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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 14-06-2018

Tumore al seno: mammografia e tomosintesi più efficaci nello screening



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Per una diagnosi precoce del tumore al seno, la mammografia in 3D è molto più precisa rispetto a quella tradizionale. Ma per un suo utilizzo nello screening è ancora presto

Tumore al seno: mammografia e tomosintesi più efficaci nello screening

Quello al seno è il tumore più diffuso tra le donne: oltre cinquantaduemila le diagnosi realizzate nel 2017, più di una su quattro rispetto al totale delle neoplasie. Rispetto ad altre malattie analoghe, però, in questo caso esiste una forma di difesa per le donne adulte: lo screening, utile a identificare la malattia in una fase precoce in una fascia di popolazione considerata a rischio. La procedura, in Italia, prevede che tutte le signore di età compresa tra 50 e 69 anni (anche in assenza di sintomi) vengano sottoposte a una mammografia a cadenza biennale. Ma la tecnologia oggi sta cambiando l'approccio diagnostico al tumore al seno: merito della mammografia in tre dimensioni, un esame in cui la tomosintesi integra la mammografia digitale e restituisce un'immagine più dettagliata della mammella.

 

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TUMORE AL SENO: SCREENING E DIAGNOSI PRECOCE

È questo il dato che emerge da uno studio condotto con l'obiettivo di misurare la differenza tra l'approccio attualmente in uso e quello integrato nella capacità di diagnosticare i tumori al seno. I ricercatori dell'Azienda Sanitaria di Reggio Emilia hanno coinvolto nel progetto oltre diciannovemila donne sane, di età compresa tra i 45 e i 70 anni (anche in considerazione del fatto che il Piemonte e l'Emilia Romagna hanno anticipato l'inizio dello screening) e senza una storia familiare di malattia. Dopodiché le hanno suddivise in due gruppi: quelle inserite nel gruppo di studio sono state sottoposte a un monitoraggio con mammografia digitale e tomosintesi, le altre sono state tenute sotto controllo con la sola mammografia. Dai risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Radiology, è emerso che il supporto della tomosintesi fa la differenza nella diagnosi di tumori anche di piccole dimensioni. L'esame in tre dimensioni è in grado di scovare alcune neoplasie che «sfuggono» all'occhio della sola mammografia, ma che nel tempo potrebbero crescere di dimensioni e diventare dunque più difficili da curare. Questa maggiore capacità diagnostica è stata notata sopratutto rispetto ai seni densi, di frequente riscontro tra le donne più giovani. Un altro vantaggio dell'approccio combinato è emerso confrontando la quota di falsi positivi, ovvero di accertamenti che identificano come tumori formazioni che non lo sono: inferiore del 25 per cento nel gruppo di studio. «Questo ha evitato di richiamare le donne per nuove indagini, risparmiando loro momenti di ansia e timori ingiustificati», afferma Pierpaolo Pattacini, direttore della struttura complessa di radiologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, primo autore della pubblicazione.

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MA PER LA MAMMOGRAFIA IN 3D E' ANCORA PRESTO

La tomosintesi mammaria digitale è una tecnologia avanzata che utilizza più immagini radiografiche per ottenere un risultato tridimensionale del seno e aiuta i radiologi a valutare le regioni di interesse libere da altri tessuti sovrapposti. «Negli Stati Uniti la combinazione tra i due tipi di mammografia è già utilizzata nello screening, mentre in Europa ci si avvale solo di quella bidimensionale - prosegue Pattacini -. I dati confermano però il suo potenziale anche su larga scala e rappresentano una buona base per pensare di integrare l'offerta anche nel nostro Paese». Stando agli ultimi dati dell’Osservatorio Nazionale Screening, l'esame sulla mammella è quello che, rispetto agli analoghi attivi per la diagnosi precoce dei tumori del colon e della cervice uterina, fa registrare i tassi di diffusione più alti: nonostante le profonde differenze nella copertura tra il Nord e il Centro (superiore al 90 per cento) e il Sud del Paese (di poco superiore al 50 per cento). Prima di integrare l'esame nello screening, che in Italia è coperto con i fondi che il governo mette a disposizione delle Regioni, occorre però essere in possesso di dati che documentino una reale riduzione della mortalità tra le pazienti monitorate con l'esame 3D. Servirà dunque attendere i dati dei prossimi controlli biennali prima di tirare le somme. A frenare la diffusione della mammografia con tomosintesi sono anche i maggiori tempi di lettura di cui necessita. Se lo screening prevedesse l'esame tridimensionale, i radiologi potrebbero effettuare meno accertamenti al giorno. Ciò vuol dire che, per tenere sotto controllo lo stesso numero di donne, servirebbe il doppio del tempo. Tradotto: liste d'attesa più lunghe, oltre a un rischio più alto di controllare una donna quando potrebbe essere troppo tardi.

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24-04-2012
QUANDO SI RICORRE (GIA') ALLA TOMOSINTESI?

Non è dunque in discussione l'efficacia della mammografia in tre dimensioni, che già da qualche anno è utilizzata in diversi ospedali italiani per dare una risposta ai casi più complessi. I radiologi attualmente ricorrono alla tomosintesi quando «occorre scomporre la mammella in tante sezioni dello spessore di un millimetro per fare luce su piccole alterazioni che potrebbero essere la spia di un tumore, ma che non sempre vengono confermate a seguito dell'esame integrato», aggiunge Massimo Calabrese, direttore dell'unità operativa complessa di senologia diagnostica dell’Istituto San Martino di Genova. L'approfondimento diagnostico non può essere richiesto dalla paziente, che nel momento in cui prenota l'accertamento non può esigere che lo stesso venga effettuato con la tomosintesi. «La scelta finale spetta ai radiologi, ma alle donne vorrei dare un messaggio rassicurante: la diagnostica senologica in Italia è di ottimo livello pressoché ovunque - precisa Pattacini -. E la differenza, più che la tecnologia, la fa l'esperienza dell'operatore. La tomosintesi è bene averla, ma bisogna sapere anche quando utilizzarla. Il rischio è quello di usarla anche quando non è necessaria o di non farvi ricorso quando sarebbe opportuno, con la possibilità di lasciare passare un tumore che la sola mammografia non è in grado di scovare».


Tumore al seno: anche gli uomini possono ammalarsi

VERSO LA MEDICINA PERSONALIZZATA: LO STUDIO P.I.N.K.

La migliore strategia per una diagnosi precoce del tumore al seno - e dunque per un miglioramento delle prospettive terapeutiche, dal momento che un tumore di piccole dimensioni ha maggiori chance di essere curato - è quella cucita su misura della donna. Da qui la decisione assunta dalla Fondazione Umberto Veronesi, in collaborazione con il Cnr, di lanciare lo studio P.i.n.k. Per informazioni: www.pinkstudy.it.«Vogliamo guardare oltre lo screening mammografico, che ha avuto comunque il grande merito di avvicinare le donne alla diagnosi precoce e di sensibilizzarle sull'importanza della prevenzione», chiosa Paolo Veronesi, presidente della Fondazione Umberto Veronesi e direttore dell'unità di senologia chirurgica dell'istituto Europeo di Oncologia. «Abbiamo il dovere di capire come perfezionare la diagnosi, per avvicinarci quanto più possibile a quell'obiettivo di mortalità zero che riguarda il tumore al seno. Per ridurre la sottodiagnosi e l'incidenza di tumori al seno tra uno screening e l'altro la tomosintesi può fare la differenza, dal momento che di seni densi poco sensibili alla sola mammografia se ne trovano anche nelle donne con più di cinquant'anni, interessate dallo screening».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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