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Oncologia
Serena Zoli
pubblicato il 06-12-2011

Maratonete della speranza



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Due donne corrono per dimostrare che il tumore al seno si può vincere. Sofia corre col figlio di 5 anni che l'aspetta al traguardo, Eni è pronta a partire per la maratona più famosa al mondo, quella di New York. Il senologo: ecco i benefici del podismo

Maratonete della speranza
 

 

Di corsa per battere il cancro? E’ la scelta fatta da due donne, all’insaputa l’una dall’altra, che sono diventate maratonete per proclamare, a se stesse innanzitutto e agli altri, che «il cancro si vince». Sofia ed Eni, che forse grazie a questo «incontro» sul portale della Fondazione Veronesi finiranno per conoscersi.

TESTIMONIAL SPECIALI - Ambedue si sono rivolte in sede per chiedere di poter indossare, nelle corse, il pettorale col logo della Fondazione così da diventarne testimonial. E quando qualcuno le chiede il perché di questa scritta, Eni Vittorini risponde secca: «Per meriti di cancro». Subito però ride, spiegando all’interlocutore perplesso la sua vicenda. Simile a quella della più giovane Sofia Guglielmazzi, 36 anni, a cominciare dal tipo di malattia: tutt’e due colpite dal tumore al seno, operate, poi sottoposte a cicli di chemio e altre terapia, da cui erano uscite esauste.

«VADO A NEW YORK!» - La Vittorini, che oggi ha 60 anni, ha cominciato a correre dieci anni fa. E ha già al suo attivo sei maratone compiute. « Dopo la perdita di capelli e tutto il resto, ero uno straccio. Mi venne l’idea di correre, per reagire. Chiesi aiuto a mio marito, podista. Che mi rispose: ma se non riesci a camminare. Proprio per questo, gli risposi». Finì che il marito divenne il suo personal trainer e tuttora la segue negli allenamenti in bicicletta. E lei, impavida, corre e corre. «Per stancare la bestiaccia», dice ridendo questa toscana estroversa (abita Limite sull’Arno, vicino a Firenze). Chiama così, «bestiaccia», il cancro. «Che non osi ripresentarsi. E se è ancora in agguato, che corra, che sudi, che fatichi come me, voglio vedere chi la vince». Più seria Eni aggiunge: «Chi vincerà si vedrà alla fine, certo, Ma per ora, da dieci anni, ho vinto io». Intanto ecco la grande sfida: «Vado alla maratona di New York! », urla, più che dire, la Vittorini, gioiosa. «Parto il 2 novembre. Vedete, non potrò mai dire ‘grazie cancro’, perché è una cosa troppo brutta. Però è un fatto che per me si è trasformato in un’opportunità per cambiare vita. E questa nuova vita mi piace».

«MAMMA CORAGGIO» VA DI CORSA - Dalla Toscana al Piemonte, a Pallanzeno, per incontrare durante faticosi trail montani e maratone («solo mezze, per ora») Sofia Guglielmazzi, che è stata operata ben due volte al seno mentre era al sesto mese di gravidanza. Samuele ora ha 5 anni ed è un gran bel bambino, che spesso segue la madre nelle gare facendole meritare il soprannome di «mamma coraggio». «Corro da due anni. Come esito delle pesanti cure anti-cancro, ero sovrappeso, avevo problemi di circolazione e di pressione, fiato corto, grande instabilità emotiva, non mi riconoscevo più nel mio corpo… Per aiutarlo a smaltire le tossine  e migliorare la qualità della mia vita, l’oncologo mi prescrisse un’ora di attività aerobica al giorno. E aggiunse: meglio la corsa».

AL TRAGUARDO, PER INFORMARE - Come input è bastato. «All’inizio, per correre un chilometro ci ho messo sei mesi, ma non mi sono fermata. Ho avuto, poi, la fortuna di conoscere per caso Paolo Lissandrelli del G.S. Genzianella che mi ha avvicinato al mondo del podismo ed è diventato il mio allenatore». Alla fine delle corse Sofia cerca di ritagliarsi un momento di discorso pubblico per promuovere la prevenzione anti-cancro, dicendo in particolare che «se preso in tempo il tumore al seno si sconfigge nel 98% dei casi!». E lei è lì, in divisa da podista e un gran sorriso, a offrirsi come esempio.

L'ESPERTO: CORRERE FA BENE - A Mattia Intra, l’oncologo dello Ieo di Milano che ha in cura la Guglielmazzi, chiediamo un parere sulla corsa da un punto di vista medico. E’ lui che dicendo: «Faccia un’ora di attività aerobica al giorno» ha scatenato la passione sportiva di Sofia. Fa così bene?  Il dottore ride: «La signora è straordinaria! Come l’altra. Hanno preso alla lettera la raccomandazione e costituiscono un buon esempio da seguire. Ci sono altre donne sulla loro scia». Premesso che l’attività fisica fa bene a tutti, per quale motivo in particolare è adatta alle donne operate al seno per tumore? «Vengono sottoposte a terapie ormonali, che possono fare prendere peso. E la massa grassa aumenta le possibilità di un tumore. I benefici del correre o di altra attività fisica è a 360 gradi: si riducono anche gli effetti collaterali dei farmaci. Alle donne giovani, poi, con queste terapie blocchiamo il ciclo e  correre fa bene in vista di prevenire l’osteoporosi».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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