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Alimentazione

Anche le bibite “light” possono danneggiare il fegato

I risultati di un monitoraggio lungo 10 anni evidenziano che anche le bevande senza zucchero aumentano il rischio di sviluppare fegato grasso

Non è solo l’alcol a danneggiare il fegato. Anche assumere tanti zuccheri – cosa più facile di quanto possiamo immaginare – porta a un elevato rischio di malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (MASLD) — in passato nota come fegato grasso non alcolico (NAFLD).

Uno studio molto ampio appena presentato alla United European Gastroenterology Week 2025, che ha coinvolto 120 mila persone monitorandole per ben 10 anni, ha concluso che non solo le bevande zuccherate, ma anche quelle “diet” o “senza zucchero” hanno effetti dannosi sul fegato, aumentando significativamente il rischio di sviluppare fegato grasso. I risultati si basano sui dati di 123.788 adulti arruolati nella UK Biobank, tutti senza segni di malattia epatica all’inizio dello studio. Le abitudini alimentari dei partecipanti sono state raccolte attraverso questionari ripetuti sulle 24 ore, consentendo ai ricercatori di correlare il consumo di bevande zuccherate (SSB, sugar-sweetened beverages) e di bevande dolcificate con sostituti dello zucchero (LNSSB, low- or no-sugar-sweetened beverages) con lo sviluppo di MASLD, l’accumulo di grasso nel fegato e la mortalità correlata a malattie epatiche.

Risultato: le persone che consumavano più di 250 grammi al giorno di una qualsiasi di queste bevande (una lattina di bevande tipica in Europa contiene 330 ml) mostravano un rischio molto più alto rispetto a chi ne beveva raramente o mai: il 60% in più di probabilità di sviluppare MASLD per chi assumeva bibite “diet” e il 50% in più per chi beveva quelle zuccherate. Durante un periodo mediano di osservazione di 10 anni, 1.178 partecipanti hanno sviluppato MASLD e 108 sono morti per cause legate al fegato.

In altre parole: meglio lasciare stare tutte le bevande commerciali, anche se hanno scritto light o diet sull’etichetta.  

CHE COSA È IL FEGATO GRASSO NON ALCOLICO

La MASLD è oggi la malattia epatica cronica più diffusa al mondo: colpisce oltre il 30% della popolazione e sta diventando una delle principali cause di mortalità legata al fegato. Nel tempo, l’accumulo di grasso può provocare infiammazione, dolore addominale, stanchezza e perdita di appetito. Si tratta di una condizione in costante crescita, che colpisce anche persone giovani e persino bambini. Le cause non sono ancora del tutto note, ma si ritiene che concorrano diversi fattori, fra cui una resistenza all’insulina, diete ricche di grassi e zuccheri, livelli elevati di colesterolo e trigliceridi, obesità, diabete di tipo 2 e squilibri ormonali. In molti casi, la malattia progredisce in modo silenzioso per anni: l’affaticamento e la debolezza sono spesso i primi segnali, seguiti — negli stadi più avanzati — da febbre, dolori addominali, perdita di appetito, nausea, ittero e disturbi neurologici come confusione o agitazione. 

QUANTE BEVANDE ZUCCHERATE BEVIAMO

Un’analisi condotta su 185 Paesi pubbliata su Nature Communications nel 2023, basata sui dati del Global Dietary Database e relativa al periodo 1990–2018, ha stimato che nel 2018 il consumo medio globale di SSB era di 2,7 porzioni (circa 248 grammi ciascuna) a settimana. Il valore variava da un minimo di 0,7 porzioni nell’Asia meridionale a un massimo di 7,8 in America Latina e nei Caraibi. I consumi risultavano più elevati negli uomini rispetto alle donne, nei giovani rispetto agli anziani, nelle persone con livelli di istruzione più alti e nelle aree urbane rispetto a quelle rurali. Le differenze più marcate in base all’istruzione e al luogo di residenza si osservavano nell’Africa subsahariana, dove, inoltre, si è registrato il maggiore aumento nel periodo considerato: +0,37 porzioni a settimana tra il 1990 e il 2018. 

In Italia, le informazioni più affidabili sul consumo di bevande zuccherate tra i più giovani provengono dall’indagine Okkio alla Salute. Secondo i dati più recenti, quasi tre bambini su dieci tra gli 8 e i 9 anni consumano bevande zuccherate o gassate ogni giorno, con un picco in Campania, dove la quota raggiunge un bambino su tre. Nelle scuole, circa il 4,3% ospita ancora distributori automatici con snack e bibite poco salutari, accessibili anche ai più piccoli, sebbene la presenza di questi distributori sia diminuita rispetto al 2019. Lo studio internazionale Health Behavior in School-aged Children (HBSC) ha inoltre mostrato un chiaro legame tra condizioni socioeconomiche e abitudini alimentari: gli adolescenti provenienti da famiglie a basso reddito risultano più inclini a consumare bevande zuccherate (18% contro il 15% dei coetanei più abbienti) e meno propensi a mangiare frutta ogni giorno. Solo un ragazzo su tre tra quelli economicamente svantaggiati ne consuma quotidianamente, mentre tra i più benestanti la proporzione sale a uno su due.

PERCHÈ LO ZUCCHERO FA MALE AL FEGATO?

Le possibili spiegazioni biologiche individuate dai ricercatori sono diverse. L’elevato contenuto di zuccheri delle bibite tradizionali provoca rapidi aumenti di glicemia e insulina, favorisce l’aumento di peso e innalza i livelli di acido urico, tutti fattori che contribuiscono all’accumulo di grasso nel fegato. Le versioni “light”, invece, potrebbero interferire con la salute epatica alterando il microbioma intestinale, influenzando il senso di sazietà, aumentando il desiderio di dolce e persino stimolando la secrezione di insulina.

COSA SUCCEDE SE SI SOSTITUISCONO QUESTE BEVANDE?

Ridurre sia le bevande zuccherate che quelle “diet” come parte di una strategia complessiva di prevenzione, che miri non solo alla salute del fegato ma anche a quella cardiometabolica e renale. Sostituire le bibite con l’acqua ha ridotto significativamente il rischio di MASLD: del 12,8% nel caso delle bevande zuccherate e del 15,2% per quelle “light”.

L’EFSA e l’OMS hanno messo in guardia contro l’uso degli edulcoranti come strategia per perdere peso o prevenire le malattie croniche non trasmissibili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in particolare, ha pubblicato nel 2022 una metanalisi (Health effects of the use of non-sugar sweeteners: a systematic review and meta-analysis) e, nel 2023, una linea guida ufficiale (Use of non-sugar sweeteners: WHO guideline) che raccomanda di non utilizzare i dolcificanti come sostituti dello zucchero per il controllo del peso. Nel tempo, l’elenco delle sostanze sotto osservazione si è ampliato: oltre a sucralosio, aspartame, saccarina, acesulfame-K, neotame, advantame, stevia e monk fruit, l’ultima revisione ha incluso anche l’allulosio, segnalando una crescente cautela nei confronti dell’intero gruppo dei dolcificanti alternativi.

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