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Fumo
Fabio Di Todaro
pubblicato il 16-08-2017

Vincere la guerra contro il fumo è possibile: ecco come



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L'Organizzazione Mondiale della Sanità invita a tenere alta l'attenzione nei confronti delle multinazionali del tabacco, impegnata a interferire con le politiche nazionali mirate alla tutela della salute pubblica

Vincere la guerra contro il fumo è possibile: ecco come

Più campagne di sensibilizzazione e aree interdette al fumo. E meno spazio alle attività di lobbying portate avanti dall’industria del tabacco, sempre più attratte dal mercato delle sigarette elettroniche, oltre che al commercio illegale della stessa materia prima. Parla chiaro l'ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che fotografa la diffusione del tabacco a livello globale. I passi avanti compiuti sono notevoli, se oggi 4,7 miliardi di persone al mondo (erano meno di un quarto appena dieci anni fa) risultano «colpite» da almeno una misura di controllo della diffusione del tabacco: tra pubblicità progresso, divieti di pubblicizzare le sigarette e aree ni cui vige il divieto di fumo. Ma «l'industria del tabacco continua a ostacolare gli sforzi dei governi, mirati a ridurre i tassi di mortalità e i costi sanitari legati al fumo di sigaretta», hanno messo nero su bianco gli esperti del dipartimento per la prevenzione delle malattie non trasmissibili dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, diretto da Douglas Bettcher

Trascrizione

LE INTERFERENZE DELL'INDUSTRIA DEL TABACCO

La preoccupazione è più che lecita. Il tabacco è la causa di oltre sette milioni di decessi annui nel mondo: la prima, se si considerano le morti provocate da fattori di rischio noti e dunque prevenibili. Una ricaduta che è accompagnata anche da un danno economico: quantificato in 1400 miliardi di dollari, derivanti da costi sanitari e perdita di produttività. L'inizio del nuovo secolo è coinciso con un impegno deciso a tutte le latitudini: tradottosi con il risparmio di 22 milioni di vite nel mondo. Strategie efficaci - sulla base delle indicazioni fornire nella convenzione quadro sul controllo del tabacco messa a punto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità - sono state adottate in 55 Paesi: occidentali e non, in via di sviluppo o iperavanzati. Non per questo però è il caso di sentirsi appagati, «perché l'interferenza dell'industria del tabacco nella definizione di politiche di governo mirate a ridurre l'impatto del fumo rappresenta una barriera su cui si scontrano lo sviluppo e la promozione della salute, a tutte le latitudini», è il pensiero di Bettcher.


Quanto ci costa il fumo?


GLI ESEMPI (BUONI) GIUNGONO DAL NEPAL E DALL'INDIA

Se l'obiettivo è quello di avere un mondo libero dal fumo, occorre dunque non distrarsi e a proseguire lungo la strada intrapresa. Il dossier, finanziato da Bloomberg Philanthropies, fa il punto sulle strategie di prevenzione dall'utilizzo del tabacco. Secondo gli esperti, soltanto un terzo dei Paesi è già in possesso di un efficace si stema di monitoraggio dei consumi. Per fare in modo che il fumo non sia più la causa di un decesso su dieci, l'orizzonte è dunque ancora lontano. Occorre, per esempio, avere dati certi sul numero dei fumatori: divisi anche per genere ed età. In questo modo i singoli Stati possono pianificare programmi di prevenzione mirati. Ma, noto il beneficio garantito dall'aumento dei prezzi, è considerato fondamentale anche un attento monitoraggio delle interferenze avanzate dalle multinazionali del tabacco, che rischiano di minare dal basso le politiche di tutela della salute pubblica. Alcuni buoni esempi giungono da Paesi con budget non illimitati, che però hanno saputo ben districarsi in questo ambito. È il caso del Nepal, dove da un paio d'anni la parte più grande dei pacchetti di sigarette, pari al novanta per cento della superficie è utilizzata per lanciare messaggi di avvertimento. Mentre in India è attivo già da anni un servizio gratuito di consulenza telefonica per avvicinare instradare i fumatori lungo un percorso mirato alla disassuefazione. Mentre nelle Filippine s'è lavorato sopratutto per ridurre il numero dei giovani fumatori (il 12,9 per cento dei ragazzi) e degli uomini (fumava quasi uno su due). 

ATTENZIONE AL TABACCO CONTRAFFATTO

A inasprire la diffusione epidemica dei prodotti del tabacco, è anche il suo commercio illegale, anch'esso «correlato a conseguenze sanitarie e socioeconomiche». Il malvezzo è un'emergenza anche in Italia, come si evince da uno studio condotto da Intellegit», startup dell’Università di Trento (in collaborazione con la multinazionale British American Tobacco Italia). Lungo la Penisola, nel 2015, sono state accese 4,6 miliardi di «bionde» illegali: pari quasi al sei per cento del consumo complessivo. Ma altrove la quota risulta triplicata: come in Irlanda, in Grecia e in Gran Bretagna. In alcuni casi addirittura accresciuta fino a quattro volte: vedasi i numeri della Lettonia e della Norvegia. Da dove arrivano le sigarette di contrabbando che finiscono sulle nostre strade? Dall'Est Europa (Ucraina e Bielorussia), dagli Emirati Arabi e dal Nord Africa (Algeria, Egitto, Libia e Tunisia).

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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