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Alimentazione

Pollo e rischio di tumore? Ecco che cosa sappiamo

Una ricerca italiana rileva un nesso fra un consumo elevato di carni bianche e il rischio di tumore. Dogliotti: leggiamo i dati con cautela, ma le linee guida già oggi predicano moderazione

Anche il consumo di pollame e carni bianche può essere nocivo per la salute? Non erano le carni rosse e gli insaccati ad aumentare il rischio di cancro? La questione è tornata alla ribalta grazie ad una ricerca condotta da un team dell’IRCCS De’ Bellis di Castellana Grotte (BA), istituto specializzato in gastroenterologia. Lo studio ha concluso che chi consuma più di 300 grammi di pollame a settimana nel tempo è esposto a un rischio di morte aumentato, e questi dati hanno fatto discutere tanto gli amanti del petto di pollo quanto gli esperti in nutrizione. Cerchiamo di fare chiarezza.  

LA RICERCA

L’indagine, apparsa su Nutrients* ad aprile, ha esaminato i dati relativi a 4.869 individui adulti residenti in Puglia (partecipanti a due studi di coorte avviati a Castellana Grotte e Putignano). Abitudini a tavola e stato di salute sono stati seguiti negli anni, dal 2005 in avanti, e sono state tratte conclusioni basate sull’associazione fra i consumi di pollame, il rischio di morte per tumore gastrointestinale, per un'altra forma di tumore o per altre cause. Che cosa ne è emerso? Che il consumo di carni bianche superiore ai 300 grammi a settimana era associato ad un rischio di morte aumentato in modo statisticamente significativo, sia considerando il rischio di morte per tutte le cause, sia nello specifico il rischio di morte per tumore gastrointestinale. Più esposti gli uomini rispetto alle donne.

LA CARNE PIÙ CONSUMATA AL MONDO MERITA DI ESSERE STUDIATA

I ricercatori italiani hanno scritto che serviranno altri studi per confermare questi risultati e che c’è tanto da capire: «Riteniamo sia importante capire meglio gli effetti a lungo termine di una categoria di alimenti – le carni bianche – consumate nel mondo da un’ampia fetta di popolazione, che, magari sbagliando, le considera salutari in termini assoluti». E concludono con qualche raccomandazione: «Bene moderare il consumo di pollame, alternandolo con altre fonti proteiche di pari valore, come il pesce. Essenziale anche fare attenzione ai metodi di cottura, evitando alte temperature e cotture prolungate».

CAUTELA NELL'INTERPRETARE I DATI

Come dobbiamo considerare questi dati? Ne abbiamo parlato con Elena Dogliotti, biologa nutrizionista, Supervisione Scientifica Fondazione Veronesi, che rileva subito un elemento di novità nel lavoro: «Non ci sono in letteratura dati che evidenziano in modo chiaro un’associazione statisticamente significativa tra consumo di carni bianche e aumento del rischio di tumori, come invece è stato fatto per le carni rosse e per le carni lavorate». Ma, prosegue, sono risultati da leggere con cautela, per varie ragioni.

  • Primo: «Lo studio dimostra un’associazione fra consumo di pollame e tumori, non una relazione di causa-effetto. E ci sono altri fattori di rischio per i tumori gastrointestinali che possono influenzare le probabilità di ammalarsi, e qui non sono stati considerati. Ad esempio l’infezione da Helicobacter pylori, una delle principali cause del tumore dello stomaco, o il consumo di sodio, che è associato a malattie cardiovascolari e a possibili effetti anche sul cancro gastrico».
  • Secondo: non sono state considerate a fondo le abitudini alimentari complessive. «Hanno usato un indice di aderenza alla dieta mediterranea, ma non sappiamo ad esempio se chi mangiava più pollo consumava anche più cibi ultraprocessati, o meno verdure e legumi. Una dieta in cui le verdure abbondano, ricca di fibre, antiossidanti e micronutrienti ha effetti protettivi verso molti tumori, inclusi i tumori dello stomaco e dell’intestino. È quindi possibile che il rischio osservato non dipenda tanto dal pollo in sé, quanto dal contesto alimentare in cui viene consumato».
  • Terzo: prodotti e cottura contano. «Cuocere la carne a temperature elevate, alla griglia, per lungo tempo favorisce lo sviluppo di composti potenzialmente cancerogeni. Inoltre sul mercato troviamo molti prodotti a base di pollo trasformati, con aggiunta di grassi, sale e conservanti. E nello studio non si distingue fra carni fresche e lavorate, anche se possiamo presumere che queste ultime siano meno utilizzate, considerando le tradizioni culinarie nella regione».

RAGIONEVOLE MODERARE I CONSUMI

Nonostante queste sacrosante cautele, conclude Dogliotti, ci sono alcune considerazioni utili da trarre: «Anche se le evidenze in letteratura non riconoscono ad oggi un maggior rischio oncologico, le attuali linee guida per un’alimentazione salutare (CREA) già esortano alla moderazione anche nel consumo di carni bianche, consigliando di tenersi fra una e tre porzioni settimanali da 100g l’una (contro una porzione da 100 g a settimana per le carni rosse e non più di 50 grammi a settimana per le carni processate). Il pollame, se gradito, scelto in tagli magri, cotto in modo sano e inserito in una dieta ricca di vegetali, può far parte di un’alimentazione salutare. Ciò che conta è moderare porzioni e frequenza, anche considerando che limitare il consumo di carne, di ogni tipo, è una buona scelta per la salute delle persone e del pianeta».   

POLLAME: IL TREND DEI CONSUMI NEL MONDO

Le previsioni di FAO e OCSE delineano per il 2033 una crescita mondiale delle popolazioni di bestiame fino a circa 2 miliardi di bovini, 1 miliardo di suini, 32 miliardi di volatili e quasi 3 miliardi di ovini. Tradotto in impatto ambientale si prevede che le emissioni di gas serra (GHG) dell’industria della carne aumenteranno del 6% entro il 2033, meno del previsto, dicono gli analisti, soprattutto per la maggior quota di pollame e una miglior produttività (più carne ottenuta per ogni animale allevato). Il consumo globale di pollame è quello con la maggior crescita prevista (16% entro il 2033), destinato a raggiungere i 160 milioni di tonnellate (peso al dettaglio). Nell’ultimo decennio a trainare i consumi erano i grandi paesi asiatici, Cina, India, Indonesia e Vietnam, ma si prevede una rapida crescita anche in altre regioni, compresa l’Unione Europea. Entro il 2033, la carne di pollame rappresenterà il 43% delle proteine consumate da tutte le fonti di carne, seguita dalla carne suina, bovina e ovina.

*EDIT: articolo modificato in data 25/07/2025 con correzione della rivista sulla quale è stata pubblicato il lavoro di ricerca (Nutrients)

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