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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 28-02-2020

Influenza: decessi in aumento (soprattutto) tra gli anziani



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Come nel caso del Coronavirus, gli effetti più gravi dell'influenza si rilevano tra gli over 65. In Italia, in quattro anni, oltre 68mila decessi (in gran parte) evitabili

Influenza: decessi in aumento (soprattutto) tra gli anziani

Nelle ultime settimane, complice l'arrivo in Italia dell'epidemia provocata dal Coronavirus in concomitanza con il picco dell'influenza, in molti hanno messo confronto l'impatto delle due infezioni respiratorie. Le differenze rilevabili sul piano molecolare ed epidemiologico sono state approfondite in questo servizio. Nello specifico dei numeri, le due infezioni mostrano anche un diverso tasso di letalità (numero dei decessi sul totale dei casi). Quanto al Coronavirus, il dato nostrano è (attualmente) quantificabile nello 0.026 per cento. Negli ultimi anni, invece, il tasso di letalità dovuta all'influenza è stato all'incirca dello 0.1 per cento. Nel complesso, tra il 2013 e il 2017, più di 68mila italiani sono deceduti a causa della presenza di complicanze determinate dal «comune» virus influenzale. Per lo più polmoniti e problematiche cardiovascolari (infarti e arresti cardiaci). 

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INFLUENZA: VITTIME SOPRATTUTTO TRA GLI ANZIANI

Il dato complessivo emerge da uno studio pubblicato sull'International Journal of Infectious Diseases, che ha stimato il contributo dei decessi registrati lungo l'intera Penisola nel periodo compreso tra il 2013 e il 2017. Crescente è stato l'impatto delle complicanze dell'influenza. I decessi in più (rispetto al previsto) a esse dovute sono stati oltre 68mila. I numeri più corposi si sono registrati nelle stagioni 2014-2015 (con 20.259 decessi in più rispetto all'atteso) e 2016-2017 (24.981). Secondo i ricercatori, le cause di questo trend sono diverse. Si va dall'eterogeità dei virus rilevati nelle diverse stagioni agli improvvisi sbalzi di temperatura. Ma i tratti penalizzanti per l'Italia sembrano essere due: una popolazione in cui vivono quasi sette milioni di over 75 e i bassi tassi di adesione alla vaccinazione antinfluenzale


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Negli ultimi anni, durante l'inverno, l'Italia ha registrato picchi di mortalità crescenti nella terza età. Un'ascesa che da anni fa arrovellare i ricercatori, a caccia delle possibili cause di questi numeri. Una delle risposte risiede nel fatto che, in entrambi i casi, in Italia è circolato il virus A-H3N2, più aggressivo per gli anziani. Un ruolo, nel 2017, lo ha avuto anche un inizio d'anno con temperature rigide. Ma a preoccupare, in un Paese in cui la fascia di popolazione a rischio va irrobustendosi, è il tasso insufficiente di over 65 che si vaccinano annualmente contro l'influenza. «In entrambe le stagioni, la copertura vaccinale negli anziani era vicina al 50 per cento», hanno messo nero su bianco gli autori del lavoro. Ben al di sotto di quello che è l'obbiettivo minimo fissato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (al 75 per cento). 

PROTEGGERE GLI ANZIANI

Così come detto nel caso dell'ultima epidemia, gli anziani si confermano più a rischio al cospetto delle infezioni respiratorie. Molti di loro, infatti, spesso entrano a contatto con il virus partendo da una condizione di fragilità. In simili situazioni, dunque, l'influenza concorre a determinare la morte di pazienti che partono da condizioni di salute già deficitarie. Lo scenario, anche in questi casi, è però spesso evitabile. Come? Ricordando ai genitori e ai nonni di aderire alla campagna di profilassi vaccinale. Rimane questo il mezzo più efficace per ridurre l'impatto dell'influenza: in termini di incidenza e mortalità. La vaccinazione, visto che il virus muta nell'arco di pochi mesi, va effettuata ogni anno (tra ottobre e gennaio). Secondo gli esperti, «una protezione più efficace» si potrebbe ottenere «vaccinando anche i bambini sani». Un'opportunità per ridurre la circolazione dei virus e proteggere i piccoli, i più colpiti dall'influenza nelle quattro stagioni prese in esame.

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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