Cuore più protetto con una dieta vegetariana o «pescetariana»
Confermati i benefici per la salute cardiovascolare. Rispetto agli onnivori, i vegetariani (e i consumatori di pesce) corrono meno rischi di sviluppare una cardiopatia ischemica
Il cuore ama il «verde» delle verdure. O, tutt'al più, il «bianco» del pesce. Queste categorie di alimenti sono in grado di difendere il muscolo che, battendo senza sosta, ci dà la vita. Chi ne consuma maggiormente, stando alle conclusioni di uno studio pubblicato sul British Medical Journal, corre un rischio inferiore di sviluppare una malattia coronarica, la più diffusa delle quali è l'infarto del miocardio. Proprietà che invece non appartengono alla carne, i cui consumi non avrebbero alcun effetto protettivo nei confronti del «cardine» dell'apparato cardiocircolatorio.
DIETA VEGANA E VEGETARIANA: ECCO I BENEFICI
SULLA TAVOLA PIU' VERDURA E PESCE
Negli ultimi anni molte persone hanno escluso dalla propria dieta gli alimenti di origine animale, per ragioni etiche o salutistiche. C'è chi lo ha fatto fino in fondo, come i vegetariani e vegani. E chi ha voluto tenere le maglie più larghe: dicendo addio alla carne, ma non al pesce (cosiddetti «pescetariani»). I due gruppi di persone condividono un beneficio: quello che espone chi ne fa parte a una minore probabilità di «ammalarsi di cuore». A ribadirlo - dal momento che altri studi avevano già messo sul tavolo gli stessi risultati - un'ampia indagine condotta da un gruppo di ricercatori dell'università di Oxford. Le conclusioni del loro lavoro - condotto nell'ambito del progetto «Epic»- non sono definitive: «Lo studio è di tipo osservazionale: come tale non può stabilire alcun nesso causale», frenano gli autori. Ma l'ampiezza dei numeri e la durata dell'osservazione invitano a non snobbare i risultati emersi.
Avendo a disposizione le informazioni relative ai consumi alimentari addotati tra il 1993 e il 2001, i ricercatori hanno monitorato lo stato di salute di oltre 48mila adulti del Regno Unito: tutti sani, all'inizio del periodo di osservazione. Tra di loro, fino al 2016, sono state rilevate le diagnosi di malattie coronariche. Incrociando le informazioni, si è potuto definire un rischio «stratificato» sulla base delle abitudini a tavola. Coloro che consumavano soltanto alimenti di origine vegetale o eventualmente anche il pesce avevano una probabilità ridotta - rispettivamente del 22 e del 13 per cento - di sviluppare una malattia a carico dei vasi sanguigni che portano sangue al cuore. E ciò indipendentemente da altri comportamenti: come l'abitudine al fumo o a svolgere attività fisica. Secondo gli autori, a determinare questo trend potrebbe essere la ridotta incidenza di alcuni fattori di rischio tra i vegetariani e i «pescetariani»: come il sovrappeso e l'obesità, l'ipertensione, l'ipercolesterolemiae il diabete di tipo 2. Condizioni che sono più di frequente rilevabili (rispetto alla popolazione generale) anche in persone colpite da una diagnosi oncologica (soprattutto con tumori gastrointestinali, dell'apparato sessuale femminile, del sangue, della vescica e della prostata).
RISCHIO ICTUS TRA VEGETARIANI E VEGANI
I vegetariani e i vegani, rispetto agli onnivori, conviverebbero però con un aumentato rischio (+ 20 per cento) di avere un ictus. Nello specifico, a risultare più frequenti sono stati quelli emorragici (dovuti alla rottura di un'arteria nel cervello). Una possibile spiegazione sarebbe da ricercare tra i più bassi livelli di colesterolo e vitamina B12 rilevabili tra i consumatori che rinunciano ai prodotti di origine animale. L'incremento è considerato modesto, ma da approfondire. Come reagire, allora, di fronte a queste informazioni? L'equilibrio, come spesso accade, sta nel mezzo. Mark Lawrence e Sarah McNaughton, due nutrizionisti della Deakin University (Australia), puntano l'attenzione sulla necessità di «ridurre il consumo di alimenti ultra-trasformati»: non così infrequente tra chi esclude la carne e il pesce dalla tavola. La soluzione più equilibrata, con ogni probabilità, risiede nella scelta di «spostarsi verso uno schema dietetico prevalentemente a base vegetale, ma non vegetariano - si legge nel loro editoriale -. Consumare quantità molto basse di alimenti di origine animale può aiutare ad assumere tutte le molecole necessarie a evitare qualsiasi forma di malnutrizione».
Le principali fonti di proteine vegetali
Lupini In cento grammi di lupini cotti, ce ne sono 16,7 di proteine
Fave A seconda che siano cotte o crude, il contenuto di proteine in cento grammi di prodotto varia tra 5,2 e 6,1 grammi
Ceci In cento grammi di ceci secchi, ce ne sono 20,9 di proteine. Il contenuto scende a sette grammi nel prodotto cotto
Seitan Si ottiene mediante la lavorazione della farina di frumento (anche kamut, farro). In cento grammi di prodotto, ce ne sono 36 di proteine
Lenticchie In cento grammi di lenticchie secche, ce ne sono 22,7 di proteine. Il contenuto scende a sette grammi nel prodotto cotto
Piselli Nel legume cotto, per cento grammi di prodotto, ce ne sono 9,1 di proteine. Il contenuto è quasi dimezzato (5,1) nel prodotto in scatola, scolato, e pari a un terzo nel prodotto surgelato
Fagioli Nel prodotto crudo, ci sono 23,6 grammi di proteine (per cento di prodotto). Il contenuto scende a otto grammi nel prodotto cotto. Non ci sono particolari differenze tra i diversi tipi di fagioli
Soia La soia secca e la farina di soia contengono 36.9 grammi di proteine per cento di prodotto. Il contenuto è di molto inferiore nello yogurt (5) e nel latte (2,9).