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La mia cara Giovanna che combatteva il dolore inutile

Il ricordo della fondatrice di Vidas, il primo hospice privato gratuito. A Ferruccio De Bortoli toccherà portare a compimento il suo ultimo desiderio: una struttura per ospitare i bambini malati di tumore

La mia cara Giovanna che combatteva il dolore inutile

Il Giusto non muore mai, perché nel mondo restano la sua giustizia e le sue opere. È un concetto che ritroviamo nel salmo 61 dell’Antico Testamento e nell’Apocalisse di San Giovanni, e che mi sembra il più adatto per ricordare e salutare Giovanna Cavazzoni (nella foto), la fondatrice di Vidas, l’Associazione  che dal 1982 offre assistenza completa e gratuita ai malati terminali sia a domicilio che nell’hospice Casa Vidas. Abbiamo creato Vidas insieme, quando ero all’Istituto dei Tumori. Il dolore fisico e psichico era per me un’ossessione, ma quando Giovanna prese coscienza di quel dolore ne fece la ragione della sua vita. Erano i tempi in cui «bisognava soffrire». Giovanna ha aperto un varco nella coscienza civile, e ha indicato la strada alle altre Associazioni per il sollievo di chi soffre.  

Come me, Giovanna non sopportava quello che Sergio Zavoli ha chiamato «il dolore inutile», e da sempre si batteva contro la definizione di cancro come male incurabile. Concordavamo sul fatto che proprio nel momento in cui si sa che un malato è inguaribile,  lì deve cominciare una diversa attenzione, una cura continua del corpo e della psiche. Le cure ai malati terminali non sono cure a chi sta per morire, ma cure che preservano la qualità e la dignità della vita fino all’ultimo istante. Il malato va ascoltato, compreso, sollevato dai disagi, rassicurato. Le équipes dell’assistenza domiciliare di Vidas hanno sempre lavorato in questa direzione, riuscendo ad assistere oltre trentamila persone in 34 anni. Vidas, come la sua fondatrice, è riuscita a garantire la sua presenza dappertutto. Non solo nella grande città di Milano, ma in 104 comuni della cintura, fino ai casolari più sperduti. Piccoli paesi, dove Vidas è amata e onorata come un’irrinunciabile istituzione cittadina. E Giovanna, che ha sempre avuto l’idea che bisogna mostrare ai giovani un modello diverso da quello del profitto e del successo sociale, spesso mi ha raccontato con quale gioia vedeva sorgere, intorno all’attività di Vidas, le nuove leve del volontariato.

Un giorno, i mezzanini del metrò di Milano si sono riempiti di manifesti con una casetta blu che sembrava disegnata da un bambino. Era l‘annuncio che Giovanna Cavazzoni si era tuffata in un nuovo progetto: quello di Casa Vidas, il primo hospice privato completamente gratuito. Facendo la «questuante» (così si autodefiniva), cioè lavorando 10-12 ore al giorno alla raccolta fondi, Giovanna è riuscita a realizzare quella che sembrava un’utopia: nel 2006 l’hospice è diventato realtà. È una bellissima palazzina tra il verde, con una delle migliori «nuove architetture» che si possano vedere in città, compresa l’audacia di una cupola vetrata, modernissima ma  di grazia rinascimentale. Dentro, venti stanze di degenza con un letto in più, con tutti i comfort e un elegante arredamento. La fondatrice l’ha sempre pensata come una casa, non come un hospice dove andare a morire. L’ha fornita di tutta la tecnologia sanitaria occorrente, ma ha cercato soprattutto di renderla un posto che avvolge di affetto e restituisce serenità. Mi raccontava che la grande terrazza fiorita è diventata per i malati un punto d’incontro, e qualche volta il palcoscenico di colpi di scena impensati, come l’arrivo di un fratello perso da anni, e ricomparso in tempo per dare e ricevere gioia nei pochi giorni rimasti.

Giovanna, che ha voluto chiudere gli occhi nella «sua» Casa Vidas, ha lasciato al nuovo presidente Ferruccio de Bortoli l’eredità di un altro sogno da realizzare. Un sogno per il quale bisogna avere molto coraggio,  ma che è pensato per mettere fine allo scandalo dei bambini che soffrono. È il progetto dell’hospice pediatrico. Una casetta piccola per entrare nel cuore di tutti, e chiamare le persone di buona volontà a dare aiuto contro la più inaccettabile delle sofferenze: il dolore degli innocenti



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