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Alimentazione

Dieta salutare e sostenibile: gli italiani tra i più virtuosi

Dal modello mediterraneo ai nuovi dati europei, le scelte alimentari più sostenibili si confermano anche le più salutari. Anche intervenire sui menu scolastici può dimezzare l’impatto ambientale

Adottare un’alimentazione sostenibile significa non soltanto ridurre l’impatto ambientale della produzione di cibo, ma anche promuovere modelli nutrizionali capaci di migliorare la salute delle persone. È questo il principio alla base della planetary health diet, un modello alimentare ricco di verdura, frutta, frutta secca a guscio, legumi e cereali integrali, con quantità più contenute di carne e latticini. Una dieta che, nella sua struttura, richiama da vicino la tradizione mediterranea.

L’ESEMPIO ITALIANO DI SOSTENIBILITÀ

Molti Paesi europei sono ancora distanti da questo approccio alimentare, ma le nazioni del Sud — e in particolare l’Italia — si distinguono per livelli più elevati di consumo sano e sostenibile. Lo evidenzia una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità e del CREA – Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione, pubblicata su Frontiers in Nutrition e diffusa in occasione del 16 novembre, anniversario del riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio immateriale Unesco.

Lo studio, realizzato nell’ambito del progetto europeo PLAN’EAT, ha valutato il livello di adesione alla Planetary Health Diet in 11 Paesi (Italia, Grecia, Spagna, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda, Svezia, Ungheria e Polonia). È emerso che i Paesi dell’Europa meridionale come Italia, Grecia e Spagna mostrano una maggiore aderenza alla dieta sostenibile, con un ruolo particolarmente rilevante delle donne, più inclini a scelte alimentari salutari.

«Nonostante anche nel Sud Europa si stia osservando un progressivo allontanamento dalla dieta mediterranea - sottolinea Laura Rossi, direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità - l’eredità culturale di questo modello alimentare continua a influenzare positivamente le nostre abitudini, contribuendo a una maggiore aderenza ai principi di salute e sostenibilità».

LA DIETA MEDITERRANEA COME PATRIMONIO CULTURALE E SOSTENIBILE

La dieta mediterranea valorizza conoscenze, pratiche e tradizioni legate alla produzione del cibo, alla pesca, alla raccolta e alla preparazione degli alimenti, integrando il rispetto per la natura, la biodiversità e lo scambio culturale. Un patrimonio che oggi, oltre alla sua valenza storico-culturale, assume un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030.

SOSTENIBILITÀ SIGNIFICA ANCHE SALUTE

Quando si parla di alimentazione sostenibile non si fa riferimento solo a una dieta che riduce l’impronta ambientale — cioè l’impatto delle nostre scelte alimentari sull’ambiente, considerando risorse consumate ed emissioni generate —grazie a un minor consumo di carne e a un maggiore ricorso a legumi, cereali e verdure. Le evidenze scientifiche mostrano che questi schemi alimentari sono anche tra i più salutari, associandosi a un minor rischio di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e altre patologie croniche. La transizione verso diete sane e a basso impatto ambientale è quindi fondamentale non solo per il pianeta, ma anche per la salute individuale. In questo contesto le linee guida dietetiche per le scuole possono incoraggiare comportamenti alimentari tra gli studenti per ridurre la loro impronta ambientale e migliorare lo stato di salute.

IL CONTRIBUTO DELLE SCUOLE: IL CASO CATALANO

Il quadro europeo conferma che intervenire sulle scelte alimentari può ridurre in modo significativo l’impatto ambientale, e a questa riflessione contribuiscono anche i risultati di una recente ricerca spagnola che ha valutato l’evoluzione dei menu scolastici nel tempo. Secondo lo studio della Universitat Oberta de Catalunya (UOC), dell’Institute for Global Health di Barcellona (ISGlobal), dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Catalogna (ASPCAT), della Cattedra UNESCO ESCI-UPF e della Barcelona School of Management, mettere meno carne e pesce e più legumi e cereali diversificati nei menu scolastici può ridurre l’impatto ambientale fino al 50%.

«Questo è uno dei primi articoli che si concentra sui menu scolastici, considerando la mensa come un luogo di apprendimento in cui i bambini adottano abitudini alimentari che possono durare tutta la vita», ha spiegato Júlia Benito-Cobeña, una delle autrici dello studio, il cui progetto finale del Master online dell’UOC in Alimentazione Sana e Sostenibile costituisce la base della ricerca. «L’ASPCAT ha aggiornato le sue linee guida nel 2020 tenendo conto dei criteri di sostenibilità. Questo studio verifica che l’impatto ambientale è effettivamente diminuito e abbiamo contribuito a fornire informazioni per progettare nuovi menu che riducano ulteriormente l’impatto dei pasti scolastici».

LO STUDIO

Disponibile su Science of the Total Environment, lo studio analizza le quattro versioni delle linee guida, con risultati che mostrano cambiamenti progressivi nell’impatto ambientale dei menu scolastici per bambini tra i 7 e i 12 anni. Gli autori hanno confrontato l’impatto ambientale utilizzando 16 indicatori ambientali, tra cui acidificazione, scarsità d'acqua, tossicità per l’uomo, uso di risorse minerali e metalli, e uso di risorse fossili, oltre a un indicatore della loro impronta ambientale composita.

Usando le linee guida del 2005 come riferimento, gli aggiornamenti introdotti nel 2012, 2017 e 2020 hanno ridotto l’impronta ambientale rispettivamente del 9%, 22% e 40%. Anche tutti gli indicatori individuali hanno mostrato impatti ambientali significativamente inferiori nel 2020 rispetto al 2005, con riduzioni dal 5% al 52%.

GLI ALIMENTI CON L’IMPRONTA MAGGIORE

Con il supporto di Anna Bach, co-coordinatrice del gruppo NUTRALiSS dell’UOC, il team ha analizzato quali gruppi alimentari incidono maggiormente sugli indicatori ambientali e ha proposto modifiche che preservino la distribuzione dei macronutrienti e la qualità nutrizionale dei menu.

I secondi piatti, principalmente carne e pesce, sono risultati i principali contributori agli impatti ambientali. Includere più proteine vegetali e meno carne e pesce, insieme a un consumo più diversificato di cereali, riduce gli impatti ambientali dei piani alimentari di circa il 50%.

«Frutta e riso sono i principali contribuenti al consumo d’acqua, ma la frutta svolge un ruolo essenziale in una dieta sana, motivo per cui è consigliabile consumarla in quattro pasti su cinque. Ridurre il consumo di frutta avrebbe un effetto negativo sulla salute», ha spiegato. «Lo studio mostra che il riso può essere sostituito con altri cereali più adattabili al cambiamento climatico, riducendo così anche l’impatto ambientale».

ALTERNATIVE SOSTENIBILI, MA COMUNQUE ATTRAENTI

Per quanto riguarda la riluttanza ad accettare i cambiamenti proposti, soprattutto tra le famiglie, lo studio cita la falsa convinzione che i menu a base vegetale siano insipidi e carenti dal punto di vista nutrizionale.

«Ci sono anche barriere all’accettazione tra i bambini: se non sono cucinati e presentati in modo attraente, è meno probabile che i bambini vogliano mangiare certi alimenti, come verdure e legumi. Per superare queste difficoltà, sarà necessario lavorare insieme alle famiglie, al personale della scuola e alla cucina», spiega l’autrice. «Sarebbe anche necessario studiare in che misura queste linee guida vengono implementate nelle scuole».

Sebbene lo studio si sia concentrato sulle linee guida catalane, i suoi risultati potrebbero essere applicati più in generale ai Paesi mediterranei, dove tradizioni alimentari simili e menu scolastici basati su verdure, legumi e cereali possono trarre beneficio da indicazioni analoghe per promuovere un’alimentazione sana e sostenibile.

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