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I nostri ricercatori
Agnese Collino
pubblicato il 10-07-2017

Quei geni mutati che predispongono al tumore al seno



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Una parte dei carcinomi mammari è dovuta ad una predisposizione genetica. Gisella Figlioli studia il legame tra le mutazioni sul gene FANCM e lo sviluppo della malattia

Quei geni mutati che predispongono al tumore al seno

Il carcinoma mammario è il tipo di tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne, e la prima causa di morte per malattia oncologica nella popolazione femminile. Circa un quarto dei casi questa malattia è associato ad una predisposizione familiare, e oggi sappiamo che alcuni di questi sono causati da precisi fattori genetici, come mutazioni nei geni BRCA1, BRCA2 e PALB2. Le mutazioni in questi geni spiegano però solo il 20-25% dei casi familiari di carcinoma mammario. Si ritiene pertanto che possano esistere mutazioni causa di tumore al seno su altri geni: la loro identificazione consentirà di stimare il rischio di contrarre la malattia in un maggior numero d’individui e di famiglie. Il gene FANCM (Fanconi Anemia Complementation Group M) è stato recentemente descritto come un nuovo gene le cui mutazioni sono associate a carcinoma mammario. Proprio questo gene è l’oggetto di studio di Gisella Figlioli, biologa originaria di Marsala ma laureata a Pisa, che grazie al progetto Pink is Good di Fondazione Umberto Veronesi porta avanti il suo progetto di ricerca presso l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) di Milano.

 

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Gisella, di cosa ti occupi nel tuo progetto di ricerca?

«Il mio progetto si propone di stimare l’entità del rischio di sviluppare il tumore al seno conferito dalle mutazioni di FANCM, mediante la raccolta e l’analisi di dati provenienti da circa 250 famiglie con mutazioni su questo gene. Andrò inoltre ad analizzare a quale tasso di sopravvivenza sono associati i tumori derivanti dalle mutazioni su FANCM analizzando più di 58.500 pazienti affetti da carcinoma mammario. Infine vorrei comprendere se e in che modo le mutazioni su FANCM modifichino il rischio di insorgenza di tumore al seno in individui che al contempo presentino mutazioni sui geni BRCA1/2, andando a studiare almeno 26.600 individui portatori di mutazioni su entrambi i geni».

 

Informazioni importanti per i futuri pazienti e per i loro familiari, quindi…

«Esatto: i risultati ci permetteranno di stimare il rischio ereditario di tumore mammario in un numero maggiore di individui e di famiglie, contribuendo a migliorare i programmi di prevenzione e sorveglianza nei portatori di mutazione e nei loro consanguinei».

 

Sei mai stato all’estero a fare un’esperienza di ricerca?

«Sono stata due anni al German Cancer Research Center (DKFZ) di Heidelberg, in Germania. Vi ho trascorso un anno durante il dottorato di ricerca, e un anno come ricercatore post-dottorato. Questa esperienza, oltre ad avermi arricchita in termini di nozioni e metodi scientifici, mi ha accresciuta notevolmente dal punto di vista personale. Ho cambiato la mia lista di priorità e di valori, dando maggior peso ai rapporti umani».

 

C’è un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare e uno che invece dimenticheresti volentieri?

«Il momento più bello è stato sicuramente la discussione della tesi di dottorato, dove ho avuto l’occasione di presentare i risultati di tre anni di lavoro. Durante questo percorso ci sono anche stati dei momenti duri, ma nessuno in particolare da cancellare».

 

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Ma c’è qualche aspetto della ricerca che se potessi eviteresti?

«Sicuramente il precariato e l’instabilità».

 

Chi ti ha ispirato nella tua vita lavorativa e personale?

«Dal punto di vista professionale, i professori e i ricercatori con più esperienza che ho incontrato durante il mio percorso universitario. Dal punto di vista personale i miei genitori».

 

Cosa fai nel tempo libero?

«Mi piace passare del tempo con i miei amici ed i miei familiari. Tra i miei hobby lo shopping, il cinema ed i viaggi».

 

Hai famiglia?

«Non ancora».

 

Se un giorno tuo figlio o figlia ti dicesse che vuole fare il ricercatore, come reagiresti?

«Gli direi che non è facile, e che per fare il ricercatore ci vuole tanta passione».

 

La cosa di cui hai più paura?

«Il tempo che passa».

 

La cosa che più ti fa arrabbiare?

«La maleducazione e la mancanza di rispetto».

 

Sei soddisfatta della tua vita?

«Fino ad adesso ho dedicato tutta me stessa al mio lavoro, sacrificando spesso i miei affetti ed il mio tempo libero. Questo impegno mi ha consentito di raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata e di ottenere riconoscimenti importanti nel mondo accademico e scientifico. In futuro però vorrei tentare di dedicare più tempo a me stessa, ai miei interessi e ai miei cari».

 

Una “pazzia” che hai fatto?

«Tante pazzie: tutte legali, ma meglio non dirle!».

 

Agnese Collino
Agnese Collino

Biologa molecolare. Nata a Udine nel 1984. Laureata in Biologia Molecolare e Cellulare all'Università di Bologna, PhD in Oncologia Molecolare alla Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM) di Milano, Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza all'Università di Ferrara. Ha lavorato nove anni nella ricerca sul cancro e dal 2013 si occupa di divulgazione scientifica


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