Celiachia: tra i bambini tassi raddoppiati rispetto a 25 anni fa
Due italiani su cento soffrirebbero di celiachia. Sconosciute le cause dell'aumento della sua diffusione. Nonostante ciò, però, lo screening di popolazione rimane sconsigliato
Crescono i numeri della celiachia, in maniera significativa. Considerando che c'è sempre una quota di malati «sommersa», diversi studi stimano un aumento della prevalenza dei casi: dall'1 a quasi il 2 per cento. Vuol dire che se finora in Italia si ipotizzava la presenza di 600mila celiaci, con poco più di un terzo di diagnosi confermate, i malati in realtà potrebbero essere almeno un milione. La conferma viene da uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology e condotto nelle province di Ancona e di Verona su una popolazione di 4.570 scolari (5-11 anni).
LA DIETA PRIVA DI GLUTINE E' DANNOSA PER CHI NON E' CELIACO?
L'INDAGINE SUGLI STUDENTI ITALIANI
I ricercatori li hanno sottoposti a uno screening in due step. Il primo prevedeva l'accertamento della predisposizione genetica (necessaria, ma non sufficiente a determinare la comparsa della malattia) e la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio (indicativa della possibile diagnosi). In caso di doppia positività, i bambini sono stati sottoposti a una valutazione delle condizioni generali (misurazione di peso e altezza, indagini su altri casi di celiachia in famiglia, altre eventuali malattie associate) e a una biopsia (risolutiva). Al termine di questa valutazione, si è arrivati a determinare il numero dei celiaci: 54, pari all'1.58 per cento dei coinvolti nello studio. Un dato quasi doppio (0.86 per cento) rispetto a quello rilevato in una precedente indagine condotta nelle stesse province tra il 1993 e il 1995.
A determinare il trend di crescita può essere stato il miglioramento delle capacità diagnostiche? Soltanto in parte. «Nell'indagine abbiamo tenuto conto di questo aspetto, che non è sufficiente però a giustificare l'aumento registrato», affermano gli autori dello studio. «Il trend che osserviamo fa pensare all'azione di diversi fattori ambientali, che non abbiamo però ancora appieno identificato», precisa Carlo Catassi, direttore della clinica pediatrica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Ancona. Tra le ipotesi formulate, ci sono la maggiore incidenza di alcune infezioni virali e dell'utilizzo di antibiotici durante la prima infanzia, entrambi fattori in grado di alterare la composizione del microbiota intestinale. Si continua a indagare pure il ruolo del glutine nello svezzamento, ma a riguardo sono più i dubbi delle certezze. Non sembrano incidere invece né la maggiore presenza in Italia di bambini stranieri (molti di loro provengono da Paesi in cui l'incidenza della celiachia è inferiore a quella italiana) né i consumi di derivati del frumento (segnalati in calo dalla Fao negli ultimi anni).
ANTICIPARE LA DIAGNOSI
Nessuno dei bambini riconosciuti come celiaci aveva già ricevuto una diagnosi al momento dell'avvio dello studio. Questo conferma quanto labili siano le stime, che vedrebbero almeno l'un per cento della popolazione malato (in Italia sarebbero 600mila persone) e quelle che sono invece le diagnosi di celiachia (poco più di 200mila). Come si possono rintracciare i due terzi dei pazienti che mancherebbero all'appello? Lo screening di massa non è raccomandato, in assenza di sintomi e se non si è considerati a rischio. Per due ragioni: il disturbo può comparire a qualsiasi età e manca un esame approvato per lo screening. Nel corso del congresso dell'Associazione Italiana Celiachia si è fatto il punto sulle prospettive della biopsia liquida: le promesse ci sono, i risultati ancora no. In attesa di sviluppi, considerando che sempre più spesso i pazienti scoprono la malattia pur in assenza dei sintomi intestinali, gli esperti suggeriscono di porre attenzione a condizioni più generiche: l'osteoporosi, l'anemia, la subfertilità, la sindrome del colon-irritabile e il diabete di tipo 1. Possono segnalare una celiachia «nascosta».
Le dieci regole per gestire le intolleranze alimentari
Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità Il problema dell'eccesso ponderale è causato prevalentemente da uno stile di vita inadeguato. Le intolleranze alimentari vere sono poche e possono indurre disturbi gastrointestinali o di altro genere
No all’autodiagnosi ed ai test effettuati direttamente presso i centri laboratoristici senza prescrizione medica Se si sospetta una reazione indesiderata a seguito dell’ingestione di uno o più alimenti è necessario rivolgersi al proprio medico, in grado di valutare quali indagini prescrivere per formulare la diagnosi più corretta
Non rivolgersi a personale non sanitario e attenzione a coloro che praticano professioni sanitarie senza averne alcun titolo Spesso i test non validati per la diagnosi di intolleranza alimentare vengono proposti da figure professionali eterogenee, non competenti, non abilitate e non autorizzate, anche non sanitarie. Non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie. Solo il medico può fare diagnosi
Diffidare da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità I test non validati sono: dosaggio IGg4, test citotossico, Alcat test, test elettrici, vega test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest, test kinesiologico, dria test, analisi del capello iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco
Non escludere nessun alimento dalla dieta senza una diagnosi ed una prescrizione medica Le diete di esclusione autogestite, inappropriate e restrittive possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile e, nei bambini, scarsa crescita e malnutrizione. Quando si intraprende una dieta di esclusione, anche per un solo alimento o gruppo alimentare, devono essere fornite specifiche indicazioni nutrizionali
La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico La dieta deve essere gestita e monitorata da un professionista competente per individuare precocemente i deficit nutrizionali e, nei bambini, verificare che l’accrescimento sia regolare
Non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata La diagnosi di tali condizioni deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, seguendo le linee guida diagnostiche
Non eliminare latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte La diagnosi di intolleranza al lattosio o allergie alle proteine del latte deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, tramite test specifici e validati
A chi rivolgersi per una corretta diagnosi? Esclusivamente a un medico: dietologo, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, allergologo, diabetologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, pediatra
Non usare internet per diagnosi e terapia Il web, i social network ed i mass media hanno un compito informativo e divulgativo e non possono sostituire la competenza e la responsabilità del medico nella diagnosi e prescrizione medica