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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 29-06-2020

Covid-19: più casi di ansia e depressione tra le neomamme



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Secondo uno studio canadese, i casi di ansia e depressione post-partum sono aumentati durante la pandemia. Le cause? Il timore del contagio e la solitudine

Covid-19: più casi di ansia e depressione tra le neomamme

La sensazione, basandosi sull’esperienza clinica, l’hanno avuta in tanti, in questi mesi. Ai tempi del Covid-19, ginecologi, ostetriche e psicologi hanno visto peggiorare (nel complesso) la salute mentale delle gestanti e delle neomamme. Le risposte raccolte tra coloro che hanno seguito (e continuano a seguire) le donne incinte sono state pressoché unanimi. E i primi dati sembrano confermare le impressioni. Il tasso dei disturbi d’ansia e della depressione post-partum è più che raddoppiato, nei primi mesi del 2020. A certificarlo è uno studio canadese, condotto su 900 donne: di cui il 60 per cento in dolce attesa, con le altre che invece avevano già partorito nei 12 mesi precedenti. I risultati, pubblicati sulla rivista Frontiers in Women’s Global Health, confermano i sospetti avanzati anche dagli specialisti. Durante la pandemia, quello delle donne incinte rappresenta un target sensibile al peggioramento delle condizioni psicologiche.

I CAMBIAMENTI DELL'UMORE
DURANTE IL POST-PARTUM

CONVIVERE COL COVID-19 SULLA SALUTE MENTALE DELLE GESTANTI

L’indagine è la prima di questo tipo - condotta su un campione di simile ampiezza - a certificare il peggioramento dello stato di salute mentale delle gestanti durante la pandemia. A documentarlo è stato un gruppo di ricercatori dell’Università di Alberta, che tra il 14 aprile e l’8 maggio ha realizzato un sondaggio attraverso i social network FacebookInstagramTwitter. Nella ricerca sono state coinvolte donne incinte (520) e giovani mamme (380, genitori da meno di un anno). A loro è stato chiesto di fornire informazioni di carattere generale (età, livello di istruzione, condizioni di salute psicofisica generale) e di rispondere a una serie di domande focalizzate sull’attualità (per indagare se avessero sintomi riconducibili al Covid-19, se si fossero sottoposte al tampone, se stessero o meno lavorando, in che modo stessero affrontando l’isolamento). Fin qui la premessa, seguita da alcuni quesiti mirati a rilevare lo stato di salute mentale: prima della gravidanza (in modo da tenere conto dei precedenti) e nel periodo in corso. Valutando la presenza di alcuni possibili campanelli d’allarme, i ricercatori hanno riscontrato un sensibile peggioramento delle condizioni psicologiche delle donne. Nello specifico, il riscontro dei disturbi d’ansia è passato dal 29 al 72 per cento. Per i sintomi depressivi: dal 15 al 41 per cento. Ovvero, tra le due e le tre volte in più: in appena un anno. Un peggioramento che, secondo i ricercatori, potrebbe essere stato dettato anche dalla riduzione dell'attività fisica (segnalata da oltre 6 donne su 10), in grado di apportare benefici alla mamma e al bebè.  


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L'IMPATTO DELLA PANDEMIA SULLA SALUTE MENTALE DELLE GESTANTI

Le conclusioni dello studio non derivano da diagnosi certe di depressione. Ma i test utilizzati (EPDS per la depressione post-partum e STAI per l'ansia) sono considerati dei validi strumenti per uno screening, da cui psicologipsichiatri partono per accertare la presenza o meno dei disturbi. «Al di là dei numeri, è indubbio che la pandemia abbia avuto ripercussioni sulla salute mentale delle gestanti - afferma Emanuela Beretta, responsabile del servizio di psicologia in area ostetrica degli Spedali Civili di Brescia -. Le ricadute sono state maggiori per le donne positive al Sars-CoV-2 o comunque sospette, in attesa dell'esito del tampone. In questa situazione, molte hanno temuto per la salute propria e del bambino. Queste preoccupazioni hanno determinato un incremento dei disturbi d'ansia, dell'umore, di alcuni segni del disturbo post traumatico da stress e della depressione». Ma a peggiorare non è stata soltanto la salute mentale delle donne contagiate. Secondo le conclusioni di un'indagine condotta dall'Università Federico II di Napoli, oltre i due terzi delle gestanti intervistate (100, tutte campane) ha segnalato un incremento dell'ansia (più marcato tra chi era nel primo trimestre della gestazione). L'aver rilevato gli stessi problemi in un'area meno colpita dalla pandemia dà l'idea delle ricadute per le donne incinte. Tutte hanno faticato ad affrontare l'isolamento imposto dalla contingenza. Ai papà (e altri altri parenti), nella maggior parte dei punti nascita, è stato impedito l'accesso in ospedale durante i giorni di degenza. E in molti casi la donna ha dovuto vivere in solitudine anche le fasi del travaglio (o buona parte di esso) e del parto. Una condizione forzata - rimasta tale dopo il ritorno a casa, fatta eccezione per la presenza del compagno - che ha finito per minare lo stato d'animo delle donne in attesa.


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COME CAMBIA LA SALUTE PSICOLOGICA IN GRAVIDANZA 

Nell’immaginario comune, si dà per scontato che una neomamma debba essere o sia felice in ogni istante. Ma nella realtà, il decorso non è sempre tale. La depressione post-partum e i disturbi d'ansia colpiscono in media 1 donna su 7 durante il periodo perinatale, che va dalla 28esima settimana di gestazione al 28esimo giorno dalla nascita del neonato. Questa fase è considerata cruciale per lo sviluppo del bambino, sul piano della salute mentale. Le gestanti che affrontano l'ultima fase della gravidanza con uno di questi disturbi hanno infatti una probabilità più alta di andare incontro a un parto pretermine. Le conseguenze possono riguardare lo sviluppo cognitivo ed emotivo del nascituro. Ecco perché una diagnosi precoce fa quasi sempre la differenza. «Dalla depressione post-partum si guarisce, questa è la prima cosa da dire a una donna che ne soffre», aggiunge Beretta. Parlare chiaro è una condizione di cui tenere conto, nel momento in cui si ha di fronte una donna in difficoltà. La necessità di prendersi cura di sè e del proprio bambino, spesso riposando poco e dovendo fronteggiare uno stato d'ansia crescente, può mandare in tilt una mamma. Per questo è fondamentale riconoscere il disturbo e intervenire quanto prima, in modo da accelerare la guarigione. L'approccio terapeutico è di norma combinato e prevede l'intervento dello psicoterapeuta (talora sufficiente da solo nelle forme più lievi) e l'assunzione di antidepressivi (necessario se la donna ha già esperienze di depressione o se la psicoterapia da sola si rivela inefficace). Nessun pericolo, in quest'ultimo caso. «Non si deve avere paura dei farmaci - avverte la specialista -. Uno psichiatra esperto di perinatalità non avrà problemi a scegliere la molecola più adatta a questa fase della vita, in cui bisogna fare il possibile per preservare l'allattamento al seno».

L'IMPORTANZA DI UNA SOLIDA RETE SOCIALE

Oltre alla psicoterapia e all'eventuale intervento farmacologico, cruciale è considerato quello che gli esperti definiscono intervento sociale. «Una donna con una rete familiare solida ha meno chance di ammalarsi e maggiori probabilità di mettere il disturbo alle spalle più velocemente - conclude Beretta -. Fondamentale, soprattutto nelle prime fasi, è agevolare il riconoscimento di uno stato di disagio, senza assumere atteggiamenti giudicantibanalizzanti». Il messaggio punta ad arrivare anche alle orecchie dei ginecologi, che spesso in Italia rappresentano l'unica figura che una gestante incrocia nel corso dei nove mesi. Ragion per cui l'identificazione di uno stato psicologico alterato, gioco forza, è anche compito loro. A maggior ragione ai tempi del Covid-19. «Non tutte le mamme hanno bisogno dello psicologo o dello psichiatra - sintetizza Stefania Guidomei, ostetrica all'ospedale Maggiore di Bologna e responsabile dell’area donna-bambino dell’Ausl del capoluogo emiliano -. In molti casi, al giorno d’oggi, si tratta di donne che affrontano la gravidanza da sole e hanno un forte bisogno di socializzazione». 


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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