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Oncologia
Francesca Morelli
pubblicato il 19-02-2014

Tumore del seno: senza togliere i linfonodi ascellari



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Primi risultati soddisfacenti, in termine di salute e sopravvivenza, da uno studio su 500 donne con tumore del seno molto piccolo e in fase iniziale del seno

Tumore del seno: senza togliere i linfonodi ascellari

Potrebbero essere in procinto di cambiare i protocolli tradizionali (e internazionali) nel trattamento del tumore del seno. Secondo uno studio, durato dieci anni, condotto dall’Istituto dei Tumori di Milano, donne affette da tumore del seno allo stadio iniziale e senza il coinvolgimento dei linfonodi ascellari, potrebbero evitare lo svotamento del cavo ascellare con benefiche ricadute sulla qualità della vita e senza ripercussioni sulla salute. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cancer.

 

LO STUDIO

Oltre 500 donne, di età compresa tra i 30 e i 65, sottoposte a un intervento di quadrantectomia per un tumore iniziale del seno sono state monitorate dal 1998 al 2003 allo scopo di valutare la reale efficacia, in termini di benefici e sopravvivenza, dell’asportazione dei linfonodi ascellari.

«Abbiamo randomizzato e suddiviso donne con tumori del seno sotto i 2 cm e linfonodi ascellari clinicamente non palpabili in due gruppi – spiega Roberto Agresti, primo autore dello studio e direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Oncologica 3 – Senologia della struttura milanese.

Alle prime è stato somministrato il trattamento tradizionale (quadrantectomia e dissezione ascellare come era la regola negli anni ’90, quando lo studio è iniziato, e la tecnica del linfonodo sentinella era ancora agli albori) mentre alle altre solo la quadrantectomia seguita dalla terapia adiuvante, decisa sulla base non dello stato linfonodale ma di una serie di fattori biologico correlati all’aggressività del tumore primitivo».

A distanza di 10 anni i risultati sono promettenti, con curve di sopravvivenza identiche e sovrapponibili nei due gruppi. «Inoltre – continua il senologo – dalla ricerca è emerso che la definizione della terapia post-operatoria (adiuvante) basata sulle caratteristiche biologiche del tumore ha consentito di risparmiare un significativo numero di trattamenti chemioterapici, senza impatti negativi sulle possibilità di guarigione, evitando la somministrazione laddove l’unica indicazione era data dall’eventuale presenza di cellule tumorali a livello linfonodale ascellare».

 

IL FUTURO

Lo studio, benché con buoni risultati preliminari e condotto su un discreto (ma non sufficiente) numero di donne, non consente ancora di trarre conclusioni definitive.

«Per queste, occorreranno ulteriori studi e validazioni, ma la nostra ricerca ha il merito di fungere da un lato da apripista – conclude Agresti – e dall’altro di ipotizzare che nel futuro diventerà sempre più predominate l’analisi delle caratteristiche biologiche del tumore, ossia dell’aggressività del tumore primitivo.

I linfonodi vanno ormai considerati come un vecchio parametro di valutazione, che è stato usato ed è stato valido fino a quando l’aspetto biologico del tumore non era conosciuto».


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