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Pediatria
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-10-2017

Cordone ombelicale: il momento giusto per tagliarlo



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Per il clampaggio del cordone ombelicale meglio aspettare da uno a tre minuti. In questo modo si favorisce un maggiore afflusso di sangue e apporto di ferro nel neonato

Cordone ombelicale: il momento giusto per tagliarlo

Il «lotus birth», ovvero la metodica che non prevede il taglio del cordone ombelicale al momento del parto, è da evitare e risulta vietato negli ospedali italiani. Ma in realtà su quale possa essere il momento ideale per procedere alla separazione definitiva tra la mamma e il neonato, i neonatologi e le ostetriche discutono da tempo. È però opinione ormai condivisa che il clampaggio del cordone ombelicale non debba avvenire immediatamente.


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MEGLIO ATTENDERE DA UNO A TRE MINUTI

«Attualmente le principali linee guida suggeriscono di ritardare la procedura per un periodo compreso tra uno e tre minuti - afferma Paola Saracco, ematologa pediatra all'Ospedale Regina Margherita di Torino -. In questo modo si favorisce un miglior adattamento del neonato e si aumentano le riserve di ferro all'interno del suo corpo. L'indicazione è considerata valida anche per i prematuri che non necessitano di rianimazione, con la differenza che in questo caso si ritengono sufficienti trenta secondi». Sono diversi in effetti gli studi - l'ultimo dei quali pubblicato a gennaio sulla rivista Jama Pediatrics - che hanno evidenziato una riduzione dell'incidenza del deficit di ferro nel bambino tra i tre e i sei mesi. Mentre nei prematuri la procedura ritardata determina anche altre conseguenze favorevoli: una ridotta incidenza di ipotensione, emorragie intraventricolari e sepsi e un minor ricorso alle trasfusioni di sangue nel periodo trascorso in terapia intensiva neonatale.

I BENEFICI DELLA TRASFUSIONE PLACENTARE

A determinare il beneficio è il volume supplementare di sangue che viene trasferito al neonato nei minuti che intercorrono tra la nascita e il clampaggio del cordone, con la seguente recisione del funicolo. La trasfusione placentare altro non è che la conseguenza del gradiente pressorio che fa si che una certa quota di sangue passi dalla circolazione placentare al neonato. Volumi e quantità dipendono anche dalla posizione in cui viene tenuto il neonato, ma si stima che in questo modo vengano trasferiti 80-100 milllilitri in più di sangue e 20-30 milligrammi di ferro. Eppure non sempre queste indicazioni vengono seguite alla regola negli ospedali italiani. Come riportato da Saracco sulla rivista ufficiale della Società Italiana di Neonatologia (Sin), «le barriere sono molteplici: difficoltà pratiche e organizzative, scarsa conoscenza della procedura e dei benefici, timore per la sicurezza della madre e del neonato». Motivo per cui la Sin, assieme alla Società Italiana di Medicina Perinatale (Simp) e alla Federazione Nazionale Collegi Ostetriche (Fnco) ha redatto delle linee guida in merito, in fase di pubblicazione.


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I LIMITI DEL CLAMPAGGIO IMMEDIATO

L’interruzione improvvisa del flusso ombelicale determina nel neonato ampie variazioni della pressione arteriosa sistemica e del flusso cerebrale, legate al fatto che prima della nascita il flusso ematico al polmone è ridotto. Il clampaggio immediato del cordone riduce di circa il trenta per cento il ritorno venoso e, di conseguenza, il precarico del cuore sinistro e la gittata cardiaca. Eventi che, sopratutto nel neonato pretermine, in assenza di meccanismi di autoregolazione del flusso cerebrale, determinano repentine variazioni pressorie e di apporto di sangue: da qui l'aumentato rischio di comparsa di emorragie cerebrali


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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