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Serena Zoli
pubblicato il 30-07-2012

Perché il vincitore è più aggressivo del perdente



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Uno studio mostra che chi trionfa in una competizione nutre ancora aggressività verso gli sconfitti e, se può, cerca di colpirli. Il successo dà alla testa? Sì, per senso di onnipotenza, risponde lo psicologo, ma forse anche con la forza degli ormoni

Perché il vincitore è più aggressivo del perdente

Uno studio mostra che chi trionfa in una competizione nutre ancora aggressività verso gli sconfitti e, se può, cerca di colpirli. Il successo dà alla testa? Sì, per senso di onnipotenza,  risponde lo psicologo, ma forse anche con la forza degli ormoni 

Non basta vincere. L’istinto è di stravincere. A nutrire aggressività e voglia di rivalsa non sono gli sconfitti, ma proprio quelli che hanno trionfato. La sorprendente scoperta viene da uno studio condotto in tre università, una americana (Ohio State University) e due francesi (di Grenoble e “Descartes” di Parigi).  E’ da questi moderni, civilissimi campus che torna il crudele avvertimento di Brenno, re dei Galli, quando gettò la spada sulla bilancia a far peso contro l’oro che i Romani, sbaragliati,  gli dovevano pagare: «Vae victis!», Guai ai vinti!

SPADA E TABASCO - Nella ricerca, invece della spada, valgono come “armi” di rinnovata offesa il sale e il tabasco versato sul succo di pomodoro o musica assordante nelle cuffie. Metodi più “civili”, certo, ma di indubbio significato barbarico. I primi a partire sono stati 103 studenti universitari che, dopo una prova, furono dichiarati la metà vincitori e l’altra metà vinti rispetto a squadre di partner  a loro sconosciuti, in realtà non esistenti. A una seconda prova occorreva premere un bottone più rapidamente del partner, con ciò stesso decidendo, il più svelto, il volume e la lunghezza del frastuono da mandare in cuffia ai più lenti. Il risultato ha mostrato che il gruppo dei “vincitori” della prima gara aveva assordato più degli altri le orecchie degli ipotetici i rivali.

GRUPPO DI CONTROLLO - Potrebbe darsi, si sono detti i ricercatori, che i “vinti” della prima prova si siano tenuti moderati per paura della reazione dei compagni probabilmente di nuovo  vincitori. Ripetizione dell’esperimento, allora, in Francia con qualche variazione, ma i risultati sono stati identici. Ma se a perdere fossero stati gli studenti già in partenza meno aggressivi della norma? Un ricercatore deve farsi venire tutti i dubbi. Ecco allora in pista altri 72 studenti francesi. Stavolta i due gruppi di “vincitori” e di “vinti” sono stati  messi a confronto con un gruppo di controllo, di “normali”. E’ qui che entrano in gioco tabasco e sale. Ai ragazzi fu detto che ai loro partner sarebbe stato offerto succo di pomodoro: aggiungessero loro il condimento. Anche questa volta si è visto  che ad abbondare nel sale e nel tabasco erano i vincitori mentre chi aveva perduto era stato misurato come il gruppo di controllo. Non fa parte dell’intuizione comune che l’aggressività continui a pervadere i vincitori. Come può accadere?  Ce lo spiega il dottor Ubaldo Scigliuzzo, specialista in psicologia clinica.

TESTOSTERONE ALTO - «Si può pensare che le persone possano risultare più aggressive quando si innalza il loro senso di efficacia personale, come appunto dopo una vittoria. Il sentirsi più potenti di un altro potrebbe favorire una disinibizione del comportamento, la riduzione dell’altro ad oggetto, l’impressione di poter fare quel che si vuole». Ma ci sono anche considerazioni biologiche: «Tra gli ormoni, il testosterone, in particolare, favorirebbe la propensione a comportamenti aggressivi. In uno studio su un campione di studenti, Mazur e Lamb trovarono che il livello di testosterone nel sangue era più alto tra i promossi che tra i bocciati. Analogamente  in un campione di tennisti, esso risultava aumentato dopo la vittoria e diminuito dopo la sconfitta.

E LE DONNE?-  «L’aggressività è un fenomeno complesso. E’ noto per esempio che in culture fortemente competitive si possono avere reazioni negative, anche aggressive, verso chi è associato ad eventi negativi, come una sconfitta». Conclude il dottor Scigliuzzo: «E’ una ricerca molto interessante. Sarebbe auspicabile ripeterla su campioni più allargati, e  con analisi disaggregate tra maschi e femmine: le differenze di genere non sembrano certo trascurabili in tema di aggressività». 

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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