Più passa il tempo e più si accumulano mutazioni nello sperma. In alcuni casi queste alterazioni possono essere trasmesse ai figli, aumentando leggermente il rischio di malattie dello sviluppo o tumore. A dimostrarlo è un nuovo studio pubblicato su Nature che ha analizzato il DNA dello sperma di oltre 80 uomini di età compresa tra 24 e 75 anni.
MUTAZIONI CHE SI TRASMETTONO AI FIGLI
Ogni cellula del nostro corpo, nel corso della vita, accumula progressivamente mutazioni. Sono piccoli errori che si verificano quando il DNA viene copiato durante la divisione cellulare. Nella maggior parte dei casi queste mutazioni sono innocue. Quando queste però avvengono nelle cellule germinali -quelle da cui hanno origine spermatozoi e ovociti- possono essere trasmesse alla prole.
È noto da tempo che l’età paterna avanzata si associa a un rischio leggermente maggiore di alcune patologie nei bambini, come disturbi dello sviluppo o rare sindromi genetiche. Il motivo è semplice: a differenza degli ovociti, che si formano prima della nascita e non si moltiplicano più, gli spermatozoi vengono prodotti continuamente per tutta la vita e ad ogni nuova divisione cellulare aumenta la possibilità che si accumulino errori nel DNA.
LO STUDIO
Per quantificare con precisione quanto aumentino le mutazioni con l’età, un gruppo di ricercatori ha utilizzato una tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (NanoSeq) capace di leggere il DNA con un’accuratezza mille volte superiore rispetto ai metodi tradizionali.
Analizzando 81 campioni di sperma provenienti da uomini tra 24 e 75 anni, i ricercatori del Wellcome Sanger Institute hanno identificato che con l’età si accumulano in media 1,6 nuove mutazioni all’anno per genoma aploide (cioè per ciascun corredo genetico maschile). In totale sono state identificate più di 35.000 mutazioni nei geni codificanti.
I ricercatori hanno inoltre individuato 40 geni sottoposti a “selezione positiva”: significa che alcune mutazioni, invece di essere eliminate, vengono favorite perché conferiscono un vantaggio alle cellule germinali che le possiedono, permettendo loro di moltiplicarsi più facilmente. Tuttavia, queste stesse mutazioni possono avere effetti negativi nei figli, favorendo lo sviluppo di alcune malattie genetiche o di predisposizione al cancro.
COSA CAMBIA PER I PADRI PIÙ GRANDI
Secondo i risultati, questo processo di selezione porterebbe a un rischio 2-3 volte superiore di trasmettere mutazioni patogeniche negli uomini di mezza età o più anziani. Gli autori stimano che tra il 3 e il 5% degli spermatozoi di un uomo sopra i 50 anni possa contenere una mutazione potenzialmente dannosa.
Attenzione però a facili conclusioni: è importante sottolineare che il rischio complessivo resta comunque basso e la stragrande maggioranza dei figli di padri più anziani nasce sana. Tuttavia, questi risultati aiuterebbero a spiegare perché, a livello di popolazione, si osservi un incremento di alcune malattie congenite quando l’età paterna aumenta.


