utilizzare un farmaco così potente e anche così raro, vista la sua limitata disponibilità soprattutto in Italia, per degli scopi che non hanno niente a che fare con il trattamento di una malattia cronica come l’obesità. Per i pazienti con obesità che ne necessitano davvero, infatti, l'uso è previsto a lunghissimo termine».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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