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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 26-09-2017

Tumore della prostata: sorveglianza attiva per un paziente su tre



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Uno studio condotto dall'Istituto dei Tumori di Milano conferma la sicurezza e l'efficacia della sorveglianza attiva nei pazienti che hanno un cancro alla prostata non aggressivo

Tumore della prostata: sorveglianza attiva per un paziente su tre

Uno su tre: è questa la quota di tumori della prostata di nuova diagnosi che possono essere monitorati con la sorveglianza attiva. L'approccio prevede un calendario standardizzato di controlli - dosaggio dell'antigene prostatico specifico (Psa) ogni tre mesi, visita con palpazione della ghiandola a cadenza semestrale e biopsia prostatica a un anno dalla diagnosi - che evita il ricorso alle terapie radicali: chirurgia e radioterapia. E, di conseguenza, riduce drasticamente l'incidenza degli effetti collaterali connessi a questi: infezioni, incontinenza urinaria, disfunzione erettile. Senza per questo condizionare i tassi di sopravvivenza dei pazienti.

OPPORTUNITA' PER I PAZIENTI CON UNA MALATTIA LOCALIZZATA

Le ultime evidenze a supporto della sorveglianza attiva giungono da uno studio condotto all'Istituto nazionale dei Tumori di Milano, i cui risultati sono stati pubblicati su Tumori Journal: rivista scientifica della struttura di via Venezian. Tra il 2005 e il 2016, sono stati arruolati e seguiti 818 pazienti, di età compresa tra i 42 e i 79 anni. Il protocollo ha permesso l’inclusione di uomini con tumore della prostata di basso grado, con precise caratteristiche cliniche: valori di Psa inferiori a dieci nanogrammi per millilitro, punteggio di Gleason non superiore a sei, stadio clinico inferiore a cT2a. Il monitoraggio ha previsto uno schema di controlli definito: analisi del Ppsa trimestrale, esplorazione rettale ogni sei mesi, ripetizione della biopsia prostatica a un anno dalla diagnosi e, successivamente, a intervalli determinati (in generale ogni tre anni). Dopo un lustro di sorveglianza, la metà dei pazienti è risultata inserita nel protocollo, mentre appena nove paziente su 818 avevano preferito mettere da parte la sorveglianza attiva per un trattamento più radicale, grazie al quale sono riusciti ad attenuare i sintomi dell'ansia derivante dalla malattia. La maggior parte degli abbandoni sono stati registrati per decessi dovuti ad altre condizioni cliniche, comparsa di altre malattie gravi, età molto avanzata dei pazienti.

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NESSUN DECESSO TRA I PAZIENTI IN SORVEGLIANZA ATTIVA

La ricerca in questione, i cui risultati sono stati diffusi con qualche settimana di ritardo rispetto a un altro studio statunitense che aveva confermato la sicurezza e l'efficacia della sorveglianza attiva, rappresenta un ulteriore tassello a supporto dell'approccio conservativo, dal momento che include la più ampia casistica italiana a riguardo. Ma l'aspetto saliente, come tiene a precisare Riccardo Valdagni, direttore dell'unità di radioterapia oncologica 1 dell'Istituto nazionale dei Tumori e presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (Siuro), è che «nessuno dei pazienti entrati in sorveglianza attiva ha sviluppato metastasi o è deceduto per il cancro della prostata». Aggiunge Giovanni Apolone, direttore scientifico dell'istituto nazionale dei Tumori: «Lo studio è nato da una necessità nota da tempo, che  riguarda non solo il tumore della prostata: ridurre l’eccesso di trattamenti radicali, il più delle volte gravati da rilevanti effetti collaterali. Nel caso dei tumori indolenti potrebbero essere evitate per tutta la vita oppure posticipate seguendo il paziente in un programma di sorveglianza attiva». 


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IL RISPETTO DEL CALENDARIO DEI CONTROLLI

L'applicazione del programma di sorveglianza attiva, al momento in vigore in undici centri diffusi lungo la Penisola, richiede la compresenza di almeno due professionisti: l'urologo e l'oncologo radioterapista. Gradita è pure la consulenza di uno psicologo, chiamato a spiegare al paziente come la scelta di non intervenire non vada a intaccare le probabilità di sopravvivere alla malattia. Oggigiorno, ricorda Valdagni, «meno del cinque per cento dei tumori della prostata risulta fortemente aggressivo e otto pazienti su dieci, tra quelli a cui viene proposta la sorveglianza attiva, sposa questa opportunità. Fin dall'inizio il calendario dei controlli viene condiviso tra gli specialisti e i medici curanti che hanno in cura queste persone: di conseguenza la probabilità di saltare una delle scadenze è piuttosto bassa». Quella che oggi è vista come un'opportunità, è destinata comunque ad andare incontro a un miglioramento. «L'obiettivo è trovare un approccio meno invasivo alla biopsia, dal momento che il trenta per cento degli esami continua a risultare negativo anche a distanza di anni. Stiamo sperimentando la risonanza magnetica per i controlli dei pazienti in sorveglianza attiva».


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LA TESTIMONIANZA DI UN PAZIENTE 

I maggiori beneficiari della sorveglianza attiva potrebbero essere i pazienti giovani, la cui qualità di vita rischia di essere più a lungo compromessa dagli effetti collaterali dei trattamenti: con benefici anche economici per le casse del servizio sanitario nazionale. «Quando mi è stata proposta la sorveglianza attiva non ho avuto dubbi ad accettare e non ho mai messo in discussione la mia scelta, nonostante il parere contrario di alcuni amici - racconta Vincenzo, libero professionista di 55 anni: soitto controllo dallo scorso mese di marzo -. Il periodo peggiore è stato quello dell’attesa, il tumore era il mio chiodo fisso e avevo paura che di colpo cominciasse a crescere. Ora non ci penso più, ho ripreso la mia vita di sempre. L'essere sottoposto a controlli costanti mi fa stare tranquillo».

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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