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15 minuti all'aria aperta: il benessere delle ossa e della longevità

Livelli carenti di vitamina D mettono a rischio la popolazione anziana, specie femminile e accorciano l'attesa di vita

Livelli carenti di vitamina D mettono a rischio la popolazione anziana, specie femminile e accorciano l’attesa di vita

15 minuti di vita all’aria aperta al giorno, preferibilmente con braccia, mani e viso scoperti, sono ciò che basta a produrre quantitativi sufficienti di vitamina D, un toccasana per le ossa. A questo tempo trascorso al sole, dovrebbe far seguito la giusta dieta e, quando necessario, un'adeguata supplementazione. Tutti lo sanno, ma pochi lo mettono in pratica. Ed il rischio è più di uno: l’indebolimento dello scheletro, specie per la donna, durante la vecchiaia e un innalzamento del tasso di mortalità. 

LO STUDIO – Secondo uno studio condotto dall’Università di Graz e pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, la carenza di vitamina D non solo è nociva per l’organismo che abbassa le proprie difese contro patologie croniche e autoimmuni, osteoporosi, infezioni ed alcune forme tumorali, ma lo priva anche di un pizzico di longevità in più. «Più di 900 anziani, ultra ottantenni, residenti in case di riposo – spiega Stefan Plitz, coordinatore della ricerca –  e con livelli di vitamina D sotto i valori soglia hanno evidenziato un rischio di mortalità maggiore». La carenza – dicono gli esperti - va compensata attraverso lo studio di terapie ad hoc e piani di prevenzione che evitino l'abbassamento dei valori di vitamina D.

LA VITAMINA D – In attesa di indicazioni più precise dalla ricerca, per assicurarsi una ‘buona’ produzione della preziosa sostanza le regole base non vanno né ignorate, né trascurate: una adeguata esposizione ai raggi solari scegliendo preferibilmente la fascia oraria tra le 10 e le 15 per non nuocere alla pelle e una dieta con un corretto apporto vitaminico. «Gli alimenti privilegiati che non devono mancare sulla tavola – dichiara Maria Luisa Brandi, direttore del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Firenze – sono le uova, il fegato e il pesce (aringhe, sardine, gamberi e anguille) e i cibi contenenti calcio (latte, latticini)». Qualora l’organismo non ne producesse a sufficienza o vi fossero condizioni che ne alterano l’assorbimento, sotto controllo medico, è possibile ricorrere a metaboliti. Ma come in ogni situazione, anche per l’assunzione della vitamina D occorre moderazione. «In quantità eccessive – conclude la Brandi – può infatti produrre l’effetto contrario e, piuttosto che rinforzare le ossa, può renderle più fragili».

Francesca Morelli

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