Che cosa sono?
Gli anticorpi coniugati, detti anche antibody-drug conjugates (ADC), sono farmaci che uniscono due componenti: un anticorpo capace di riconoscere una proteina specifica espressa dalle cellule tumorali e una molecola di chemioterapico. L’idea è di portare la chemioterapia direttamente dentro le cellule malate, risparmiando il più possibile i tessuti sani. È un concetto ipotizzato già negli anni ’80 ma diventato realtà clinica solo negli ultimi anni, grazie a progressi tecnologici che hanno permesso di ottimizzare anticorpi, molecole citotossiche e i “linker” che li tengono insieme.
Come agiscono?
L’anticorpo riconosce il bersaglio sulla superficie della cellula tumorale e vi si lega. A questo punto l’intero complesso viene internalizzato: solo allora il farmaco citotossico viene rilasciato, colpendo la cellula dall’interno. Si tratta quindi di una sorta di “chemioterapia guidata”, molto più selettiva di quella tradizionale. Il meccanismo permette di utilizzare farmaci molto potenti, troppo tossici se somministrati da soli, ma efficaci quando trasportati direttamente al tumore.
Quando si utilizzano?
Il primo campo in cui hanno mostrato la loro efficacia nei tumori solidi è stato il carcinoma mammario HER2-positivo, con farmaci come trastuzumab emtansine e trastuzumab deruxtecan. Oggi gli ADC sono disponibili anche per il carcinoma mammario triplo negativo e per alcuni tumori uroteliali. Numerosi studi clinici sono in corso per ampliare le indicazioni: polmone, stomaco, prostata e altri tumori solidi. L’utilizzo sta inoltre avanzando dalle fasi più tardive della malattia verso linee di trattamento sempre più precoci, fino al contesto adiuvante.
Quali sono i benefici?
Gli anticorpi coniugati hanno dimostrato di migliorare in modo significativo il controllo della malattia metastatica, con benefici in termini di sopravvivenza libera da progressione e, in alcuni casi, di sopravvivenza globale. Rispetto alla chemioterapia tradizionale, permettono di concentrare l’effetto tossico sulle cellule tumorali, migliorando la tollerabilità e la qualità di vita. Gli studi più recenti, come DESTINY-Breast09 nel carcinoma mammario HER2-positivo o ASCENT-04 nel triplo negativo, confermano che gli ADC possono diventare nuovi standard di cura già nelle prime linee. La sfida attuale è duplice: selezionare meglio i pazienti che possono beneficiarne e anticiparne l’uso per massimizzare l’impatto sulla prognosi.
Nota Bene: Le informazioni fornite non sostituiscono il parere di uno specialista. Per valutazioni personalizzate, è fondamentale consultare un medico.
