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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 04-07-2019

Il «giallo» della curcuma e i casi di epatite colestatica acuta


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Sono 22 i casi di epatite (non infettiva) collegati al consumo di integratori a base di curcuma. Due le ipotesi al vaglio: l'assunzione eccessiva di curcumina e la possibile contaminazione

Il «giallo» della curcuma e i casi di epatite colestatica acuta

Casi di epatite segnalati: 22. Integratori ritirati dal commercio: 19 (l’elenco completo è riportato sul sito del Ministero della Salute). Sono questi, in sintesi, i numeri del «giallo-curcuma» che da due mesi rimbalza sulle pagine dei giornali. La vicenda è scoppiata a seguito del riscontro di un inusuale aumento delle diagnosi di epatite colestatica registrati in persone che avevano assunto integratori a base della spezia di origine orientale, la cui popolarità è cresciuta con la scoperta delle sue proprietà antiossidanti. Si tratta di un’infiammazione del fegato che finisce per determinare l’accumulo di grasso (steatosi epatica) e la morte cellulare. Come effetto si ha una riduzione della funzionalità di un organo chiave per il metabolismo dei nutrienti e la disintossicazione da farmaci e altre sostanze. Un processo tanto più pericoloso quanto meno precoce è la diagnosi dell’epatite che, non essendo causata da un agente infettivo, non risulta trasmissibile


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LA CURCUMA E I CASI DI EPATITE

Quali possono essere le responsabilità della curcuma in questa vicenda? Le autorità sanitarie sono al lavoro per fare luce sulla vicenda. Non vi è una certezza, ma il sospetto che la causa di questo aumento dei casi di epatite colestatica sia da ricercare negli integratori a base di curcuma è più che fondato. Questo perché, come affermato da Marco Silano, direttore del dipartimento alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, «tutte le persone che ne hanno sospeso l’assunzione, hanno visto l’epatite progressivamente risolversi». E chi, dopo una pausa, ha ripreso ad assumerli, «si è ammalato nuovamente». Di fronte a questo scenario, esclusa la presenza di micotossine, l’elemento comune riscontrato è stata l'assunzione di curcumina (principio attivo della curcuma). Nessun caso è stato invece segnalato a seguito dell’uso della spezia in cucina (come radice o in polvere). Le ipotesi più accreditate tra gli esperti di sicurezza alimentare sono due: l’eccessiva assunzione di curcumina attraverso gli integratori o una contaminazione del prodotto all’origine (non ancora accertata).  


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LE POSSIBILI CAUSE

La tossicità epatica determinata dal ricorso alla curcumina - assumendo una dose superiore a quella indicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità: tra 0 e 3 milligrammi per chilo di peso corporeo - non è una novità. «Gli integratori a base di curcumina, soprattutto a seguito di un uso protratto per oltre un mese, possono causare un danno al fegato - dichiara Patrizia Burra, responsabile dell’unità trapianto multiviscerale dell’azienda ospedaliero-universitaria di Padova e vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (Sige) -. I dati internazionali parlano di una prevalenza del cinque per cento». Le cause? «La possibile interazione della curcumina con altri componenti presenti negli integratori o con altri farmaci assunti in concomitanza». Un aspetto, quest’ultimo, che sembrerebbe suffragato dall’elevato numero di donne anziane coinvolte in questa vicenda. «Alcune di loro assumevano gli integratori per problemi alle articolazioni - aggiunge Silano -. Ma la maggior parte, una volta in ospedale, ha riferito che alla base della scelta c’era la volontà di dimagrire». Segno che il marketing è riuscito a far passare un messaggio - gli integratori alla curcuma aiutano a perdere peso - privo di evidenza scientifica.

COME CURARE LA CALCOLOSI DEL FEGATO? 

EPATITE COLESTATICA: COME RICONOSCERLA?

Non è semplice riconoscere l'epatite colestatica. I primi sintomi sono abbastanza generici: stanchezza, prurito cutaneo, itterizia (pelle di colore giallo) e dolore al lato destro dell'addome. Lo scenario può risultare più chiaro a seguito dell'osservazione di difficoltà digestive, mancanza di appetito, febbre, feci chiare e urine scure. A confermare l'epatite colestatica è (in primis) il dosaggio di alcuni parametri ematici: la bilirubina totale (prodotto della degradazione dell'emoglobina), la fosfatasi alcalina (enzima indicatore della funzionalità epatica), gli acidi biliari (coinvolti nella digestione dei grassi) e le Gamma-GT (trasportano gli amminoacidi attraverso la membrana cellulare). Alcuni esami strumentali (Tac, ecografia e risonanza magnetica) sono eventualmente utili in seconda battuta per indagare le cause del problema. 


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CAUTELA CON GLI INTEGRATORI

La consapevolezza delle proprietà benefiche dei prodotti naturali ha fatto sì che negli ultimi anni gli integratori a base di curcuma si siano imposti sul mercato come alternativa ai farmaci per la cura di disturbi infiammatori e di alcune malattie del fegato (per prevenire il danno nei casi di steatosi). Oltre che, come racconta l'esperienza italiana, per le presunte proprietà dimagranti. Questa vicenda dimostra come, se nessun caso di epatite è emerso in seguito al consumo della curcuma in cucina, lo scenario può risultare diverso se si fa un utilizzo scorretto di capsule e pillole. Un aspetto ancora poco noto alle nostre latitudini, ma che da tempo è invece fonte di preoccupazione negli Stati Uniti. «Quanto sta accadendo in Italia rimarca l'importanza di evitare il fai-da-te, soprattutto se si soffre di malattie importanti - conclude Burra -. Per quanto gli eventi avversi siano rari, un simile trend suggerisce prudenza nell'assunzione di questi prodotti, che deve eventualmente avvenire sempre sotto stretto consiglio medico».
 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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