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Neuroscienze
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 14-12-2022

Emicrania: nuovi farmaci e ricerca al lavoro


Tag:

cefalee

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Una fra le malattie più debilitanti, colpisce sei milioni di italiani. Quali sono le cure disponibili? Fra farmaci vecchi e recenti, ci sono novità in arrivo

Emicrania: nuovi farmaci e ricerca al lavoro

Ne soffrono circa un miliardo di persone nel mondo e sei milioni nel nostro Paese. L’emicrania costituisce infatti una delle malattie più diffuse in tutto il pianeta, con una netta prevalenza al femminile e nella fascia di età sotto i cinquant’anni. Di nuove opportunità terapeutiche contro l’emicrania si è discusso nel corso del 52° Congresso nazionale della Società italiana di neurologia.

 

L'IMPATTO DELL'EMICRANIA

«Si tratta di una patologia che fortemente impatta sulla gestione della vita di tutti i giorni» spiega Antonio Russo, responsabile del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Ed è addirittura ritenuta, e non a caso, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la seconda malattia più debilitante del genere umano. La ragione sta nel fatto che comporta notevoli ripercussioni quotidiane. Soffrire di emicrania significa infatti avere a che fare con attacchi più o meno frequenti e del tutto imprevedibili. Vuol dire vivere per almeno tre giorni di fila (questa la durata media di una crisi emicranica) con un mal di testa pulsante, accompagnato da nausea, vomito e intolleranza alla luce e ai rumori. Vuol dire vivere con l’ansia di incappare in questo vortice di dolore e fastidi che impediscono il normale svolgersi delle attività lavorative, che rendono più difficoltosa la convivenza coi familiari e in genere la dimensione sociale». Chi soffre di emicrania lo sa bene, di fronte a un attacco la soluzione è una sola: rinchiudersi in camera da letto, al buio e assumere farmaci che diano sollievo, nella speranza che passi al più presto.

 

LE NOVITA SUI FARMACI

«Per la cura dell’emicrania - prosegue Russo - vengono normalmente utilizzati farmaci mutuati da altre branche della medicina e quindi farmaci nati come terapia per altre patologie. Nello specifico si usano antipertensivi, antiepilettici e antidepressivi. Si tratta però di medicinali gravati da effetti collaterali e da una conseguente resistenza personale nell’assunzione. Altissima è quindi la quota di interruzione del trattamento che arriva addirittura all’80%. Recentemente però sono state introdotte altre molecole messe appositamente a punto per la cura dell’emicrania, come la tossina botulinica, in grado di prevenire gli attacchi in coloro che soffrono di emicrania cronica, e anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina, fortemente legato al dolore emicranico).

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GLI ANTICORPI CONTRO IL “MAL DI TESTA”

Quali sono gli anticorpi monoclonali utili per la cura dell’emicrania già disponibili e che cosa invece arriverà in futuro ? «Attualmente abbiamo a disposizione tre tipi di anticorpi monoclonali per il trattamento dell’emicrania – spiega Antonio Russo -, e sono: galcanezumab e fremanezumab, che agiscono contro il CGRP stesso, e l’erenumab che è l’unico che invece antagonizza il recettore. A questi si aggiungerà a breve un altro anticorpo monoclonale: eptinezumab, indicato per la profilassi dell'emicrania negli adulti, con almeno 4 giorni di emicrania al mese, a somministrazione endovenosa (ogni 12 settimane)». Fremanezumab prevede due schemi di somministrazione: una iniezione una volta al mese oppure tre iniezioni ogni tre mesi ed è sempre indicato per gli adulti con emicrania cronica. Galcanezumab (come i precedenti, indicato per la profilassi dell’emicrania in adulti che hanno almeno 4 giorni di emicrania al mese) si somministra invece per via sottocutanea a cadenza mensile.

 

I FARMACI CONTRO GLI ATTACCHI

«Si tratta di farmaci molto efficaci e sostanzialmente privi di effetti collaterali – conferma Russo -. A queste terapie si aggiungono anche nuovi farmaci utili nel trattamento sia della crisi acuta, sia nella prevenzione degli attacchi, come i ditani (lasmiditan), ossia sostanze che agiscono sul recettore della serotonina e i gepanti (atogepant, rimegepaknt e ubrogepant) che hanno ancora una volta come bersaglio la molecola del CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina)».

 

LA RICERCA AL LAVORO

Ma la ricerca non si limita ai farmaci. «Fondamentale è infine comprendere sempre meglio i meccanismi che regolano l’emicrania e le sue manifestazioni e la trasformano, talvolta, da crisi episodica a emicrania cronica. Da questo punto di vista molto promettenti sono le ripercussioni terapeutiche legate allo studio condotto dalla professoressa Cristina Tasselli dell’Istituto Mondino di Pavia sulla valutazione dei livelli plasmatici del CGRP e l’espressione genetica studiata attraverso il sangue periferico di pazienti emicranici». Dunque un campo in continuo divenire con lo scopo di migliorare la qualità di vita dei numerosi pazienti che devono fare i conti con quella che, dall’8 luglio 2020, è stata recepita in Italia come malattia sociale.

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Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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